Italia21

martedì 24 novembre 2015

25 novembre - Giornata mondiale contro la violenza sulle donne -



 


Non amo le commemorazioni o le giornate in onore  di qualcuno o qualcosa, come è d’uso da qualche tempo  nel mondo multimediatico.

Così si susseguono nel calendario ( e  a volte si sovrappongono ) ricorrenze di vario tipo, ognuna ispirata ad un tema , un contenuto diverso e specifico a cui è possibile aderire anche solo  entrando nel circuito dei like  e degli emoticon  con corredo di cuoricini.

Eccone alcune ( oltre quelle storicamente note e di carattere morale e di reale  valore commemorativo) tratte da  wikipedia e  caratterizzate da una unicità che corre il rischio di divenire  stupidità:
Prima domenica di maggio  Giornata mondiale della risata - 13 agosto  Giornata internazionale dei mancini - 6 luglio  Giornata mondiale del bacio - 2 ottobre - Giornata degli angeli custodi ….e così via, fra la giornata dell’igiene delle mani  e quella internazionale del “vattela a pesca”. Vi assicuro che l’elenco è lunghissimo e vario e se si dovessero onorare tutte le ricorrenze  trascorreremmo il nostro tempo nei  relativi festeggiamenti e rituali.
In questo clima il  25 novembre cade la giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Da destra e sinistra, (se di correnti politiche si può ancora parlare) le adesioni  con eventi, manifestazioni culturali o  ludiche, tavole rotonde, proiezioni di film in tema, ma con quale risultato?
E’ pur vero che l’obiettivo di sensibilizzare la popolazione e creare punti di discussione e crescita comunitaria può essere raggiunto con iniziative che pongano il focus sul problema, ma questo tipo di  interventi non è mai stato strategico al fine di un cambiamento reale ed auspicato.
Dietro gli emoticon, le frasi ad effetto da condividere sui network, i selfie ed i blablabla di convegni e seminari di una giornata commemorativa, c’è il lavoro costante,  attento, delicato e ricco di professionalità degli operatori che contrastano la violenza in prima linea nelle strutture di confine fra il mondo che maltratta , quello che giudica e quello che appartiene  sempre  e solo a loro, le donne vittime di violenza.
C’è un mondo che non si mostra e non mostra la sofferenza ed il dolore ma impegno e costanza risolutivi di piccole ma grandi situazioni, interventi di recupero insperati, terapie per dolori di lunga data e durata.

Nell’epoca del  post femminismo ci sono ancora  donne che tessono trame di condivisione e aiuto opposte alla divisione che distrugge, che in solidarietà , fra sorelle costruiscono legami per delineare un mondo migliore.

Occorrono interventi di prevenzione della violenza a largo raggio, calibrati nel tempo in obiettivi di prevenzione primaria e secondaria ove la violenza ha già posto le sue radici. Ma non andiamo alla ricerca di fondi o di finanziamenti in un momento in cui la precarietà socio economica  è evidente e di difficile cura nel qui ed ora; non cerchiamo o creiamo progetti che prevedano dispendio di denaro o surplus di compensi per chi li detiene ( come fin qui è spesso accaduto negli interventi di enti pubblici o del  terzo settore, l’area che si occupa degli interventi sociali educativi e di recupero).

Che i dirigenti scolastici si occupino della sensibilizzazione e preparazione dei docenti per diffondere e seminare la cultura della non violenza da  educatori quali  in realtà sono.

Che le forze dell’ordine acquistino la giusta sensibilità per penetrare le situazioni difficili ed a rischio al fine di evitare i gesti  irreparabili della violenza sulle donne e non come spesso accade intervenire magari sulla scia della legge antistalking  per trarne clamore  mediatico o protagonismo: spesso per ogni situazione non compresa o lasciata al margine per scarsa considerazione, c’è una donna vittima della violenza estrema.

Noi donne, oggetto dell’interesse in questa giornata, auspichiamo che possa sorgere  in primis in noi, nei nostri gesti e comportamenti, l’unico intento possibile , cioè quello della prevenzione, volgendo lo sguardo all’uomo, nostro compagno da sempre contrastando la  violenza non solo di genere, ma IN GENERE!

Brindisi, 24/11/2015                                                  Iacopina  Maiolo

 

