Italia21

venerdì 14 dicembre 2012

Il potere dei media:norme utili per una giusta prevenzione


Assistiamo a tragedie immani ed è come se fossimo spettatori di surreali realizzazioni, fra i mille vantaggi della multimedialità e dei progressi dei media , questo aspetto li degrada e li rende  a dir poco capaci di provocare effetti terrificanti.
Mentre i tg sciorinano immagini di morti ammazzati, di bambini abusati , di donne stuprate, di cacce selvagge su poveri animali indifesi , di guerre, carestie, cicloni, terremoti  e disastri ambientali, in contemporanea possiamo mangiare, accarezzare i nostri bambini, fare l’amore, bere un cocktail od una tisana….
Era inevitabile, lo avevamo intuito, pensato  e previsto già da  qualche decennio. Orson Welles riuscì, ed eravamo  negli anni ’30 negli Stati Uniti , a far credere , usando il mezzo radiofonico,che gli extraterrestri avessero invaso la terra. Ci furono scene di panico e di puro terrore nella zona ove la trasmissione veniva captata : era solo un pezzo tratto dal romanzo di fantascienza “ La guerra dei mondi”. 
L’insegnamento che se ne trasse fu che i media avevano un grande potere e che nel futuro sarebbe stato fondamentale adoprarsi per evitarne o limitarne i possibili danni.
In verità se ne è parlato, dibattuto  tanto alla fine del XX secolo, poi  abbiamo  ampliato  e programmato le nostre esistenze sulla base di questo nuovo modo di conoscere e percepire la realtà. Abbiamo dunque perso la capacità di emozionarci in maniera sincera, tanto che abbiamo bisogno di commenti che richiamino la tragicità dell’evento, di talk show, di conduttrici dalla lacrima alla glicerina pronte a fingersi empatiche verso la donna che, dando le spalle, racconta l’orrore  che le ha stravolto l’esistenza.

Mi chiedo come sia possibile ascoltare con la medesima espressione di quella mostrata alla vista di uno spot pubblicitario,  che un ragazzo, poco più che adolescente, ha compiuto una strage di bimbi (oltre all'uccisione di sei dipendenti della scuola, al matricidio ed al suicidio) ; che un giovane lavoratore risulta disperso a causa di una tromba d’aria che ha travolto la gru ove si trovava e che apparteneva all’industria   messa in bonifica per i numerosi morti che la sua attività aveva provocato;  che un bambino viene sottratto con violenza al suo mondo per l’egoismo genitoriale di una separazione conflittuale; che una donna, abbia trovato la fine nell’abbraccio mortale dell’uomo che ha amato o continua ad amare, che ha scusato e perdonato infinite volte  tentando di cancellare i segni delle percosse, asciugando il volto bagnato dalle lacrime versate nel corso di istanti eterni  segnati dal terrore e dallo stupore per il cambiamento imprevisto ed improvviso dell’amato…
La cronaca di tali eventi è purtroppo in continua estensione, ma invece di aumentare lo sdegno ci siamo assuefatti alle scene di violenza ed umano degrado che ci  giungono per via multimediale.
Una legge  che regola i fenomeni percettivi, quella della saturazione, prevede che quando uno stimolo giunge in maniera ripetitiva  accorciando i tempi di invio dell’input, ad un certo punto accadrà che lo stimolo perderà le caratteristiche iniziali di importanza ed interesse fino a dileguarsi; anzi, la saturazione psichica, è uno stato di avversione emotiva verso un'azione ripetuta continuamente in un contesto invariato e duraturo. La tensione emotiva prodotta dovrebbe generare  una valenza positiva per le azioni contrarie alla situazione  che ha generato la saturazione , una sorta di avversione dunque.
Purtroppo non siamo in grado di prendere le distanze da tali stimoli perché sono saggiamente proposti e dosati quotidianamente in varie maniere. Tg/talkshow/tv verità / trasmissioni di approfondimento e pseudo inchiesta.

Alcune norme da seguire per non cadere nella trappola  del sensazionalismo mediatico  che genera in noi l’annullamento delle coscienze e della umanità critica e consapevole della grave realtà che è presente in ogni evento di cronaca ( dal dolore all’offesa che ha subito la persona coinvolta, al senso che tale episodio assume nella quotidianità delle persone che ne sono vittime ):
-        dare un significato personale all’evento inserendolo nella propria visione del mondo e dell’esistenza;
-        cogliere modalità e strumenti che i media usano per catturare la nostra attenzione in modo morboso e non consono alla gravità dell’evento;
-        non perdere il nesso fra  la realtà e  la sua rappresentazione ;
-        creare e costruire reti di collegamento fra  la nostra vita, le esperienze personali e  quanto è accaduto alla vita delle persone coinvolte nei tragici eventi;
-        allontanarsene  ( prenderne le distanze) se si riconosce in noi una parte fragile e suggestionabile.
Quest’ultima indicazione è particolarmente importante per evitare  quelle situazioni in cui si può essere  spinti alla imitazione, ad una sorta di empatia delirante , sovrapposizione comportamentale ed assunzione  del ruolo della vittima…
Per questo motivo i bambini devono essere particolarmente oggetto di tutela e protezione dalla brutalità di certi episodi di cronaca, ed ove necessario bisogna fornire delle spiegazioni che aiutino il bambino a prendere consapevolezza dell’evento accaduto senza trarne vissuti traumatici , omettendo particolari non comprensibili in base all’età del piccolo o per i quali non è possibile fornire una chiave interpretativa semplice e diretta ad uso del bambino.

