Italia21

venerdì 9 novembre 2018

Disastri annunciati. Quale prevenzione possibile.


 

 

Giorni di inferno, giorni di tempesta e distruzione, giorni di preghiere e maledizioni, l’Italia è sprofondata nella melma e nel fango del disastro idrogeologico. Un pensiero di commemorazione per i numerosi lutti, vite stroncate nell’immediatezza delle sciagure.

Il cuore va anche ai tronchi spezzati (migliaia gli alberi travolti dall’impeto delle acque) ed agli animali di specie varie che abitavano i boschi e le radure. 

Lasciando agli esperti del settore (geologi, meteorologi, ingegneri ambientali) la spiegazione di quanto accaduto in termini scientifici, a noi l’antico quesito: poteva essere evitato? Era prevedibile che accadesse?

Forse, con il senno di poi, sarebbe utile chiedersi:” è stato fatto il possibile per allertare le popolazioni?”

Siamo diventati il paese degli allerta meteo a variazione cromatica, dal verde al rosso, ma non ne conosciamo il significato effettivo né in cosa consista l’essere allertati, cioè quali siano i rischi legati all’evento metereologico ed i comportamenti che di conseguenza dovremmo tenere. Esiste un documento specifico della protezione civile che ha introdotto la variazione cromatica per classificare la gravità degli eventi ed indicarne rischi e moniti alla popolazione, ma, di fatto, se non si accede al sito della protezione civile ed al seguente link                                     www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/infografica_meteoidro.wp, si è completamente disinformati.

Il quesito dunque è il presente: chi, come e quando dovrebbe informarci su tali problematiche di importanza primaria per la tutela della popolazione?

Verrebbe da chiedersi che fine sono destinato a fare se non ho un pc o uno smartphone, o se non possiedo un quoziente intellettivo di almeno 100, se magari non ho conseguito l’obbligo scolastico, se non conosco l’italiano e sono anche di un colore diverso ed abbandonato a vivere in una favela italiana senza corrente elettrica, pertanto inaccessibile ai media?

Considerazioni, niente di più, ma amare, anzi dolorose al pensiero che forse si potevano evitare dei tragici epiloghi.

Si, perché ancor prima di provvedere al risanamento di strade, ponti, all’abbattimento di case abusive, recupero delle zone a rischio frane, smottamenti e quant’altro con le opportune e tempestive operazioni, la popolazione deve essere allertata in tempo e nella maniera più corretta su quanto accadrà o potrebbe accadere.

Ne consegue che nelle scuole, nei luoghi di aggregazione di quartiere e cittadini, con delle modalità da studiare per rendere attuativi il prima possibile gli interventi, è d’obbligo informare e formare la popolazione sulle emergenze ancor prima che accadano.

Apriamo a questo punto una parentesi su altri rischi per i quali la popolazione non viene istruita malgrado, questa volta, esistano degli specifici obblighi di legge, il  rischio industriale, non so quanto accada nelle altre città, ma so per certo che qui, a Brindisi, la mia città, negli anni passati è sorta una querelle circa opuscoli pagati , stampati e mai diffusi alla popolazione, che dovevano informare sui rischi legati ad incidenti industriali, sui comportamenti da tenere ed addirittura sulla segnalazione ( sirene, punti di ritrovo della popolazione etc..).

Mi fermo qui, ma apriamo un’altra parentesi senza la pretesa di trovare spiegazioni scientifiche ai gravi fenomeni metereologici da parte di chi, come me, non ha formazione specifica e adeguata.

Negli Stati Uniti,  Algore, vice di Clinton e nel 2000 candidato alla Casa Bianca per il Partito Democratico in contrapposizione a G.  Bush, ha parlato di riscaldamento globale  della TERRA  a causa dell’inquinamento ambientale e di gravi effetti climatici ( come quelli che stiamo vivendo), già nel 2006 nel  documentario Una scomoda verità (An Inconvenient Truth) .

Nel 2007 Al Gore ha ricevuto  il Premio Nobel per la pace insieme all'Intergovernmental Panel on Climate Change «...per i loro sforzi per costruire e diffondere una conoscenza maggiore sui cambiamenti climatici provocati dall'uomo e per porre le basi per le misure necessarie a contrastare tali cambiamenti».

E come sempre : con il senno di poi….