mercoledì 30 settembre 2015

Neri per caso


Oltre ad essere un gruppo musicale abbastanza noto(vinse nel 1995 il festival di Sanremo) possiede un nome  metafora  di una casualità dell’appartenenza  ad una categoria.
Per chi ha trascorso gli anni dell’infanzia  istruito da Carosello a sollecitare gli acquisti familiari ( allora materni perché il  fare la spesa era un’attività tipicamente femminile ), l’associazione con un altro nero per caso, Calimero, appare inevitabile. Il povero pulcino, incolpevole del brutto colore, veniva aiutato a rimediare dalla lavanderina “so tutto” che lo immergeva nel bagno sbiancante con la famosa frase - Calimero non sei  nero, sei solo sporco – e …là ..per magia , usciva dall’immersione “che più pulito non si può!
Lasciando le considerazioni derivanti da ulteriori associazioni, quale ad esempio la riflessione sulla possibilità sbiancante offerta a personaggi del potere pubblico e privato ( politici in primis ) o la capacità, anch’essa magica di conservare la veste immacolata  pur frequentando costantemente  banchetti e merende  ( di prassi diciamo così consolidata ) in certe aree di potere, concentriamoci sulla possibilità insita nell’ accezione “neri per caso” .
Fra migrazioni, rifiuti ed accoglienze, spiegazioni motivate da fattori definiti socioeconomici, finalmente qualcuno che ha il coraggio di parlare, di dire esattamente ciò che pensa, e, per farlo, trova un’emittente televisiva che accoglie le sue  esternazioni. Mi riferisco all’uccisione di Mamoudou Sare, 37 anni, di provenienza africana, avvenuta per il furto di alcuni meloni ( in un’area , quella del foggiano, teatro di episodi di sfruttamento della manodopera agricola rivolti non solo a braccianti immigrati) ed alle esternazioni di alcuni intervistati i quali  hanno riferito che, stanchi dell’invasione di questi negri, che chiedevano cibo e lavoro con insistenza, il ricorso ad un certo tipo di protezione era giusto e corretto, per-  impedire a questi negri di rovinarci  la vita ! – W il coraggio di dire la verità in modo schietto  e senza fronzoli ! Tuttavia mi piacerebbe ricordare a chi si esprime in tale maniera, ma anche a chi edulcora il fenomeno del razzismo con pretesti socio politici, che si è neri o bianchi per caso e non per scelta e che come non si sceglie la famiglia in cui nascere,  non si scelgono il colore della pelle e le altre caratteristiche somatiche.
Dimentichiamo inoltre che le razze umane derivano dai  sapiens discendenti dall’australopiteco originario, partiti dall’Africa e migrati nelle varie regioni della Terra, dove ciascuna ( razza ) è andata evolvendosi acquisendo caratteristiche specifiche dei luoghi in cui viveva , ma conservando un importante elemento di unione:   un DNA progenitore che ci rende tutti fratelli!
L’inganno razziale è dunque  alla base del fenomeno del razzismo  che indica nel diverso un  elemento da emarginare, distruggere, annientare con forze e sistemi leciti o illeciti e che in questo caso diviene un paradosso, posta la  comune provenienza delle razze.
Il cambiamento non può avvenire se non interviene una cultura del cambiamento all’interno del nostro sistema, abbandonando il gergo da stadio o da social network in favore di una conoscenza scientifica dei fenomeni che sottendono al razzismo ed alle sue turpi manifestazioni.
Fra questi il fenomeno del “ capro espiatorio” :-  Il capro espiatorio era un capro utilizzato anticamente durante i riti con cui gli ebrei chiedevano il perdono dei propri peccati nel Tempio di Gerusalemme. In senso figurato, un "capro espiatorio" è una razza, un gruppo, un  individuo, scelto per addossargli una responsabilità o una colpa per la quale è totalmente o parzialmente, innocente. Il fenomeno del capro espiatorio può derivare da molteplici motivazioni, consapevoli o inconsapevoli. - ( Tratto da Wikipedia,  Enciclopedia online)
 Prendere coscienza di questi  fenomeni psicologici e sociali,  cui ancora vanno soggette popolazioni e razze,consentirebbe la totale distruzione dei fantasmi che generano  genocidi e distruzioni.
 
Brindisi,
30/09/2015                                   Iacopina   Maiolo
 

venerdì 14 agosto 2015

Un ferragosto da ricordare




                                                                             ( Lago del Cillarese Bridisi )
Dal latino feriae Augusti , giorni di  riposo dell'imperatore Augusto, è una  festività  stabilita nel 18 a.c. dall’imperatore Augusto per ritemprare lo spirito  ed il corpo del suo popolo, dopo i raccolti estivi ed in vista delle fatiche prossime quali la vendemmia e la raccolta delle olive.
La data era fissata per il primo di agosto, fu la chiesa cattolica, in epoca cristiana, a modificarla per abolire i riti pagani spostandola al 15, giorno che coincide con il rito liturgico dell’Assunzione di Maria ( festa dell’Assunzione).
In epoca fascista la festività venne supportata da una serie di iniziative del regime: le gite per le famiglie dei meno abbienti, che potevano fruire di bonus di viaggio nei giorni 13-14-15 ( i “ Treni popolari di ferragosto”). Poiché le gite non prevedevano il pasto, si potrebbe far risalire ad allora l’usanza del pranzo a sacco  che caratterizza la tradizione ferragostana.
Fra meteo ( allarmi e rassicurazioni ), sciami di migranti sulle coste, proclami trasmessi via  tweet dai politici   ormai in località vacanziere  da vip con costumino e bibita ghiacciata ed in riga con il principio - è bene tirare sempre acqua al proprio mulino ( il partito ) quando le elezioni si affacciano all’orizzonte – anche quest’anno noi, persone comuni , abbiamo un Ferragosto da organizzare.

Immagino l’aspirante prof indotto dalle riforme renziane ad inserire dati e preferenze in vista della assunzione straordinaria dei  precari della scuola con la data in scadenza al 14 di agosto; chi ha riposto  nel cassetto una lettera di licenziamento o messa in mobilità; chi è travolto dai conti i rosso o quasi; chi ha subito un torto, un’ingiustizia ed è in prima linea  a combattere per i propri diritti in un sistema sociale ed economico che ad oggi non tutela i deboli, gli emarginati e chi vive un qualsiasi stato di disagio… immagino questa schiera o meglio popolo di sfigati cui la maggior parte di noi appartiene ( per un motivo o per un altro ) ad occuparsi di futili faccende quale una gita al  mare  ed una parmigiana di melanzane da preparare.

