Italia21

giovedì 4 giugno 2015

La buona educazione



Soffermandoci sull’etimologia del verbo educare  risalendo all’illustre Pietro Ottorino Pianigiani ( magistrato, politico e cultore di linguistica, autore, nel 1907, del “Vocabolario etimologico della lingua italiana ), rileviamo che deriva dal latino ed è composta dalla particella e ( da, di, fuori) e dal verbo ducere ( condurre,trarre ):

aiutare con opportuna disciplina a mettere in atto, svolgere, le buone inclinazioni dell’animo e le potenze della mente, e a combattere le inclinazioni non buone; lo è condur fuori dai difetti originali della rozza natura, instillando abiti di moralità e di buona creanza; altrimenti allevare, istruire…

A questo punto è necessaria una riflessione su chi è ( o sarebbe giusto che fosse) l’educatore e l’educando.

Se consideriamo il genitore e la famiglia la fonte originaria dell’educazione e l’oggetto il figlio/a , ne deriva che il compito primigenio è immane , di gran lunga superiore alle energie e risorse( fisiche, psiche e materiali) dell’educatore, perciò il processo educativo appare destinato a deficit e mancanze di vario tipo ed intensità, in ogni caso  l’obiettivo , ove venga raggiunto, è parziale e difficile da conseguire.
Ecco che nello specifico dell’educando bimbo o giovane intervengono attori vari dividendo i compiti sulla base delle competenze e dei ruoli di ciascuno. Dalla scuola ( definita non a caso agenzia educativa per eccellenza ) ai gruppi e contesti  ricreativi  ed espressivi (sport, hobby) o di approfondimento culturale ( musica, lingue straniere, informatica) e morale-religioso ( oratorio, catechismo ), la lista  si allunga alla luce delle multiattività  offerte a vario titolo da associazioni, enti ed aggregazioni sociali.

Fin qui niente di strano, ma se intendessimo  approfondire i progetti educativi di ciascun ambito, alla luce dell’ ovvia considerazione che l’obiettivo primario di ciascuna attività dovrebbe essere l’educere  come da etimologia, potremmo non trovare risposta se non addirittura  toccare la vacuità delle varie proposte dal punto di vista educativo.

Qualora  chiedessimo all’operatore, animatore, allenatore…( di una ludoteca, struttura, ricreativa, centro vacanze etc..) quale l’obiettivo ed il programma educativo dell’attività proposta, correremmo il rischio di suscitare risposte varie che vanno dall’ilarità allo strabuzzare gli occhi, all’essere trattati come i rompiballe di turno; e se ricordassimo loro che sono in primis educatori di educandi, potremmo doverci  preparare  ad esplosioni verbali  o altre animosità nei nostri confronti, tacciati quantomeno di inopportuni se non proprio di importuni.

Fin qui ci potrebbe anche stare ( secondo il gergo in uso) perché potrebbe dipendere  dall’impreparazione del singolo ( anche se non dovrebbe essere accettabile), ma che dire quando è l’istituzione scolastica che non fornisce nei suoi POF tracce e percorsi  educativi chiari e visibili  o meglio tangibili e perché no, anche costruiti, almeno sommariamente, secondo programmazioni calate nel contesto individuale e sociale dell’educando?

Le esternazioni renziane diffuse dalla rete volte alla difesa del decreto la Buona scuola non ci hanno condotto a rilevare le tracce di quei percorsi ed obiettivi educativi dai quali non si può prescindere se si intendono l’insegnamento e l’apprendimento  come medium  per l’acquisizione di strumenti che , riprendendo la definizione del Pianigiani :

emancipino dalla rozza natura verso la moralità e la buona creanza;

stimolino le potenze della mente;

contrastino le cattive inclinazioni dell’animo a favore delle buone.

In questo senso l’educazione è da intendere come processo non limitato all’individuo che affronta un percorso di crescita in funzione dell’età, ma in senso più ampio l’educando è colui che vuole o deve poter affrontare una fase evolutiva  che comporta un cambiamento  verso aree di progresso e civiltà ( l’educativa della comunità è un’area fondamentale nei progetti di prevenzione).

Dunque una domanda sorge spontanea: non sarebbe il caso di sostituire per i nostri politici le scuole di formazione alla politica ( ove ancora esistano ) con percorsi ( almeno)  di alfabetizzazione educativa che, sempre  nell’ottica pianigiana li conducano a superare le rozzezze, ad acquisire moralità e buona creanza, a sviluppare le potenze della mente e le buone inclinazioni dell’animo?


Brindisi,04/06/2015                    Iacopina  Maiolo