 
Brindisi,09/11/2018                                      Iacopina Maiolo




                                                

martedì 2 ottobre 2018

“ CARO DIARIO “ : IL POTERE DELLE PAROLE


 

 
Viviamo, oggi, in contesti ove sembrano essersi smarriti valori, senso etico dell’esistenza, significati e significanti che dovrebbero guidare le nostre vite attribuendo ai nostri comportamenti obiettivi, motivazioni, e quant’altro ci consenta di interrompere il nostro cammino per chiederci : - dove sto andando? Per quale motivo? E’ giusto e opportuno proseguire il percorso intrapreso? Qual è il significato che lega le azioni del canovaccio della mia esistenza alle vite altrui? -

 
Il pensiero segue ben altre vie, quelle delle apparenze, abbiamo perso la capacità di produrre, attraverso le profondità della mente, e di esprimere, attraverso le opere e le parole, ciò che caratterizza la nostra essenza umana e che ci distingue, senza porre gerarchia alcuna nel mondo animale, come specie SAPIENS.

 
Tutto ciò non può accadere senza dolore, pertanto conduciamo le nostre esistenze come anestetizzati da falsità che assurgono al ruolo di verità, mentre osserviamo la realtà con gli specchi deformanti affinché possa non emergere quel barlume di coscienza che ci liberi dallo stato di evanescenza dell’essere e dell’esistere.

 
Un tempo non lontano, si consigliava (fin da piccoli) di tenere un diario sul quale annotare giornalmente gli eventi trascorsi, e quanto, fra emozioni, stati d’animo, pensieri, riflessioni, legati ad essi…

Ecco l’importanza delle parole, che, attraverso la scrittura offrivano ampi spazi di comprensione, di lettura ma anche rilettura degli eventi, con la possibilità di mettere in discussione le proprie e le altrui azioni senza pregiudizi mescolati a falsità ideologiche.

 
Proviamo a leggere  un’ipotetica pagina di diario scritta  a fine giornata da qualcuno che vive  in questo tempo privo di embrioni di coscienza e consapevolezza:

Caro diario

oggi sull’autobus abbiamo urlato contro questi neri che hanno invaso il nostro paese, è troppo, li vedi lì tranquilli al cellulare, vestititi  bene… non di stracci, anche i bambini, sono paffuti , vuol  dire che mangiano, li trattano bene …TORNATEVENE A CASA, qui  avete finito di vivere a sbafo sulle spalle di noi italiani…Qualcuno, alla fermata del bus ha preso una pietra e l’ha lanciata verso quella donna, quella con il bambino bello e paffuto che il mio è anche malato ( ha una malattia autoimmune come si chiamano ora, e mi fa disperare per la sua salute.)

BASTARDI.. A CASA!!!

Un sasso , il sangue sulla testa del bambino.. sangue,il  sangue colava giù, la madre è caduta e molti hanno riso..Dio che ho fatto!
Domani ti cerco, devo chiederti scusa, signora dal colore scuro e dai denti bianchi , potremmo portare i nostri piccoli a giocare, lontano dagli occhi di quei poveri folli che istigano alla  violenza senza fermarsi a pensare  e a chiedersi il perché delle proprie azioni…
 Brindisi,02/10/2018                                         Iacopina Maiolo
  

venerdì 30 marzo 2018

La Via Crucis di un disoccupato


 


Siamo in tema, ricorre infatti la settimana Santa che rievoca il sacrificio di Gesù sulla Croce. Sono 14 le stazioni tradizionali della Via Crucis
(eccone alcune):
Gesù è condannato a morte /Gesù è caricato della croce/Gesù cade per la prima volta /… /Gesù cade per la seconda volta /…/Gesù è inchiodato sulla croce.. /Gesù muore in croce /… /Il corpo di Gesù è deposto nel sepolcro.

Lungi dal voler essere blasfemi, si ritiene che le vite degli uomini e delle donne ove si annidano speranze e desideri, ma anche dolori e sacrifici estremi, trovino nella rappresentazione del Cristo che va verso il calvario , una metafora che contribuisce a rendere la religione un percorso umanizzato ed estendibile a quanti, ingiustamente condannati nella vita, si trovino a percorrere un sentiero irto di difficoltà, con una croce sulle spalle, fino a volte all’annientamento estremo della persona e della sua dignità.

Se pensiamo al calvario di un disoccupato (licenziato, inoccupato od occupato con le mille sfumature del caso..), il primo pensiero si rivolge alla condizione economica, situazione di fatto fondamentale ma non  esclusiva, cosa dire infatti della lesa dignità umana, sancita dal diritto costituzionale al lavoro – art 4…ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.-

La condizione di perdita o di non conseguimento dello status sociale di lavoratore, determina una situazione di grave depauperamento della persona, che si trova ad affrontare un vero e proprio calvario.

Laddove poi vengano meno le risorse individuali e sociali, in contesti che non riescono a costruire alternative se pur temporanee o interventi di sostegno finalizzati al recupero serio e concreto dell’attività lavorativa, la persona può entrare in un percorso che ne distrugge l’essenza, che è motivazione alla vita, conoscenza, costruzione di un sé positivo per se stessi e per gli altri (famiglia e contesto sociale).