Se c’è un presente da vivere dunque, cerchiamo di renderlo il migliore possibile: mettiamo fra parentesi quanto possiamo, rivolgiamo un pensiero di solidarietà a chi nel mondo resterà prigioniero dei suoi malesseri ( guerra , fame, povertà, malattia…) e prepariamoci con serenità alla gita di Ferragosto, anche con convivialità, perché no,  magari contattando un parente od un amico che non sentiamo da tempo per un torto subito o da noi arrecato….

Brindisi,14/08/2015                                                              Iacopina Maiolo





giovedì 2 luglio 2015

Orientamenti possibili




 
Oltre le ipotesi ( anche se sono a tutti gli effetti dogmi) bibliche che la vogliono dipendente dal prestito maschile di una costola, ho sempre pensato  che se c’è un’origine come evento di una catena eziologica, entrambi derivino da un’unica azione, gesto, intenzione, evento o chissaché, ma una sinergia che li ha resi vivi e presenti insieme. Credo fermamente, oltre la necessità ai fini della  procreazione, che non si possa vivere  senza quella presenza sessuata diversa nel genere ma  sinergica per tutto il resto e ciò che ne consegue. Mi piace immaginare che se Dio ( metafora o credo  non fa differenza  se accettiamo un ordine primigenio, un comando , un’intenzione  creatrice o un bigbang casuale ) li ha resi possibili, li  ha tratti insieme dal cappello del prestigiatore.
La psicologia, in primis la psicoanalisi ( junghiana  in particolare) ne rileva le differenze unendole in una sorta di creatura (stile Giano bifronte) che in sé possiede il germe della natura maschile e femminile 
( animus ed anima) , frutto delle interiorizzazioni di parte  paterna e  di parte materna, entrambe fondamentali per lo sviluppo di una personalità integrata ed individuata.
 E’ vero che nella bussola oltre ai quattro punti cardinali ( che sono chiaramente visibili e rintracciabili  per l’orientamento ) , ne esistono altri quattro, che in genere necessitano di uno strumento  adeguato, e di una buona competenza nella lettura, poiché passibili di interpretazioni soggettive.
Estendendo il concetto a noi , poveri esseri umani ( poveri perché complicatissimi al confronto con gli  altri  viventi  del regno animale) possiamo dire che la nostra vita è un orientamento continuo, e l’istinto ahimè gioca un ruolo secondario, e ad un certo punto  non rappresenta  più il motore del nostro comportamento. Dunque, se appena nato vado alla ricerca del seno  mosso dal primario istinto di sopravvivenza  orientato ( involontariamente , poiché spinto da un moto istintuale)  da dati sensoriali  ( olfattivi, tattili) che mi conducono all’obiettivo, crescendo  iniziano  gradualmente ad entrare nel mio modus operandi sia  la volontarietà che la valutazione di fattori che attivano quelle forme cognitive di orientamento che passo dopo passo  nel ciclo vitale divengono sempre più complesse. Secondo alcuni indirizzi e teorie costruiamo  vere e proprie mappe cognitive, intese come cartine mentali che  contengono , di quella esperienza a cui si riferiscono, gli oggetti, la conoscenza del loro uso e funzione, la loro collocazione e la reciprocità, gli elementi soggettivi legati alla  valutazione ed all’esperienza  personale.
Tornando al tema dell’orientamento, legandolo all’interesse che muove la creatura maschile e quella femminile quando deve operare una scelta, possiamo sentirci confusi, oltre che facili prede di pregiudizi e stereotipi.
La confusione può avvenire per ignoranza, informazioni distorte o strumentali , rivolte cioè ad uno scopo che non sempre è  trasparente, ma che può essere dotato di ambiguità  per raggiungere fini a noi ignoti , quali la creazione di nuove aree di interesse su cui lucrare (ne è un esempio la pedopornografia).
Inoltre la tendenza ad aderire a rigidi stereotipi può essere legata ad una confusione basata su una non conoscenza di  aspetti che spesso rimangono nell’area degli addetti ai lavori.
Cerchiamo di chiarirne alcuni.
L’identità sessuale comprende componenti che possono essere distinti ( cioè non seguire la medesima direzione ) o in rapporto di stretta sinergia : il sesso biologico, l’identità di genere, il ruolo di genere e l’orientamento sessuale.
Se il sesso biologico è facilmente identificabile poiché definisce scientificamente l’appartenenza  biologica al sesso maschile o femminile, o, per quanto attiene a disfunzioni fisiche ( quali l’ermafroditismo) l’evidenza oggettiva  e diagnostica del disturbo , non è altrettanto per gli altri componenti, che di fatto sono un mix abbastanza soggettivo e perciò pericolosamente esposto a fattori di varia natura ( in minima parte fisica , ma  soprattutto culturale, sociale, ed  esperienziale). L'identità di genere indica la percezione di sé come maschio o come femmina, della propria femminilità o mascolinità., si costruisce nell’infanzia  ed è la parte  che l’individuo sente profondamente radicata in sé.
Il ruolo di genere rappresenta  i comportamenti , l’habitus che indica nella società  l’appartenenza ad un sesso piuttosto che ad un altro . Espressione esteriore dell'identità di genere, riflette gli stereotipi dominanti in una determinata cultura, società e periodo storico. L'orientamento sessuale è la propensione, l'attrazione affettiva (sensazioni e preferenze)  e sessuale (insieme di  atti e comportamenti sessuali) verso l’altro /a .
Sappiamo che può essere etero, omo  e bi sex, ma forse non siamo informati del  fatto che non è esclusivo e nettamente differenziato come lasciano credere, ma si estende lungo un continuum che va dall'eterosessuale max all'omosessuale max , con stadi intermedi con un orientamento prevalente verso un polo o l'altro ed anche possibili atteggiamenti in senso contrario, occasionali o meno.