Per il resto talvolta  è meglio leggere un buon libro giallo o seguire un film poliziesco , ove il  confine fra realtà ed immaginazione è evidente, sano ed accessibile a ciascuno.

sabato 27 ottobre 2012

Quale domani ci attende? Dall’incertezza di oggi al cambiamento possibile


Vien da chiedersi:dove siamo? Cosa stiamo facendo ( a che pro?) Dove stiamo andando?
 Se è vero che...” Chi vuol essere lieto, sia : Del doman non v’è certezza”(Versi scritti nella seconda metà del ‘400 da Lorenzo de’ Medici )
È  pur vero che appare impossibile allietarsi in un clima  di difficoltà spesso insormontabili per una vasta fetta della popolazione italiana e mondiale.
Questa cosmica  insoddisfazione è aggravata  proprio dall’incertezza diffusa  in ogni settore della sfera pubblica e privata. Forse mai come in questa fase storica la sfera pubblica 
( politica, economica, sociale) è apparsa strettamente connessa a quella privata ( personale, psicologica).
Sono mutati  i canoni interpretativi, le persone sono molto più consapevoli che in passato  degli effetti che  la storia ( il modello vigente nel contesto di riferimento) ha sulla propria dimensione umana , psicologica, sia in relazione ai bisogni materiali che alla dimensione spirituale ( psichica ).
Ecco che le emozioni sono rimosse  o controllate, molti sono costretti a vivere in uno stato di anestesia psichica ed emozionale per non cadere  nel baratro di una depressione.
In questi momenti, quando  ad esempio il lavoro viene a cessare o rappresenta una meta difficilmente raggiungibile, essere lieti come il nostro Lorenzo de’ Medici auspica è non solo impossibile, ma da stolti; se aggiungiamo l’invito oraziano a cogliere l’attimo ( il carpe diem ) restiamo ancor più perplessi: qual è dunque (o se  esiste) una via da seguire per mantenere uno stato di benessere psicologico se pur  di livello parziale o sufficientemente  adeguato per mantenere uno stato di salute psichica?
L’unica ottica possibile è quella del cambiamento, accettare la precarietà del momento significa sentire di vivere un importante momento che può essere significativamente trasformativo.
Le genti , i popoli, non hanno fatto solo guerre  ma percorsi alla ricerca di nuove verità superando i facili dogmi e le credenze che fino ad allora avevano accettato, dunque si sono mossi alla ricerca della terra promessa;  le migrazioni dei popoli da sempre hanno posseduto in primo luogo la forza  e l’impeto di una volontà trasformativa, che genera il nuovo lasciando alle spalle ciò che paralizza chi si volta indietro a guardare ( Lot fuggì con la moglie e le figlie; ma durante la fuga sua moglie, per aver contravvenuto all'ordine di non voltarsi a guardare, fu tramutata in una statua di sale (Genesi 19,1-26).
Facciamo silenzio, lontani dagli influssi mediatici che annientano con l’oscurantismo la nostra possibilità e capacità  tipicamente e meravigliosamente umana,di cambiare, trasformare le distruzioni in nuova vita…l’essere umano è  da sempre attore  privilegiato e protagonista  del cambiamento per sé stesso e per gli altri.

Ora sono mio figlio
Che rotola si rialza
Sorride dell’essere
in un giocoso divenire (anonimo)

Brindisi,26/10/2012                                                                            Iacopina Mariolo











giovedì 23 agosto 2012

Deserto rosso




Capitava, fin da bambina, di imbattersi  nelle ciminiere di Taranto, sempre di passaggio sulla strada che conduce all’estremo Sud, per me la meta era la Sicilia, patria di sangue paterno.
L’odore acre con venature sulfuree di chissà quanti e quali metalli, colpiva le narici di bimba e tutto veniva sistematicamente chiuso
( bocchettoni dell’aria ed aperture varie all’esterno,  per non parlare dei finestrini) . In quest’assetto da “blindo” , chiusa in una scatola, gli occhi insistevano prepotentemente sulle ciminiere “ la mamma non ci dotava di apposita benda perché non immaginava quanto grande potesse essere l’offesa per lo sguardo..”
Certo di fumo ne producevano ma l’animo di bimba comprendeva che quell’eccesso si sostanza bianco-grigiastra non  aveva niente da spartire con la nebbia agli irti colli..quella che piovigginando sale… e nulla poteva apparire più assurdo di quello strano colore rossastro che avevano i gard-rail e le zone prossime  ai camini sputa veleni.
Penso che il mio amore per il cielo terso,  per le bianche nuvole del sereno ed i grigi della tempesta, per l’aria da respirare a pieni polmoni quasi come creatura del cielo, nasca anche  da lì, da quell’impatto con la natura devastata dalle ciminiere che vedevo svettare al posto di alberi e dall’assenza, in quell’addensamento di veleni, di una qualsiasi forma di vita alata.
Da sempre, diciamo dai quattro anni in su , mi son chiesta come fosse la gente di Taranto e li immaginavo diversi, con nasi proboscitati  per meglio filtrare le impurità ed occhi incavati perennemente arrossati. Quando la compagna di scuola raccontava del padre che lavorava all’Italsider ( l’attuale Ilva ) e che ogni mattina alle quattro partiva per raggiungere il posto di lavoro, superato lo stupore iniziale che quei luoghi potessero essere compatibili con forme di vita ( addirittura umana )io mi chiedevo come avrebbe fatto a sopravvivere in quell’inferno e provavo un emozione di pena per lui, la mia amica, la sua famiglia.
Negli anni, passando dalla statale, ho provato le medesime emozioni, intatte, anche perché nulla era cambiato , anzi  si aveva una qualche idea , da profani della materia, che il processo si fosse amplificato per un potenziamento della produzione di veleni senza che alcuno avesse mai preso a cuore una situazione così drammatica.
Saliva il senso di sgomento e di pena per la popolazione, per gli operai…
Un giorno mi capitò di andare al Tamburi e di camminare attraverso le sue strade , ne raccolsi una sensazione di sfacelo, povera Taranto, lì appariva , malgrado l’amenità del suo ponte girevole, i lustri  dei suoi musei e l’offerta commerciale dei suoi negozi,  come una vecchia signora alla quale avessero imposto un belletto (ciprie, terre) di colore rosso.
E’ questa la sensazione che ne trassi,  strade, palazzi, dai cornicioni alle grondaie, insegne e lampioni , ogni cosa  ricoperta dell’insana polvere rossa….
Tutti noi sapevamo, si è messo un coperchio su una bomba ad orologeria. Per anni abbiamo finto che la situazione fosse sotto controllo, molti ( di quelli che contano)  ne avevano piena consapevolezza.
Ora che  la situazione è esplosa  ringraziamo per  il coraggio di chi ha deciso che fosse giunto il momento di non accettare più mediazioni e compromessi .
Ci siamo fermati ad un passo dalla distruzione totale che avrebbe reso quella zona un deserto rosso.
Le morti, lo stato di degrado ambientale dei luoghi, sono chiaramente un punto di non ritorno, allora viviamo nella consapevolezza che Taranto potrà  rappresentare un emblema del sacrificio estremo di una terra , di una città, affinché  tutto questo possa MAI PIÙ ACCADERE.

