Italia21

mercoledì 28 agosto 2019

Riflessioni di fine estate


 

 

Penso che l’estate rappresenti a qualsiasi età l’esplosione dei sensi. Non a caso gli oleandri raggiungono il massimo del loro splendore vegetativo e cromatico nel mese di giugno, quando la promessa dell’estate si rinnova come ogni anno.

Ogni stagione porta con sé un humus che si traduce in un sentire particolare che appartiene solo a quella specifica fase dell’anno.

Il corpo d’estate abbandona la schiavitù degli abiti, degli strati di tessuto coprente che avvolge e nasconde.

L’estate, per la leggerezza che l’accompagna, dovrebbe essere stagione di viaggi e di recupero del contatto con la natura.

E’ vero che il caldo, ormai reso eccessivo dalle turbe climatiche, spesso appanna la volontà del movimento ed induce alla pausa in zone refrigerate, ma sono proprio questi spazi di tempo liberi dai pensieri di una quotidianità opprimente, che consentono di indugiare fra le problematiche non risolte, prendendo consapevolezza dei rimedi e delle soluzioni alternative.

Gli odori, le percezioni tattili a fior di pelle ,  le goccioline del sudore che immancabilmente il corpo profonde a temperature con gradi elevati di umidità, dovrebbero essere stimolo unico ed  insostituibile per riflessioni immediate e veloci , possiamo dire umorali, sulla vita, sul sé e sul significato del cammino intrapreso.

Il Salento, con la pizzica , usa  il colore rosso della passione che  invade il corpo e la mente finché la psiche trovi il giusto spazio di espressione.

Ecco che la pizzica è un ballo d’estate: nei vicoli , nelle piazze di antichi centri storici e nelle masserie, nelle antiche torri saracene…. I capelli delle donne sono sciolti ed arruffati, gli effluvi dei corpi sono in sintonia con il movimento che esalta le passioni e libera dalle nevrosi.

Il sole, altro elemento cardine di ogni estate, se amato e gestito nella giusta misura, accarezza la pelle e le sinuosità del corpo, ricordando che altro non siamo se non seme, e non solo all’inizio, ma ogni giorno, seme di ogni possibile nuova consapevolezza e cambiamento a qualsiasi età. Il sole genera, incuba, risveglia e nutre anche in prossimità di psiche dormienti o alterate che non riescono a fruire dei ritmi cicardiani dell’esistenza. Non a caso la sua assenza o carenza produce il calo della serotonina, amica della vita sinaptica e dell’umor cerebrale.

Che dire dei frutti golosi dai colori accesi, succosi e ricchi di acqua colorata di cui il corpo necessita, risposta naturale al bisogno ed al piacere alimentare?

 Per me, salentina per radici ed innesti di vita se non per legami di origine familiare, l’essenza dell’estate è rappresentata dal mare.

Descrivere cos’è il mare per me, è opera ardua, più che difficile, rappresenta infatti l’essenza della mia nascita, del vivere e del divenire.

Per tutti noi, qui, abitanti e visitatori, è l’essenza dell’estate: l’odore del mare, il suo movimento ora estremo ora appena percettibile nello sciaquio debordante del bagnasciuga, la ricchezza che è chiusa in lui, il senso che comunica con il linguaggio degli animali che vi trovano dimora  quando abbiamo il coraggio di non distruggerli e di osservarli nella loro interezza e bellezza.

Il movimento del mare può aiutare a ritrovare la giusta andatura psichica, laddove la psiche appare lenta o dormiente in risposta ad eventi e percorsi di vita che ne hanno segnato il cammino, il movimento forte delle onde la trascina in una danza ricca di spuma e di vitalità; se la psiche è fin troppo attiva, si calma e si acquieta assorbendo e  distribuendo le energie in eccesso come le miti onde che lambiscono il bagnasciuga…

(Pablo Neruda, “Ode alla Speranza”
…..mi colmi / e mi trabocchi,/tutto il mare,/tutto il cielo,/movimento/e spazio,i battaglioni bianchi/della schiuma….e il mare, il mare,/aroma sospeso,/coro di sale sonoro….)

Dare un senso alle stagioni ed al rapporto con il corpo, la mente e la psiche, significa ritrovare il nostro ruolo all’interno della natura  come elementi naturali inseriti in un  sistema che ci riunisce tutti , dal filo d’erba alla tigre del Bengala...(  Canto d’amore di H.Hesse

Io sono il cervo, il capriolo tu, tu sei l’uccello e l’albero son io,
il sole tu ed io la neve, tu il giorno sei, il sogno io.)

 

Ritrovare questo nostro ruolo all’interno della natura significa anche trovare spazi per la sua protezione, oggi resa sempre più difficile per i danni ed i dolori che le sono stati inflitti.