Il senso dell’essere al mondo e quanto di positivo esiste in quest’affermazione, viene coartato e l’individuo, purtroppo a volte fino al compimento del suo ciclo vitale produttivo (gli anni destinati all’attività lavorativa) è destinato a non completare l’essenza della sua persona.

Le considerazioni e gli interventi con immediatezza ed efficacia nel qui ed ora, spettano alle politiche per il lavoro ed alle parti sociali, ed è auspicabile che, con una religiosità nel senso laico del termine, chi può fare acquisti la piena consapevolezza del proprio ruolo e del potere che riveste nella vita altrui.

Ricordiamo che la Settimana Santa termina con la Resurrezione pasquale, pertanto si porge un caro augurio a quanti si trovino nella condizione di difficoltà descritta, volto alla speranza, al  cambiamento ed al superamento del disagio.
Buona Pasqua!

 

Brindisi,30/03/2018                                           Iacopina Maiolo

venerdì 9 marzo 2018

Alberi patrimonio dell’umanità


 
 

 I cipressi che a Bólgheri alti e schietti
Van da San Guido in duplice filar,
Quasi in corsa giganti giovinetti
Mi balzarono incontro e mi guardâr.

Mi riconobbero, e - Ben torni omai -
Bisbigliaron vèr me co 'l capo chino -
Perché non scendi? perché non ristai?
Fresca è la sera e a te noto il cammino.

Oh sièditi a le nostre ombre odorate
Ove soffia dal mare il maestrale…

( G. Carducci “ Davanti a San Guido”,1874 )

 In questa famosa ode carducciana, l’autore rammenta i cipressi che accompagnavano lungo il percorso, il suo ritorno a casa, immaginando che potessero riconoscerlo come persona nota fin da bambino in quanto abitante del luogo. Segue l’invito a fermarsi per sedersi sotto la loro ombra al soffio del vento maestrale proveniente dal mare.

Il rapporto fra l’essere umano e gli alberi è sempre stato controverso e mosso da incongruenze ed ambiguità: dalla amorevole cura per consentirne l’impianto e la crescita, alla   ricerca della frescura delle fronde ed alla raccolta di frutta, alla devastazione di boschi e foreste a noi ben nota nei percorsi storici che hanno accompagnato fenomeni quali l’urbanizzazione, l’industrializzazione, e l’impiego oltremisura di materie prime per farne mobili o carta….

Nelle città e nei borghi tuttavia, nei parchi e giardini come lungo le strade ed i sentieri, da sempre gli alberi sono stati allevati anch’essi come cittadini, ed hanno acquisito il rispetto e l’amore da parte della cittadinanza.

Ad oggi, per quanto invasive possano divenire le loro radici sollevando marciapiedi, asfalti e pavimentazioni stradali, sono state approntate tecniche altamente innovative volte a conservare il patrimonio arboreo ed a ripristinare la giusta viabilità.

E’ un problema di conoscenza, di impegno, ricerca, visto che in molte aree di Italia distanti da noi e più su di un paio di regioni, gli alberi, ritenuti patrimonio dell’umanità, non si distruggono portandoli alla morte, ma al limite dell’impossibilità di un intervento conservativo, si espiantano?

In questi giorni ho preso consapevolezza della distruzione di quel filare di pini che maestosamente svettavano in quel viale dove le auto frettolose vanno verso il semaforo per oltrepassare l’incrocio ed i bimbi con zaini in spalla vengono protetti dal traffico da mani attente e premurose all’ingresso ed all’uscita da scuola.

Per dirla tutta siamo nella città di Brindisi e ci riferiamo ad un viale denominato  San Giovanni Bosco , dove pare si sia tentato l’espianto di alcune radici per evitare l’annientamento degli alberi, intervento purtroppo non riuscito, dicono responsabili ed  addetti ai lavori, tanto da procedere alla loro distruzione. Diventeranno legnane per camini e caldaie, ed al loro posto, prontamente verranno messe a dimora altre piante , come quando si rompe un oggetto o per vecchiaia  lo si getta e lo si sostituisce con il nuovo….

Si fa fatica in questi giorni a percorrere il viale senza percepire il dolore di quelle creature che, se pur definite vegetali, sono esseri viventi a tutti gli effetti: è un crimine commesso contro la natura o è una fine inevitabile malgrado la buona volontà degli addetti ai lavori?

Urge una risposta anche per prevenire altri scempi , ma  oggi ciò che sgorga dal cuore è un senso di lutto e commemorazione, unito al dolore per la perdita di questi nostri compagni di vita ormai  da numerosi decenni.

Brindisi, 09/03/2018                            
                                                   Iacopina Maiolo