Brindisi, 22/08/2012                        
                                                    Iacopina Mariolo

lunedì 23 luglio 2012

Pompiere per un giorno

Capita, nelle mattinate d’estate quando la fine delle ferie incombe come la mannaia di un boia,  di volgersi al Braico.
E’ come un vecchio amico il Parco, lui non ti delude mai perché sempre ti accoglie quando non puoi raggiungere le marine per un contrattempo, o quando la tramontana spazza via l’afa rinnovando e rivoltando il mare, o quando le esigenze delle creature da accudire (bimbi, anziani, cuccioli…) richiedono il ricovero immediato nella frescura delle sue fronde.

E’ mio amico da più di 20 anni anche se da parte mia  qualche tradimento c’è stato, lo ammetto, quando sono andata  alla ricerca di luoghi dove un bagno pubblico può accogliere bisogni fisici imprevisti e non ( si può mai calcolare il tempo da trascorrere in un luogo come un Parco cittadino in funzione dell’assenza o presenza di servizi igienici?).

L’ho tradito per una fontana di acqua fresca, indiscutibile fonte di benessere nella calura.

Non l’ho tradito, il mio Parco, quando in una di queste mattinate vuote di mare e nuotate, ho visto uno dei suoi figli gemere e sbuffare come una locomotiva.
Dalle ferite che il tempo lasciò sul tronco, lì ove i rami si incrociano creando deliziose tane per deliziose creature dei boschi,  fuoriusciva del fumo.
Perplessi, ( eravamo in quell’ora della tarda mattinata solo tre- quattro  persone , sette  con i bimbi), dopo un attimo abbiamo compreso che il fuoco prendeva campo e forza all’interno dell’albero.
Ad un passo, per terra, si svela l’arcano, una scatola di cartone vuota, con una scritta: miniciccioli . Non c’è tempo per spiegare l’accaduto e perderci nel tormentone della ineducazione dei ragazzini, dell’assenza della scuola e dei genitori ...ma solo per l’intervento rapido.

Ci accorgiamo che non esiste alcun impianto antincendio..ovvio abbiamo da sempre declarato l’assenza di una fontana, ma almeno noi lì presenti  non ci eravamo mai trovati in un simile frangente!
Ma come è possibile? Un ragazzo dall’esterno scavalca, ( per fare più in fretta ) la recinzione,  munito di un secchio colmo di acqua per la creatura in sofferenza; viene anche spinta  sulla strada una scatola di cartone ormai preda  delle fiamme vive..

I vigili del fuoco giungono puntuali ed operano sapientemente, non si risparmiano, è gente che ama i luoghi del benessere cittadino!
Non perdono l’occasione per fare un improvvisato laboratorio di educazione ambientale in favore del piccolo Lele, che, partecipando volenteroso e fiero alle operazioni di intervento e cura in favore dell’albero, è eletto hic et nunc POMPIERE PER UN GIORNO !
Tanti sono i quesiti che spontaneamente sorgono da questa esperienza, ma uno in particolare  è di rilievo:
-        in che maniera le istituzioni tutelano questo patrimonio naturale, luogo del benessere cittadino?

Si trovino risposte immediate non solo in termini di emergenza, ma di PREVENZIONE, altrimenti una soluzione ci sarebbe, diamo ai cittadini volenterosi,che amano e conoscono gli spazi della collettività,   la facoltà di essere, a zero costi. AMMINISTRATORI PER UN GIORNO.

In molti raccoglierebbero l’invito, i brindisini sono gente di cuore, generosi e solerti quando ne hanno l’opportunità!
Cari amministratori, restiamo in attesa…

Brindisi, 23/07/2012                                              Iacopina Mariolo

giovedì 14 giugno 2012

UN' ALTRA ESTATE DA RACCONTARE


Tutto scorre, è giunta un’altra estate 
( un’altra estate da ricordare…) o da raccontare? Non ricordo bene il pezzo dei primi anni ’70 .