 

Brindisi 27/08/2019                                
                                                Iacopina Maiolo

 

 

 

   

 

 

giovedì 13 giugno 2019

IDENTITA' NEGATE




Quali  e quanti  sono i desideri o i sogni non realizzati? Entrano a far parte dell’identità di ciascuno di noi gli aspetti che riguardano le realizzazioni intese come espressione di quell’area che ci rende unici e speciali, poiché è  tipicamente personale e nasce dal nostro bisogno di individuazione.

L’individuazione   fu definita da Jung (18751961, psichiatra e co fondatore della psicoanalisi unitamente a Freud ) come  processo di differenziazione (  cioè che ci differenzia dagli altri individui ) che ha come conseguimento  lo sviluppo della personalità individuale. Rappresenta dunque  lo sviluppo di quelle caratteristiche specifiche dell’individuo, sulla base della sua predisposizione naturale ( attitudini e preferenzialità). Sempre per Jung l’’individuazione rappresenta un processo di elevazione spirituale , porta infatti ad un “ampliamento della sfera della coscienza”, ma l’aspetto fondamentale, detto con terminologia corrente è rappresentato dal fatto che l’individuazione ha come meta l’attribuzione di uno specifico significato alla propria vita
( il senso ed il motivo del nostro essere al mondo ).

La ricerca  e l’espressione di quella parte di sé che caratterizza l’unicità della nostra esistenza, può essere rappresentata come un viaggio che ha inizio con la nascita e prosegue attraversando i sentieri  proposti dalla vita ( intesa qui come casualità ), dall’ambiente e da quanto ci circonda ( che può  funzionare da stimolo o da deterrente), dalle azioni e dalle scelte che operiamo in prima persona e di cui siamo pienamente responsabili.

Appare dunque evidente che, mentre per alcuni individui il cammino di individuazione avviene in maniera se non del tutto aproblematica
 poiché il percorso dell’esistenza è in ogni caso oneroso per tutti ) ma  con modalità improntate a una relativa fluidità e possibilità di conseguimento degli obiettivi di espressione del sé, una gran parte di persone nel percorso di vita purtroppo non sarà messa nelle condizioni di lasciare quell’impronta di unicità  che  spettava per caratteristiche, predisposizioni, fattori intrinseci alla personalità.
 
Secondo la religione cristiana e cattolica,  tutti siamo uguali nel mondo, dal bambino che cresce nelle favelas ai figli dei reali del Regno Unito, lo siamo perché  creati dallo stesso Dio che ha per tutti il medesimo criterio di libertà e salvezza.
Tuttavia la realtà appare significativamente diversa: le identità negate, rappresentate dalla negazione di un’ importante parte di sé per motivi non intrinseci all’individuo ma determinati dal contesto di riferimento, da fattori esterni disturbanti , rappresentano una moltitudine, una umanità che fra lacrime e sangue purtroppo mai troverà una via di partecipazione, liberazione, espressione  e riconoscimento.
Pensiamo a quanto accade in Italia, fra lauree squalificate, carriere predeterminate, giovani   talentuosi e meritevoli costretti a vivere all’ombra di  coetanei stelle di luce riflessa per eredità familiare e di casta; pensiamo ai bimbi che non vedranno mai la nascita di quel sé che conduce alla espressione e realizzazione ( dall’artigiano all’ingegnere nucleare..)  per mancanza di opportunità ambientali dei contesti sociali e politici di riferimento.
Anni fa, nell’illusione di una civiltà in progress, si lavorava in ambito sociale ed educativo con generosità di intenti, amore ed entusiasmo, certi che ogni seme, se pur piccolo, avrebbe generato un’ espressione  di vita , oggi compare il rischio di trasmettere il vuoto assoluto che è fatto di niente, assenza di anime  che ogni giorno vivono consumandosi in un’inerzia fatale .
Dobbiamo dunque abbandonarci a questa sorta di autodistruzione? Non di certo, poiché non compare come libera scelta ma come imposizione di una società che pone ancora una volta, in una sorta di involuzione , i profitti  per pochi, la realizzazione per gli eletti, l’espressione della gioia di vivere collegata all’integrazione di sé che passa attraverso l’individuazione ed il riconoscimento, un paradiso da condividere fra privilegiati.
Dunque, malgrado le identità negate, i torti subiti e gli ostacoli al cammino, da funamboli esperti oggi  molti devono proseguire in equilibrio fra il bisogno delle proprie realizzazioni  ed i nuovi e necessari adattamenti, da cui nasceranno nuove identità e nuove individuazioni.
Per quanto attiene al nostro ruolo di trasferimento dei valori dell’anima e dei saperi umani, non abbandoniamo il compito se pur arduo, e non dimentichiamo che il fuoco sotto la brace è pur sempre vivo anche se qualcuno ha provato a domarlo.

                                        Iacopina Maiolo

 

 

 

 

domenica 20 gennaio 2019

Con tutto l’amore possibile: quali sentieri, oggi, per dare e ricevere amore.