Ecco che forse sarebbe corretto parlare di orientamenti possibili … ma a che pro?

L’identità sessuale è argomento importante, ma delicato e personale, che non può essere trattato in un libro di testo , inserito nel POF da un preside volenteroso  ed illuminato o  somministrato ai bimbi della scuola dell’infanzia e della primaria da insegnanti che si ritengono educatori  per il superamento dell’omofobia e delle discriminazioni, siano anch’esse di genere per le pari opportunità.
Da quale necessità  nasce il disegno di legge del 18 novembre 2014 d’iniziativa di alcuni senatori denominato Introduzione dell'educazione di genere e della prospettiva di genere nelle attività e nei materiali didattici delle scuole del sistema nazionale di istruzione e nelle università” ?
E nel ddl  “La buona scuola “l’introduzione dell’obbligo per le scuole di inserire nel piano dell'offerta formativa il contrasto all'omofobia e l'educazione volta a contrastare ogni discriminazione sull'orientamento sessuale o l'identità di genere, verso quale via intende condurci?

E’ per l’accettazione delle differenze , per una cultura delle diversità che non consenta  l’omologazione , il pregiudizio e la discriminazione sociale, sia il reietto donna, omosessuale, straniero o  posto ai margini della società ( povero, barbone, folle, disabile, anziano…..) che bisogna lavorare  nelle scuole, nelle agenzie educative e nei percorsi  rivolti alla comunità degli adulti!
Perché una domanda mi sorge spontanea: che facciamo se il migrante  non è omosessuale o donna , ci sentiamo liberi di restituirlo alla frontiera o di sputargli in volto il nostro disprezzo?


Brindisi,30/06/2015                                                                     Iacopina   Maiolo






giovedì 4 giugno 2015

La buona educazione



Soffermandoci sull’etimologia del verbo educare  risalendo all’illustre Pietro Ottorino Pianigiani ( magistrato, politico e cultore di linguistica, autore, nel 1907, del “Vocabolario etimologico della lingua italiana ), rileviamo che deriva dal latino ed è composta dalla particella e ( da, di, fuori) e dal verbo ducere ( condurre,trarre ):

aiutare con opportuna disciplina a mettere in atto, svolgere, le buone inclinazioni dell’animo e le potenze della mente, e a combattere le inclinazioni non buone; lo è condur fuori dai difetti originali della rozza natura, instillando abiti di moralità e di buona creanza; altrimenti allevare, istruire…

A questo punto è necessaria una riflessione su chi è ( o sarebbe giusto che fosse) l’educatore e l’educando.

Se consideriamo il genitore e la famiglia la fonte originaria dell’educazione e l’oggetto il figlio/a , ne deriva che il compito primigenio è immane , di gran lunga superiore alle energie e risorse( fisiche, psiche e materiali) dell’educatore, perciò il processo educativo appare destinato a deficit e mancanze di vario tipo ed intensità, in ogni caso  l’obiettivo , ove venga raggiunto, è parziale e difficile da conseguire.
Ecco che nello specifico dell’educando bimbo o giovane intervengono attori vari dividendo i compiti sulla base delle competenze e dei ruoli di ciascuno. Dalla scuola ( definita non a caso agenzia educativa per eccellenza ) ai gruppi e contesti  ricreativi  ed espressivi (sport, hobby) o di approfondimento culturale ( musica, lingue straniere, informatica) e morale-religioso ( oratorio, catechismo ), la lista  si allunga alla luce delle multiattività  offerte a vario titolo da associazioni, enti ed aggregazioni sociali.

Fin qui niente di strano, ma se intendessimo  approfondire i progetti educativi di ciascun ambito, alla luce dell’ ovvia considerazione che l’obiettivo primario di ciascuna attività dovrebbe essere l’educere  come da etimologia, potremmo non trovare risposta se non addirittura  toccare la vacuità delle varie proposte dal punto di vista educativo.

Qualora  chiedessimo all’operatore, animatore, allenatore…( di una ludoteca, struttura, ricreativa, centro vacanze etc..) quale l’obiettivo ed il programma educativo dell’attività proposta, correremmo il rischio di suscitare risposte varie che vanno dall’ilarità allo strabuzzare gli occhi, all’essere trattati come i rompiballe di turno; e se ricordassimo loro che sono in primis educatori di educandi, potremmo doverci  preparare  ad esplosioni verbali  o altre animosità nei nostri confronti, tacciati quantomeno di inopportuni se non proprio di importuni.