Il tempo passa inesorabilmente perché oltre la convinzione che sia uno strumento relativo e legato al mondo della soggettività, segna e continuerà a segnare oggettivamente i passi del nostro percorso di vita.

Da proletaria del mare senza fissa dimora, anche quest’anno ho scoperto che niente è cambiato, ogni piccolo spazio libero della litoranea Punta Penne -  Apani è invasa  da questa povera cittadinanza brindisina  che finalmente ha scoperto che il mare cura  (o meglio riduce) gli effetti del carico inquinante che sopporta tutto l’anno e non appena può corre a respirare quel po’ di aria libera dal carbone  e dallo smog cittadino.

Eppure è bella  la costa brindisina: il mare… “ aroma suspendido,coro de sal sonora “ ( da Ode alla speranza di P. Neruda ), noi non potremmo fare a meno del mare, sul bagnasciuga le nostre orme, da piccoli a grandi. Penso che i luoghi del mare abbiano catturato le nostre risate, i nostri scherzi, i pianti, i giochi, gli amori….
Tutto questo   rappresenta il mare per noi, brindisini  per patria e/ o  per amore.. per questo accettiamo di percorrere falesie sbriciolate dall’incuria degli amministratori, di stendere i teli, aprire sdraio ed ombrelloni  nel  cimitero della plastica, del vetro , dei contenitori di dubbia provenienza , sistemando nella discarica prescelta anche il gazebo ed il frigo portatile unitamente al tavolino con la tovaglia e le stoviglie  pulite, perché le donne brindisine  amano pulire, rassettare, stirare e ti immagini che brutta figura se in mezzo al porcile la nostra tovaglia avesse una macchia?
I giovani, i ragazzi e le ragazze ogni anno si ricordano di avere un progetto, un’idea per mettere su un lido, uno spazio attrezzato lungo la costa.. “ma come fai? Non ti danno la concessione neanche se vuoi pulire e sistemare.. aspettiamo tempi migliori! “
Poi tocca agli adulti, a quelli che hanno memoria della Sciaia, dell’Estoril e di…”come si chiamava quel parco ora abbandonato e per fortuna casa dei barboni e dei cani? Che bello che era, speriamo che il nuovo sindaco lo faccia ricostruire più bello di come lo ricordo…”

A questo punto una domanda mi sorge dal cuore e non so a chi rivolgerla:
“Ma le macerie di contrada Sbitri, che fine hanno fatto?”

Brindisi, 14/06/2012                                   Iacopina Mariolo

mercoledì 23 maggio 2012

Il giorno dopo ieri (la tragedia di Brindisi)


Da oggi niente sarà più come ieri, è così che accade con le catastrofi, le immani tragedie che sconvolgono l’ordine quotidiano delle cose. La sensazione è di un prima e di un dopo , è come  aver oltrepassato un confine dal quale non si potrà tornare indietro. Il confine che  è stato superato è quello dell’orrore legato alla tragicità, unica, dell’evento.

Travolti dal trauma, tutti noi, cittadini di Brindisi e del mondo, ci interroghiamo sulle sorti  di questa umanità ferita  ed offesa dai  numerosi vilipendi che da tempo si susseguono : sciagure ecoambientali che potevano essere previste  con adeguati piani di prevenzione  e di tutela; crisi economiche e sociali che trovano la loro origine in comportamenti politici  e di economia globale scorretti ed incuranti dei bisogni delle genti, ( dei popoli e dei paesi ); coartazione delle libertà individuali e collettive ; attacchi diretti alla vita, alla serenità degli individui e della comunità con atti di indicibile atrocità e sadismo.

Ancora in stato di shock l’intera città, ed in tutti noi trova spazio un'unica domanda: Perché proprio a Brindisi?
E’ una storia antica per questa comunità, non appena nasce  la speranza e la positività che porta a credere in futuro migliore, da costruire insieme, accade qualche evento che annulla la possibilità di cambiamento producendo un meccanismo regressivo  che involve la comunità che era in una fase evolutiva..
Le amministrative per tutti noi rappresentavano la possibilità di emergere da quella fase di stagnazione  e di preclusione del nuovo in cui da anni ci si trovava a vivere. Un attacco del tutto inatteso per le caratteristiche di atrocità e di indicibile crudeltà , senza precedenti in questa cittadina che pur non è mai state esente da altri eventi che ne hanno provocato il degrado ambientale, sociale ed economico.
Occore riflettere  su questi aspetti, anche per la ricerca di possibili moventi o esecutori.. Le indagini devono tener conto di una serie di fattori  legati al gesto criminale e che  possono essere sottese alle intenzioni di chi lo ha compiuto. E’ come dire che bisogna chiedersi il motivo per cui sia stata scelta Brindisi, magari anche per giungere alla conclusione  che qualcuno ha tirato a sorte con i bigliettini fra tutte le città d’Italia o del mondo.
Per il resto non ci sono parole che possano confortare chi ha subito l’irreparabile perdita , solo l’amore e la vicinanza della comunità degli affetti e delle relazioni può sostenere il  loro dolore affinché  possano nell’immediato non precipitare nel baratro della disperazione totale e successivamente trovare un equilibrio almeno sufficiente  per continuare la quotidianità dell’esistenza.
Ma tutti noi brindisini abbiamo subito una perdita, i ragazzi e le ragazze , i bimbi di questa città, i nonni, i genitori, gli zii e le zie , tutti noi nei nostri ruoli  parentali ed affettivi siamo vicini a Melissa; abbiamo perso non solo un’amica, sorella e figlia,  abbiamo perso l’orgoglio di una comunità che è passata all’onore delle cronache per i gesti immensi di solidarietà nei confronti del popolo albanese;  abbiamo perso quel senso di sicurezza che malgrado qualche evento di piccola criminalità ci portava a camminare sereni, nelle strade di una cittadina dove i nostri figli vanno a scuola, passeggiano, fanno sport e si ritrovano all’ingresso delle scuole per parlottare, scherzare,esprimere la propria voglia di vivere e l’entusiasmo  che comunque guarda al futuro, malgrado i problemi economici e sociali.
 I giovani hanno questo di bello : sanno costruire la speranza e credono sempre in un futuro possibile e migliore. Questo anche nei momenti difficili come quello che sta attraversando il nostro paese.
E’ innegabile, abbiamo bisogno di aiuto e sostegno da parte del resto d’ Italia e del mondo.
È vero, si susseguono  gesti di solidarietà  e partecipazione, ma invitiamo chi oggi è colpito dall’evento e solidarizza con il nostro dolore, a non dimenticarsi di noi quando le telecamere saranno spente  ed ognuno tornerà a  casa  propria .
Ciò vale per i cittadini del resto d’Italia ma soprattutto per i politici e gli addetti alla gestione socio economica….BRINDISI  reclama attenzione e sostegno  da sempre e per sempre.