 
 
E ’il caso di chiedersi se l’amore sia una capacità intrinseca all’individuo, incastrato nel DNA come i tratti somatici o le urgenze del temperamento che spesso dirige con impeto le azioni e i comportamenti umani oltre la volontà del singolo.
Oggi ancor più appare necessaria la comprensione e la risposta al quesito, poiché il termometro emozionale della società attuale indica uno stato di apatica partecipazione se non assenza dei sentimenti.
Non solo l’empatia, cioè la capacità di comprendere quanto l’altra persona provi a livello emozionale è diventata tanto rara da essere classificata come debolezza o ingenuità dettata da altruistiche tendenze ormai fuori moda, ma l’amore in sé e le sue manifestazioni sono state relegate a iconiche rappresentazioni di faccine sbaciucchianti o a fiumi di cuoricini, tutti identici nella forma e nel significato.
E’ anche di  tendenza riconsiderare la parola amore come inutile orpello del vocabolario italiano, privilegiando l’uso di termini  quali: io, denaro, sicurezza, forza, vittoria, potere, grandezza…
Non è che il termine amore in assoluto non venga più  usato, ma la sua essenza è venuta meno e l’uso che se ne fa è mirato al consumo in occasione di festività e ricorrenze alla cui base c’è una relazione affettiva ( dalla festa della mamma e del  papà, alla festa degli innamorati ovvero San Valentino..)il tutto con  criteri mirati al consumo ed al profitto.
Inoltre vige una regola sui social, dell’emozionare ed emozionarsi con frasi ad effetto, video ed affini, il cui contenuto è spesso l’amore ed i suoi derivati. Per carità, tutti noi, pena l’esclusione dalla vita civile, ne facciamo uso, ma la consapevolezza dei limiti di queste modalità di comunicazione è essenziale per mantenere un sano e corretto esame di realtà : l’amore qui descritto non è il sentimento che scuote  e muove le nostre anime nella vita reale, rappresenta solo una sterile espressione multimediale dell’idea che abbiamo dell’amore.
Ma torniamo al quesito iniziale: il senso dell’amore è innato nell’essere umano?
Se già per Aristotele ( IV sec. A.C.) l’essere umano è un animale sociale poichè calato in contesti di relazione e pertanto tendente all’aggregazione con altri individui per costruire la società, la domanda, per quanto possa trovare una risposta alla luce di recenti studi e ricerche in ambito  psicobiologico, appare superflua, visto che nessuno di noi nasce e vive in foreste della Papuasia allevato da un branco di scimmie ( sebbene tali episodi siano accaduti ),  pertanto l’amore ed i suoi affini e derivati, in quanto strettamente correlato alle relazioni umane, può far parte di noi fin dalla nascita.
L’ipotesi è legittima, in quanto bisogna chiamare in causa altri fattori, quali la qualità dell’accudimento che ci viene riservato quando siamo neonati, le modalità educative a cui siamo sottoposti negli anni che caratterizzano la nostra crescita.
Quindi, se il processo di attaccamento ( per approfondimenti  è di John Bowlby 1907-1990 la teoria dell' attaccamento, per la quale il  processo di cura che l’individuo riceve dalla nascita e nei primi anni di vita,  ha  un ruolo centrale nell'individuo e nello sviluppo della sua personalità)si snoda lungo percorsi per così dire ortodossi, l’individuo possiede la capacità di dare e ricevere amore.
Se, comprendendo anche le esperienze traumatiche e le gravi carenze educative a cui malauguratamente possiamo essere stati esposti,  camminiamo, viviamo la quotidianità in regime di sufficiente integrazione fra noi ed il resto del mondo, conosciamo il significato della parola amore.
Dunque la maggior parte di noi, grazie a Dio, è in grado di operare scelte e liberi arbitri, fra cui l’adesione a percorsi di vita in cui l’amore abbia un ruolo fondamentale o venga, negletto, relegato in un angolo della propria anima ed espresso solo sotto il pieno controllo della ragione , senza abbandonarsi mai  a  momenti di coinvolgimento e piena adesione al sentimento d’amore.
Un esempio tratto dal vivere quotidiano
-      Un politico dotato di senso amoroso,  può affermare: non abbiamo la forza per sostenere il fenomeno dell’immigrazione, pertanto chiediamo l’intervento di tutti i paesi d’Europa, insieme dobbiamo collaborare e dare aiuto a quanti chiedano accoglienza, ma non intendo usare gli stessi migranti come merce di scambio ledendo il loro diritto all’aiuto umanitario.
Quali sono dunque i sentieri, oggi, per dare e ricevere amore?
Esiste un’unica opzione quando si tratta di faccende umane, ritenere che in ogni intenzione, gesto o azione,  l’amore possa avere il suo ruolo e quando non compare  è d’obbligo ricercarlo.   
 Brindisi, 20/01/2019                                      Iacopina Maiolo