Fin qui ci potrebbe anche stare ( secondo il gergo in uso) perché potrebbe dipendere  dall’impreparazione del singolo ( anche se non dovrebbe essere accettabile), ma che dire quando è l’istituzione scolastica che non fornisce nei suoi POF tracce e percorsi  educativi chiari e visibili  o meglio tangibili e perché no, anche costruiti, almeno sommariamente, secondo programmazioni calate nel contesto individuale e sociale dell’educando?

Le esternazioni renziane diffuse dalla rete volte alla difesa del decreto la Buona scuola non ci hanno condotto a rilevare le tracce di quei percorsi ed obiettivi educativi dai quali non si può prescindere se si intendono l’insegnamento e l’apprendimento  come medium  per l’acquisizione di strumenti che , riprendendo la definizione del Pianigiani :

emancipino dalla rozza natura verso la moralità e la buona creanza;

stimolino le potenze della mente;

contrastino le cattive inclinazioni dell’animo a favore delle buone.

In questo senso l’educazione è da intendere come processo non limitato all’individuo che affronta un percorso di crescita in funzione dell’età, ma in senso più ampio l’educando è colui che vuole o deve poter affrontare una fase evolutiva  che comporta un cambiamento  verso aree di progresso e civiltà ( l’educativa della comunità è un’area fondamentale nei progetti di prevenzione).

Dunque una domanda sorge spontanea: non sarebbe il caso di sostituire per i nostri politici le scuole di formazione alla politica ( ove ancora esistano ) con percorsi ( almeno)  di alfabetizzazione educativa che, sempre  nell’ottica pianigiana li conducano a superare le rozzezze, ad acquisire moralità e buona creanza, a sviluppare le potenze della mente e le buone inclinazioni dell’animo?