Brindisi, 23/05/2012                                                                       Iacopina Mariolo

venerdì 20 aprile 2012

Città da amare : le città degli affetti


Ad un passo dalle elezioni amministrative, in un momento in cui la battaglia fra gli schieramenti diventa infuocata, voglio offrire un piccolo contributo: alcune riflessioni che possono essere utili a noi elettori per giungere ad un voto consapevole e guidato da buone intenzioni. Partiamo dall’etimologia della parola città.
Il termine città deriva dall'analogo latino civitas, ed ha la stessa etimologia di civiltà. Possiamo dunque affermare che città e civiltà si equivalgono almeno da un punto di vista etimologico.
Ma cosa rappresenta una città?
Ogni città ha un feeling unico, dato dai ritmi cittadini, un orologio interno, una dimensione spazio-temporale specifica.
Le città, infatti, non sono tutte uguali. Diversi sono anche gli ambienti naturali in cui si collocano: una città sul mare - come Brindisi - con uno splendido porto e splendide oasi marine circostanti, ha caratteristiche proprie, specifiche del contesto in cui si colloca. Logico pensare che ogni intervento ad essa rivolto, deve essere modulato in base a tali caratteristiche con attenzione e specificità.
Diversi sono anche i bisogni delle cittadinanze, definiti ed espressi localmente, dai contesti sociali, culturali, economici di riferimento.
Uguali tuttavia sono le premesse, le basi che guidano e motivano l’origine, la nascita, la costituzione delle città: le città rappresentano i luoghi dello stare e del fare insieme.Le città sono nate per fornire sostegno e risposta ai bisogni affettivi, sociali ed economici degli individui. Alla base ci sono le relazioni fra coloro che le abitano.Oggi questi luoghi colmi di valori affettivi, acquistano sempre più le caratteristiche di “non luoghi”, definiti dall’antropologo Marc Augé come quei luoghi creati dalla globalizzazione: i luoghi della perdita dell’identità, quegli spazi definiti iper, dilatati per accogliere migliaia di persone ma non per riconoscerle, ove il significato dello stare insieme e dello scambio affettivo è stato sostituito dal compiere azioni e tenere comportamenti volti al consumo o alla fruizione di servizi di massa, fra cui il divertimento.Ci deve essere una possibile mediazione, un necessario punto di incontro fra le esigenze della modernità e della globalizzazione, e quelle del singolo, dell’individuo inserito in una comunità nella quale si identifica e dalla quale ottiene sostegno e riconoscimento: la città degli affetti. Ancora, oggi è necessario ripensare le frontiere superando muri e barriere che fungono da divieto e comportano esclusione, non dimentichiamo a tal proposito che la frontiera è il luogo dell’incontro fra due esseri umani che non si conoscono.
In questo breve riferimento ai popoli migranti, vorrei dire che tale incontro alla frontiera non è mai noto, è sempre ignoto e non è scevro da rischi, pertanto deve essere affrontato e costruito.
Tornando alle città - le città degli affetti - usiamo la prospettiva di ambito di una scienza umana, la psicologia, scienza per l’uomo ed al servizio dell’uomo, nello specifico della Psicologia di Comunità.
Per la Psicologia di Comunità, la città è la comunità locale intesa come quel contesto concreto, visibile, ove le relazioni interpersonali ed il legami sociali assumono specifiche forme di convivenza e partecipazione caratterizzate da solidarietà, fiducia, tolleranza.
Nasce e si sviluppa il senso di attaccamento e di appartenenza; l’identità del singolo passa attraverso l’identità nella e della comunità in cui vive.
Ma è necessario che la propria città sia un luogo dove si vive bene; tale infatti è la città che previene i disagi dei singoli e della collettività, attraverso un welfare inteso come risposta ai bisogni che niente imponga o conceda ma sia in grado di attivare risorse e produrre cambiamenti volti alla crescita della comunità.
Una città dove si vive male è invece una città che antepone "altro" agli interessi della collettività, che non riesce a sviluppare, in chi la abita, il senso di appartenenza, diciamo di amore. Inoltre è una città che si ammala, non solo in senso affettivo, ma anche fisico.
E’ necessario dunque costruire un’ identità personale che in senso biunivoco si riconosca nell’identità della comunità.
A tal fine devono essere costruiti o riconsiderati gli spazi, i luoghi, le strutture fisiche della città, ma anche i modi di vivere.
Questi si esprimono nelle cerimonie, nelle feste tradizionali, nei rituali e nelle produzioni artistico-culturali locali, si riferiscono a luoghi (pensiamo alla tradizionale processione brindisina del cavallo parato privata del suo luogo di svolgimento: i corsi cittadini / o alla canzone mannaggia allu rimu che ha perso la sua Santa Apollinare di “vieni bedda mia ca’ sciamu a Santa Apullinare”….)
I luoghi che più esprimono tale identità sono il centro della città (che è il suo cuore antico, storia ed anima dei cittadini) ed il contesto naturale che le fa da cornice (monti, fiumi, mari, coste, boschi e radure…).
Una politica delle cose comuni che non consideri in primo piano tali aspetti, è una politica che non fa gli interessi della città e dunque della collettività.
Questo è un aspetto diciamo così “scontato”, ma urge una riflessione su quanto realmente viene realizzato in funzione di questo amore della città e per la città.
Per concludere, riprendendo le concezioni storico filosofiche sulla natura e la funzione delle comunità cittadine, dobbiamo interrogarci sul perché le nostre città, i luoghi in cui viviamo, già da tempo abbiano perso la caratteristica di città degli affetti.

