Soffermandoci sull’etimologia del verbo educare risalendo all’illustre Pietro Ottorino Pianigiani ( magistrato, politico e cultore di linguistica, autore, nel 1907, del “Vocabolario etimologico della lingua italiana” ), rileviamo che deriva dal latino ed è composta dalla particella e ( da, di, fuori) e dal verbo ducere ( condurre,trarre ):
…aiutare con
opportuna disciplina a mettere in atto, svolgere, le buone inclinazioni
dell’animo e le potenze della mente, e a combattere le inclinazioni non buone;
lo è condur fuori dai difetti originali della rozza natura, instillando abiti
di moralità e di buona creanza; altrimenti allevare, istruire…
A questo punto è
necessaria una riflessione su chi è ( o sarebbe giusto che fosse) l’educatore
e l’educando.
Se consideriamo il
genitore e la famiglia la fonte originaria dell’educazione e l’oggetto il
figlio/a , ne deriva che il compito primigenio è immane , di gran lunga
superiore alle energie e risorse( fisiche, psiche e materiali) dell’educatore, perciò il
processo educativo appare destinato a deficit e mancanze di vario tipo ed
intensità, in ogni caso l’obiettivo ,
ove venga raggiunto, è parziale e difficile da conseguire.
Ecco che nello
specifico dell’educando bimbo o giovane intervengono attori vari dividendo i
compiti sulla base delle competenze e dei ruoli di ciascuno. Dalla scuola (
definita non a caso agenzia educativa per eccellenza ) ai gruppi e
contesti ricreativi ed espressivi (sport, hobby) o di
approfondimento culturale ( musica, lingue straniere, informatica) e
morale-religioso ( oratorio, catechismo ), la lista si allunga alla luce delle multiattività offerte a vario titolo da associazioni, enti
ed aggregazioni sociali.
Fin qui niente di
strano, ma se intendessimo approfondire
i progetti educativi di ciascun ambito, alla luce dell’ ovvia considerazione
che l’obiettivo primario di ciascuna attività dovrebbe essere l’educere come da etimologia, potremmo non trovare
risposta se non addirittura toccare la
vacuità delle varie proposte dal punto di vista educativo.
Qualora chiedessimo all’operatore, animatore,
allenatore…( di una ludoteca, struttura, ricreativa, centro vacanze etc..)
quale l’obiettivo ed il programma educativo dell’attività proposta, correremmo
il rischio di suscitare risposte varie che vanno dall’ilarità allo strabuzzare
gli occhi, all’essere trattati come i rompiballe di turno; e se ricordassimo
loro che sono in primis educatori di educandi, potremmo
doverci preparare ad esplosioni verbali o altre animosità nei nostri confronti,
tacciati quantomeno di inopportuni se non proprio di importuni.
Fin qui ci
potrebbe anche stare ( secondo il gergo in uso) perché potrebbe
dipendere dall’impreparazione del
singolo ( anche se non dovrebbe essere accettabile), ma che dire quando è
l’istituzione scolastica che non fornisce nei suoi POF tracce e percorsi educativi chiari e visibili o meglio tangibili e perché no, anche costruiti,
almeno sommariamente, secondo programmazioni calate nel contesto individuale e
sociale dell’educando?
Le esternazioni
renziane diffuse dalla rete volte alla difesa del decreto la Buona scuola
non ci hanno condotto a rilevare le tracce di quei percorsi ed obiettivi
educativi dai quali non si può prescindere se si intendono l’insegnamento e
l’apprendimento come medium per l’acquisizione di strumenti che ,
riprendendo la definizione del Pianigiani :
emancipino dalla rozza
natura verso la moralità e la buona creanza;
stimolino le
potenze della mente;
contrastino le cattive
inclinazioni dell’animo a favore delle buone.
In questo senso l’educazione è da intendere come processo
non limitato all’individuo che affronta un percorso di crescita in funzione
dell’età, ma in senso più ampio l’educando è colui che vuole o deve poter
affrontare una fase evolutiva che
comporta un cambiamento verso aree di
progresso e civiltà ( l’educativa della comunità è un’area fondamentale nei
progetti di prevenzione).
Dunque una domanda
sorge spontanea: non sarebbe il caso di sostituire per i nostri politici le
scuole di formazione alla politica ( ove ancora esistano ) con percorsi (
almeno) di alfabetizzazione educativa
che, sempre nell’ottica pianigiana
li conducano a superare le rozzezze, ad acquisire moralità e buona creanza, a
sviluppare le potenze della mente e le buone inclinazioni dell’animo?
Brindisi,04/06/2015 Iacopina Maiolo