Brindisi,04/06/2015                    Iacopina  Maiolo

venerdì 17 aprile 2015

Il taglio delle vacanze estive




 "Sono favorevole a che nei progetti di alternanza fra scuola e lavoro gli stage lavorativi possano essere fatti anche d'estate, se è una scelta volontaria". E’ quanto ha affermato recentemente in un’intervista il ministro del Lavoro Giuliano Poletti "Bisogna incominciare a far capire ai giovani cosa sia il lavoro e cosa sia un'impresa……I miei figli d'estate sono sempre andati al magazzino della frutta a spostare le casse" dicendosi convinto che per un ragazzo  sarebbe un’esperienza formativa utile  se invece di stare a spasso per le strade della città va a fare quattro ore di lavoro".
Si è scatenato un putiferio,  che ha unito nel coro di protesta insegnanti, alunni, studenti  ed una buona percentuale di genitori. Educatori ma anche esperti in materia di mercato e politiche del lavoro non si sono lasciati sfiorare dalla polemica mentre, se pur da posizioni differenti  il loro parere sarebbe stato  utile ed interessante.
Se una riforma è giusto che ci sia non deve riferirsi  a situazioni soggettive legate al proprio vissuto familiare ( giungono ancora gli echi di forneriana memoria relativi alla generazione dei choosy, giovani italiani bamboccioni e sfigati  di cui l’Italia abbondava secondo la ministra  di allora ), pertanto ministro Poletti, con tono riguardoso mi sento di dirle che non penso che possa erigere la sua famiglia a modello nazionale , in primis perché non le abbiamo chiesto di fare il tutore dei nostri figli, successivamente perché sul criterio dell’autorefenzialità non si regge e non si costruisce quella base oggettiva che regola (attraverso le norme  e la loro applicazione che le traduce in azioni ) la realtà sociale ed economica di un paese.
Non basta dunque produrre un’idea che si ritiene geniale o un decreto denominato la Buona scuola perché contiene belle proposte e buoni intenti didattici.
Non è sufficiente dire ad esempio che bisogna incrementare lo studio dell’inglese aumentando le ore di frequenza, se non si dimostra calendario e soldi alla mano quando, come e con quali risorse farlo ed  ancora, se è necessario per tutti ed in particolare qual’è l’obiettivo sottostante a tale necessità.
Gli altri paesi d’Europa  ai quali dovremmo uniformarci , caro presidente Renzi, hanno costruito un sistema di welfare, di economia sociale e politica che ha un senso, un valore ed un significato intrinseco alla realtà ed ai bisogni della popolazione alla quale si rivolge . E ciò spesso indipendentemente dal colore politico che in quel momento prevale, in altre parole, ogni governo costruisce su  di un divenire storico  mantenendo quanto si è dimostrato giusto ed adeguato a sostenere lo status di civiltà e corregge, elimina se è il caso e crea il nuovo , ma sempre su basi sicure ( per la popolazione) e soprattutto con idee chiare e precise su :
·       Obiettivi
·       Tempi e modalità di realizzazione
·       Vantaggi ed eventuali svantaggi
·       Integrazione del presente con il passato
Non a caso l’etimologia della parola riforma  deriva dal latino re =di nuovo, addietro e  formare; cioè ridurre in nuova o migliore forma; correggere. Diverso per la parola rivoluzione dal lat. re-volvere = volgere indietro, ma anche ri-voltare , dove il prefisso ri = re indica andare contro, in opposizione.
Se l’animo  spesso crede  nella necessità di una rivoluzione intesa come far tabula rasa di un passato che ha portato sofferenza e sconfitta per il vivere civile, la ragione del cuore unita a quella della mente, comprende che la storia si costruisce un mattone dopo l’altro , siamo i nani sulle spalle dei giganti, come ebbe a dire Bernardo di Chartres, filosofo francese, intorno al 1100. Possiamo, cioè, vedere più lontano non per lacutezza della nostra vista o laltezza del nostro corpo, ma perché siamo portati in alto dalla grandezza dei giganti: gli eventi, i personaggi sulle cui spalle noi poggiamo e che insieme costituiscono la storia che ci precede.
Riprendendo a questo punto la querelle  sull’opportunità di ridurre le vacanze scolastiche, direi  che in questo caso è necessaria una progettualità chiara ( in termini cioè di obiettivi, tempi etc..  che come si faceva notare deve essere alla base di ogni proposta di cambiamento ) in relazione al rapporto fra scuole e mondo del lavoro, meglio  definita nel percorso formativo  curricolare, come  alternanza scuola lavoro.
Si propongano dunque progetti seri attivando percorsi che, attraverso stage e tirocini formativi anche retribuiti e riferiti alle competenze specifiche che il giovane  consegue nel corso di studi intrapreso, possano garantirgli al conseguimento della qualifica,  diploma o della laurea , l’immediato e diretto inserimento nel mondo del lavoro. Se non sono queste le linee di indirizzo, lasciamo che questi ragazzi già tanto avviliti ed insicuri sul futuro proprio e del mondo, si godano almeno le vacanze estive.
Già, perché forse non lo, sa, ministro Poletti, ma i nostri ragazzi l’estate spesso fanno volontariato, prestano la loro opera in progetti rivolti ai bisognosi o al recupero di beni culturali, di aree ambientali etc.. piuttosto che spostare cassette della frutta  ai mercati generali  per due ore al mattino e poi magari rifocillarsi nella piscina di famiglia in attesa di partire per il costoso ed annuale  corso di inglese estivo  all’estero per conseguire la padronanza della lingua in vista degli studi universitari (magari all’estero in rinomate università internazionali).
Per quanto attiene a percorsi formativi scolastici di recupero o approfondimento da svolgersi intra moenia (nelle mura scolastiche) da genitore mai acconsentirei ad una ulteriore e non richiesta sosta in istituti inadeguati per carenze oggettive strutturali ( dai soffitti in via di cedimento ai climatizzatori inesistenti , alle strutture sportive evanescenti …) . Meglio il mare e la vita all’aria aperta, magari pulita per contrastare gli effetti devastanti della massiccia dose di inquinanti  a cui sono stati loro malgrado sottoposti.
Dunque, per concludere, chiediamo ai politici del palazzo, quelli che contano, che se vogliono apportare riforme o cambiamenti devono in primis ragionare in termini di rispetto degli individui e del conseguimento di quel grado di civiltà che non appartiene al nostro paese; se vogliamo allinearci ai paesi che hanno conseguito quel grado di civiltà c’è tanto da lavorare…
Ministro Poletti, come possiamo consentire che i nostri bimbi della scuola dell’infanzia e della primaria rimangano seduti sette - otto ore  in aule ristrette con solai in fase di cedimento, molte delle quali realizzate in epoca fascista,  sporche per assenza di personale,  senza palestre, giardini e strutture ludico sportive ? 
Aspettiamo che dal governo giungano segni di buone prassi e non segnali di fumo  dettati da corporativismi, o bisogno di consensi pre  elettorali  da parte di alcune fasce della popolazione.

Brindisi,17/04/2015                            Iacopina Maiolo


venerdì 27 marzo 2015

Le ragioni del cuore e le ragioni della politica.