Durkheim, padre della sociologia moderna, già all’inizio del XX° sec. indicava nell’assenza di relazioni sociali una delle principali cause di suicidio.
Da Platone, per il quale la città, costruire la vera città, significa seguire le ragioni del cuore e conoscere l’Uomo ed il suo posto nell’universo;
ad Aristotele, per cui la città rappresenta la realizzazione più profonda dell’essere umano in quanto l’uomo è un animale politico;
ad Agostino il quale ritiene che gli individui all’interno delle città perdano la loro individualità per orientarsi su esigenze comuni;
alla Città del Sole di Campanella ed all’Utopia di Tommaso Moro, passando per le Città Invisibili del contemporaneo Calvino, interroghiamoci sul presente e sul futuro della nostra città.
                                                        Iacopina Mariolo  

Alcune immagini presenti in questo blog sono state reperite
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giovedì 12 aprile 2012

Il crollo delle certezze

Dalla caduta del muro di Berlino ad oggi ( era il 16 novembre del 1989) abbiamo assistito progressivamente  alla trasformazione o meglio dissoluzione delle certezze diciamo così storiche, del concetto e dell’ideologia  degli schieramenti, del dentro o fuori, del bianco e nero, del comunismo e del capitalismo.
Senza scivolare in interpretazioni storiche, per le quali ci sono ben altre penne di esperti, quanto accade oggi è frutto di quel progressivo processo distruttivo degli ideali e dei suoi eroi ( positivi o negativi ) senza l’opportuno ricambio o trasformazione  in nuovi ideali, nuovi eroi.
Viviamo dunque in una sorta di obnubilamento delle coscienze in cui tutta l’energia psichica e mentale  di quelli che oggi dovrebbero avere a cuore le sorti dell’umanità, viene destinata al mantenimento di uno status quo  che di fatto prevede:
- la simbiosi fra potere  e ricchezza ;
- lo stato di estrema povertà dei paesi destinati in tal modo ad essere definiti   per     sempre il TERZO MONDO;
- l’allargamento ai paesi definiti industrializzati, (G20 e G8) del disagio e dell’estremo degrado sociale ed economico;
- la distruzione di quel  senso dell’umanesimo che si pensava avesse guidato la scienza ed il progresso tecnologico dalla scoperta dei vaccini e degli antibiotici, inteso come impegno morale( etico) rivolto all’umanità e che in quanto tale  comprendeva anche i termini pietas, empatia, benessere dell’individuo e della collettività.
- il progresso negativo, inversamente proporzionale al ben - essere inteso come soddisfacimento dei bisogni, inclusi quelli primari per la sopravvivenza

Le voci del disagio non vengono raccolte e si procede verso gli obiettivi posti in funzione dei punti su esposti con determinazione, ostinazione quasi l’umanità avesse un unico bubbone da estirpare con taglio chirurgico sapiente : l’anima o psiche.

Comprendo perché accade, ma non giustifico o considero  utile o necessaria tale sapiente azione alla quale assistiamo quotidianamente, vorrei che il welfare tornasse ad occuparsi di welfare, assistenza, risposta ai bisogni della gente e costruzione di civiltà e progresso attraverso queste risposte.

Cara MINISTRA FORNERO, da donna a donna Le rivolgo alcune domande: quando l’attenzione dell’istituzione che gestisce e rappresenta verrà rivolta  alla cura dei più deboli ? Quando procederà ad elaborare un piano di intervento globale in risposta ai bisogni della collettività? Perché si è pensato solo ai tagli e non si è prodotta alcuna strategia di sostegno per gli individui, peraltro OBBLIGATORIA in un momento di grave crisi?

E da cuore a cuore : sarà pur vero e scientificamente provato  dalle ricerche in ambito psicologico e psichiatrico che il suicidio ha alla base un disagio preesistente all’evento, ma tali ricerche hanno anche evidenziato che in assenza di un fattore scatenante o dove si intervenga positivamente sostenendo l’individuo che affronta una situazione di  stress psichico, le condotte suicidarie non vengono manifestate.
E’ d‘uopo non solo meditare, ma AGIRE con interventi atti a sostenere e rimuovere, per quanto  possibile, tale disagio.

La vita ( e direi per fortuna) non è un trattato di economia ed alla psiche non servono lezioni di strategie economico – finanziarie !   

Brindisi, 11/04/2012                                     Iacopina  Mariolo






sabato 10 marzo 2012

Essere donne nel 2012




Quando ero bambina immaginavo la vita delle donne negli anni 2000  come il conseguimento di una meta di civiltà ,rispetto  e tutela, anche grazie agli strumenti culturali ed all’evoluzione della tecnologia, che avrebbe dovuto semplificare  tutte quelle azioni tanto noiose quanto necessarie collegate alla cura degli ambienti domestici ed al caregiving (assistenza) dei propri familiari.

Mi vedevo intenta a guidare chissà quale strumento robotico  e al mio fianco immaginavo un compagno devoto, presente nella vita familiare  e capace quanto me di entrare in quei territori  della psiche  quali i sentimenti, le emozioni, gli affetti, un tempo abitati in maniera quasi esclusiva dalle donne.

Ecco, immaginavo che l’amore non avrebbe mai cessato di esistere
E che la  quotidianità sarebbe diventata gestibile con grande semplicità impegnando sempre meno la vita delle donne.
E che gli uomini avrebbero mostrato una evoluzione del carattere e dei comportamenti avvicinandosi al modo di sentire delle donne

Le prime due  aspettative sono andate deluse , parecchio, e la terza?

In questo periodo si susseguono i delitti ( femminicidi) contro le donne, ed oramai è subentrata una certa stanchezza  interpretativa  di tali fenomeni, dal momento che ogni volta si indicano i sentieri della giusta prevenzione  ipotizzando cause e motivazioni su cui intervenire onde evitare che tali eventi accadano, ma di fatto niente muta perché niente vien fatto.

Gli esperti a vario titolo mostrano  sdegno ed esprimono  considerazioni morali su tali e tante efferatezze:Inoltre sono soliti indicare :
  • Le cause  individuali e sociali del fenomeno
  • L’intervento a breve termine
  • La prevenzione possibile
Questa è la scaletta ad uso  da qualche anno dei vari opinionisti, ma anche dei vari opinion leader ed educatori siano insegnanti, sacerdoti , salumieri, politici od operatori sociali o sanitari…

E gli atti contro le donne aumentano , le violenze si perpetrano e nessuno muove un dito.

Anche le donne che da decenni si occupano delle donne sono chiuse nelle loro rocche a proporre interventi come soluzioni estreme a situazioni di estremo disagio. Centri antiviolenza, case-rifugio,
dove le donne possono si essere protette ( è chiaro che è giusto che ciò accada) ma l’uomo rimane ancora una volta escluso dal mondo femminile e , sembra paradossale,  a nessuno verrà in mente che donna e uomo devono essere messi nelle condizioni di percorrere una strada  in cui sviluppare un sentire comune, in cui mettere in discussione una parte di sé IN FUNZIONE DEL SENTIRE DELL’ALTRO/A. e che questa sia l’UNICA ed esclusiva via da seguire per una seria ed efficace prevenzione.
Il tempo passa inesorabilmente e tranne sporadiche iniziative ( che non trovano finanziamenti né sostegno da parte delle istituzioni oggi quanto mai impegnate da un lato a risanare l’economia, dal’altro a tutelare  le caste politiche) assistiamo al progressivo degrado  di quest’area così fondamentale per il benessere e la civiltà di una società quale quella che attiene al rapporto donna/uomo.
L’augurio è che ci si possa vegliare dal torpore che ci avvolge e finalmente entrare nella giusta   dinamica evolutiva   perché altrimenti, le prospettive sono funeste.
Forse dovevamo giungere così a fondo nel degrado per sentirne finalmente gli effetti? Possibile,  dovrebbe essere la legge della vita: Morte/nascita,  ad ogni fine  segue un inizio.
Forse siamo ad un” The day after Tomorrow” ( L’alba del giorno dopo, il famoso film ); cambiamolo noi  allora il nostro piccolo mondo, la nostra nicchia ecosociale , quello spazio di vita ove possiamo intervenire sui rapporti umani in maniera diretta, senza la mediazione delle istituzioni  e senza aspettare .
Nel qui ed ora, con i nostri poveri  ma efficaci mezzi…

Brindisi,10/03/2012                                                    Iacopina Mariolo


lunedì 13 febbraio 2012

..come costruire la speranza


….come costruire la speranza

 Caro Presidente Monti : che gatta da pelare le è capitata!
Chiamato come tecnico a redigere un piano di intervento se pur in una fase di estrema criticità, avrà pensato che fosse sufficiente applicare i principi  e le strategie economiche del caso, pianificando gli obiettivi da conseguire  a brevissimo termine ( l’emergenza), e a medio e lungo termine.
Che in questo percorso Lei ed il governo che presiede vi sareste trovati ad affrontare altre emergenze , quali la rivolta dei forconi, la protesta del popolo dei precari, il sommovimento dei lavoratori licenziati arroccati  sulle terrazze nella strenua difesa del proprio posto di lavoro, il pianto dei pensionati  e dei prossimi alla pensione reimmessi nel ciclo lavorativo, il dolore della famiglie in povertà o ad un passo dalla soglia…ed infine..( ha dell’incredibile) la morsa del gelo che ha travolto l’Italia intera oltre ogni aspettativa, forse non  era( per voi )prevedibile.

Immagino che la Sua razionalità sia stata alquanto toccata  da tali eventi e da siffatte risposte, le reazioni della gente comune che forse non immaginava manifestasse.