Descrivere la attuale situazione economica  da un punto di vista esclusivamente tecnico, potrebbe portare  ( dico potrebbe perché è da dimostrare , ma per far ciò occorrono competenze specifiche che non appartengono al mio background) per leggi matematiche e regole  aritmetiche come quelle che si utilizzano per far quadrare i bilanci, al  riconoscimento di superamento della fase critica che caratterizza ormai da alcuni anni l’Italia?
Ad esempio alcuni elementi da un punto di vista numerico, potrebbero indicare che c’è un incremento da parte delle aziende di assunzioni,. in particolare a tempo indeterminato, e potrebbero essere interpretati  come segnali di ripresa, luci che indicano il cammino per emergere dal buio della crisi.
Ma i segnali  di luce potrebbero essere  dei fuochi fatui?
La definizione scientifica ( dal sito web www.focus.it) è la seguente:
I fuochi fatui sono fiammelle fugaci prodotte dai gas emessi da materie organiche durante la loro decomposizione. Queste emanazioni sono composte da idrogeno e fosforo, che si infiammano spontaneamente non appena entrano in contatto con l’ ossigeno dell’ aria. Un tempo, quando i corpi non venivano sigillati nelle bare di zinco, era possibile osservare questo fenomeno nei cimiteri. Si verifica però anche nelle paludi e negli stagni….
Senza nulla togliere  al barlume della  speranza  che rappresenta (da questa parte della barricata)  il motore  al quale da sempre l’umanità sa e può attingere quando deve risalire dal baratro di una distruzione , esaminando il fenomeno appena esposto, i segnali di luce definiti fuochi fatui , cioè illusori, provengono da materiale decomposto o in fase di decomposizione, magari imputridito nelle paludi ove il materiale è impantanato. Lucida metafora o pessimismo dettato dalle difficoltà del momento?
Direi che come sempre in medio stat  virtus, dunque non abbandoniamo la speranza ma allo stesso tempo non  cadiamo facili prede di un certo trionfalismo politico tendente ad annebbiare  le coscienze ( scusate, ma  la storia d’Italia docet), usiamo la ragione e chiediamo alla politica di iniziare ad usare le ragioni del cuore, perché ritengo che non lo abbia mai fatto ; almeno nel nostro paese.
Se l’ottica si restringe ora alle  faccende locali  passando dal macro al micro sistema  come la matrioska che ingloba il  piccolo nucleo  nel grande contenitore, pensando  alla Puglia ed alla situazione nello specifico del territorio brindisino, non possiamo non notare che alcuni aspetti che un certo  trionfalismo politico potrebbe aver usato (  come sempre il condizionale è d’obbligo ) a vantaggio di una politica della ricrescita, quale ad esempio la prima desiderata e poi proclamata   abolizione delle province , più che un contenitore di nuove risorse economiche a cui attingere è divenuto esso stesso un problema , un elemento di grave e grande distruzione della economia delle genti, come il serpente che si morde la coda .
Infatti se uniamo come viaggiatori di una nave alla deriva, i dipendenti della provincia  e delle società  in house, i servizi  ed  in estensione le economie del network ad esso collegate, abbiamo chiara visione dell’involuzione economica e sociale che sta per derivarne ( a questo punto a causa degli eventi  abbiamo abbandonato il condizionale).
Continuando ad utilizzare  l’ottica sistemica, rimanendo  nei confini del micro ma allargando  il territorio, guardiamo ora al contenitore Puglia : è possibile che alcune promesse non siano state rispettate?  Non aveva la regione Puglia preso l'impegno di risolvere il problema economico rintracciando i fondi necessari per la gestione dei servizi ed il passaggio del personale , compreso quello delle partecipate  senza colpo ferire  o meglio danno provocare  agli incolpevoli  lavoratori?
In un momento in cui l'impegno politico non può e non deve essere disgiunto da quello sociale, mi chiedo con quale spirito i cittadini  di Brindisi e provincia, i lavoratori , le loro famiglie, la rete  sociale ad essi collegata, andrebbero ad eleggere i propri rappresentanti al consiglio regionale nelle prossime scadenze elettorali  se la catastrofe annunciata divenisse effettiva.

Che la politica mostri dunque l'opportuna ed adeguata sensibilità con l'assunzione di quel senso di responsabilità che dovrebbe in primis caratterizzarla., ma che anche e finalmente faccia proprie le ragioni del cuore, se  il territorio e le sue genti , delle  quali  a parole si erge a tutela, le stanno realmente a cuore.

Brindisi, 27/03/2015                                                   Iacopina  Maiolo

martedì 10 marzo 2015

Brevi considerazioni post 8 marzo




Ogni anno provo ad alimentarle, le mimose, non le lascio  seccare  nel loro cellophane  stretto dal nastrino giallo  in tinta , ma le pongo in due dita di acqua finché reggono, cioè fino a quando il giallo vivo che le caratterizza non lascia spazio al colore di fiore appassito.
E’ per me inevitabile il paragone da un lato con il sole appena sorto quando i raggi illuminano la giornata nascente di una luminosità viva, ma anche pura e diretta, tanto che la si può mirare senza schermo, e dall’altro con  l’inevitabile tramonto del tardo crepuscolo che fa scempio di luce.
Regine per un giorno fra dediche che immortalano l’evento con versi  e frasi auliche ispiratori  di lacrime  ed emozioni zuccherose; complici  ed alleate delle altre, anche coloro che trascorrono buona parte dell’anno a seminar rancori e zizzania fra le pari di sesso, dispensano auguri e messaggini di amore amicale.

Essere donne per 364 giorni all’anno significa spesso, ahimè ancora oggi,  lottare contro le discriminazioni e le ingiustizie, le disconferme ed i mancati riconoscimenti ; lottare contro il senso comune delle cose che vede le donne secondo stereotipi ben venduti dai media : dalla donna merce sessuale alla madre santa, alla  crocerossina che cura ed allevia ogni dolore, alla vittima da distruggere fisicamente o psichicamente.
Costruiamo questa rete di solidarietà oggi più che mai necessaria e ritroviamoci, uomini e donne mossi dal comune intento di rendere la nostra presenza sulla terra, libera dall’oppressione di ruoli che  oscurano il cammino verso la civiltà.