Non mi intendo di economia, pertanto trovo difficile incamminarmi in sentieri per me poco percorribili, ma ritengo che quanto attiene all’individuo non possa essere trattato se non in un’ottica di globalità e di sensibilità in primis ai suoi bisogni.

Mi spiego :
1)  E’inutile disquisire sul dilemma se è nato prima l’uovo o la gallina , l’evidenza vuole che entrambi siano inequivocabilmente connessi in un processo, che come sappiamo ha caratteristiche di circolarità e di azione-reazione reciproche.
  Se dunque abbiamo l’illusorietà che qualcosa possa cambiare introducendo delle modifiche in termini di revisione di normative (es.art18) o introducendo restrizioni  al pensionamento, o nuovi tributi, si sappia che l’unico cambiamento possibile  in termini di miglioramento delle condizioni di vita della gente, passa attraverso una trasformazione del  modus operandi globale .

2)  Per fornire risposte adeguate ai bisogni di qualcuno bisogna in primis riconoscerli e, non secondariamente, conoscerli, cioè averne sperimentati od intuirne gli effetti. In breve, come faccio a comprendere la povertà se non ho mai sperimentato una se pur minima carenza di qualche bene materiale? E’ possibile l’empatia  ( cioè il mettersi nei panni dell’altro) a tali livelli?

Caro Presidente , alla luce delle esternazioni del suo governo  negli ultimi periodi, pare che questa forma di sensibilità sia venuta a  mancare, e che ognuno abbia parlato ritenendosi portatore di un privilegio, quasi da una parte ci fossero i propri figli ed il proprio mondo e dall’altra la gente comune, coloro che di privilegi possono continuare a non averne.

Chi non ha tale capacità empatica come caratteristica di base, può svilupparla,certo, ma non è uno strumento che si apprende attraverso lo studio  o con l’applicazione mentale,tale disposizione d’animo la si acquisisce con le esperienze di vita.

A questo punto Le chiedo, Presidente, le reazioni della gente comune hanno  in qualche maniera introdotto riflessioni e suggerito risposte in sintonia con i bisogni di quella collettività fino a ieri per voi sconosciuta?

E’ essenziale che ciò accada, perché la speranza in un futuro migliore, la si costruisce insieme, ed il cambiamento si verifica solo dotando ciascuno di quelle opportunità mancate consentendo lo sviluppo delle capacità personali.

Più che parlare di welfare inteso come assistenza  dovremmo parlare di empowerment, termine che fa riferimento all’ accrescimento del contesto sociale, politico ed economico in base alle risorse- opportunità che l’ambiente offre all’individuo e che potenziano le sue capacità.
Questa l’unica possibilità di reale cambiamento. E’ quella che si sta percorrendo?
Alla luce di quanto oggi accade ognuno trovi la propria risposta.

Cordialmente                                     
                                               Iacopina Mariolo

Brindisi,13/02/2012

venerdì 13 gennaio 2012

LA FORZA DELLA LUCE


Siamo nel pieno della stagione invernale ed il nostro organismo ha esaurito la  scorta di serotonina accumulata durante l’estate.
Le caratteristiche elioterapiche sono  ben note, ma qui ci interessa la capacità del sole , cioè della luce solare, di stimolare la produzione di serotonina .

La serotonina è quel neurotrasmettitore che consente ai neuroni di funzionare adeguatamente e di trasmettere opportunamente  i segnali  che danno impulso ai comportamenti (azioni, attività motorie, intellettuali, artistiche, …).
La carenza di serotonina determina il funzionamento inadeguato del nostro sistema nervoso , in particolare in un quadro depressivo la sua assenza è determinante. Con ciò non si vuole affermare che la causa della depressione sia essenzialmente di tipo neurochimico , poiché sono   riconosciute le cause psicologiche nelle forme reattive, quali lutti, perdite, separazioni, frustrazioni etc…

L’evidenza è che in questo periodo dell’anno possiamo essere maggiormente predisposti all’insorgenza di un quadro depressivo  dalla  riduzione dell’esposizione alla luce solare, perché il giorno ha meno ore di luce, i raggi del sole giungono con meno forza, il clima della stagione invernale spesso è inclemente.

Cosa accade dunque quando più fattori si incastrano come le tessere di un puzzle ? Ne deriva un elevato rischio che possa insorgere un determinato quadro sintomatico.
Un esempio: Se ho  perso il lavoro, se l’ombra della crisi oscura la luce  che mi consente di illuminare il sentiero della mia vita, se in aggiunta mi trovo in una situazione di abbassamento dei livelli serotonina………sono a rischio di depressione ? SI.

Cosa possiamo fare?
Non c’è sempre una ricetta , soprattutto quando non dipende dalle nostre azioni l’esito di qualcosa , come ad esempio la risoluzione di questo momento di difficoltà.
Possiamo tuttavia, e non è da poco, concentrarci sul nostro benessere,  distogliere l’attenzione dai menagrami di turno  ( politici, economisti  giornalisti….)  e trovare in noi quella luce simbolica, interiore che è fonte di energia inesauribile ( sempre rinnovabile).

Capita che in questa maniera giungano alla coscienza insight
( illuminazioni) che indichino la via da seguire ( anche magari nella ricerca di un nuovo lavoro…) .

Ed ancora, gridiamo forte il nostro diritto alla felicità contro le malinconiche pressioni….che bello sarebbe un leader politico  capace di trasmettere fiducia , serenità e senso di un sano e costruttivo ottimismo!

Brindisi,  13/01/2012                                       Iacopina Mariolo