 Brindisi,10/03/2015                                                                     Iacopina Maiolo

venerdì 6 febbraio 2015

RIPRENDIAMOCI IL WELFARE


 
 Proponiamo uno stralcio,tratto dal sito del Governo Italiano ( www.governo.it-Home : Il Governo Informa ), del dossier del 16 maggio 2014 su “ La  riforma del Terzo Settore : un nuovo Welfare partecipativo”


- Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi …. ha aperto una consultazione pubblica con i cittadini per costruire un nuovo "Welfare partecipativo". Tra gli obiettivi principali vi è quello di costruire un nuovo Welfare partecipativo, fondato su una governance sociale allargata alla partecipazione dei singoli, dei corpi intermedi e del Terzo settore al processo decisionale e attuativo delle politiche sociali, al fine di ammodernare le modalità di organizzazione ed erogazione dei servizi del welfare, rimuovere le sperequazioni e ricomporre il rapporto tra Stato e cittadini, tra pubblico e privato, secondo principi di equità, efficienza e solidarietà sociale. Un secondo obiettivo è valorizzare lo straordinario potenziale di crescita e occupazione insito nell’economia sociale e nelle attività svolte dal Terzo Settore, che, a ben vedere, è l'unico comparto che negli anni della crisi ha continuato a crescere, pur mantenendosi ancora largamente al di sotto …… il terzo obiettivo della riforma è di premiare in modo sistematico con adeguati incentivi e strumenti di sostegno tutti i comportamenti donativi o comunque prosociali dei cittadini e delle imprese, finalizzati a generare coesione e responsabilità sociale. -
Provo a reinterpretare le affermazioni renziane in maniera personale, ma seguendo le logiche di quelle cittadinanze attive ed anche consapevoli di cui in piena umiltà sento di far parte .
Riformiamo non si sa bene cosa dal momento che attualmente le problematiche legate alla fase che stiamo attraversando, definita situazione di  grave crisi economica , hanno offerto l'opportunità di tagliare, anzi, eliminare totalmente, quelle aree di intervento sociale che comunque risultavano essere un supporto, se pur di minima entità, per situazioni e casi di profonda deprivazione.
 Con quali strumenti inoltre si pensa di intervenire valorizzando le potenzialità del Terzo settore  se il medesimo governo lo ha privato di quella linfa vitale costituita dallo stanziamento di fondi rivolti al superamento ed alla prevenzione dei fenomeni di degrado sociale?
E ancora, quali  i comportamenti prosociali e donativi da premiare in un momento di grave tensione e preoccupazione per la perdita del lavoro ( reale o da venire), i conti in rosso e l’assillo di tasse e bollette da pagare ? Rientro  nella fascia da premiare se  non cedo alla tentazione di mandare a quel paese la mano di colore che al supermercato o al parcheggio dell’iper mi si para innanzi (mentre affannata e carica tento disperatamente di rintracciare le chiavi dell’auto e di riportare il carrello al suo posto) ma la rimpinguo con una moneta da 50 cent?
Sono da sempre convinta, pur ritenendo fondamentali i processi di empowermewnt, cioè di  rafforzamento delle risorse individuali con lo sviluppo di strategie idonee al superamento delle problematiche , che lo stato debba occuparsi in maniera diretta ed amorevole di chi ha bisogno senza per questo temere di cadere in quello che è stato definito un  welfare di tipo assistenzialista.
Un governo che non si occupa  più delle fasce deboli della sua popolazione perché ci sono carenze da colmare ed aspetti più importanti da considerare, è un governo che ha decretato la "morte" di quelle categorie sociali già definite "gli invisibili". Riprendiamoci il welfare dunque, e torniamo ad "investire" sui poveri, le donne, i bambini, i malati psichiatrici …



Brindisi,04/02/2015                               Iacopina Maiolo

lunedì 5 gennaio 2015

L’addio a Pino


Non si è mai pronti per un addio in questo limitato orizzonte terreno, esasperato nelle sue componenti materiali  dalla scomparsa della spiritualità e di quanto è territorio dell’anima, aspetti cui purtroppo oggi assistiamo impotenti.

Egli rappresenta  meglio di qualsiasi cantautore la sintesi fra gli aspetti concreti dell’esistenza  ( non dimentichiamo la provenienza da una Napoli che  esprime nell’emergenza rifiuti e nella camorra una problematicità  bassa e terrena,  corporea ed umorale ) e la loro sublimazione che parla di emozioni , anima e spiritualità.

Lasciare il palcoscenico all’improvviso , esenti dal degrado corporeo cui inevitabilmente la malattia conduce , e questo a qualsiasi età accada, potrebbe  essere una grazia riservata e concessa non a tutti.
Due cantori dell’anima, Lucio Dalla da tempo e Mango recentemente ci hanno lasciato con tale modalità, quasi una jam session non preventivata e giunta forse  inaspettata.
Oggi l’addio si rivolge a Pino, compagno da anni di spazi di vita , di angoli di paradiso sorti inaspettatamente nel caos postmoderno  di una quotidianità degradata , emozioni pure che si rivolgono all’anima dovunque e chiunque essa sia.
Oggi si chiude il sipario su di un’esistenza che con la sua meravigliosa essenza musicale  ha accompagnato le nostre vite, noi ,  generazione incerta  e divisa  fra il lasciarsi andare all’assenza ed al vuoto di scopi e di ideali, e l’espressione della massima presenza  nella difesa  dell’etica e di un umanesimo costruito all’alba del XXI secolo.

Caro Pino, un angolo del mio cuore  ti ospiterà in eterno e non mi stancherò di richiamarti alla memoria dei miei figli e di quelli che verranno come un musicista dotato di grande empatia, in armonia con la musica degli spartiti , la melodia  dell’anima ed il rumore dei quotidiani eventi.

Grazie! E buon viaggio.    


Brindisi, 05/01/2015                                      Iacopina  Maiolo