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giovedì 3 febbraio 2022

Cos'è per lei la felicità

 


La felicità è l’autorealizzazione di se medesimi, di se stessi, e questa è una definizione di Aristotele il quale ritiene che ogni uomo sia fornito di una vocazione, di una inclinazione, che lui chiama daimone la felicità in greco si dice eudaimonia: "la buona realizzazione del tuo demone". … io sto a questa definizione…uno se si autorealizza… appunto, è felice. ( Riflessioni sul senso della vita intervista a  Umberto Galimberti, settembre 2013 )

In questa intervista il prof. Galimberti tocca una corda sensibile dell’animo umano: la felicità e quanto vi è connesso, dalla ricerca al suo conseguimento. Partendo dalla citata definizione aristotelica che considera l’esistenza nell’essere umano di una predisposizione, di un quid che si agita nel suo animo indicandogli il cammino da seguire nel percorso di vita per sentirsi in pace con sé stesso (cioè felicemente realizzato), seguono alcune considerazioni.

-      E’ lecito chiedersi se tutti possediamo un’inclinazione fornitaci come corredo cromosomico dai nostri genitori (avi compresi che hanno contribuito ad arricchire il nostro DNA). Lo studio a tal fine (ne sono stati condotti) risulta complesso ed articolato in quanto deve considerare un ampio spettro di fattori che non forniscono risultati esaustivi ed attendibili, ma solo con un margine di possibilità.

-      Un altro aspetto riguarda l’influenza dell’educazione ricevuta e delle caratteristiche personali che l’ambiente, il contesto di riferimento promuovono favorendone l’’emergenza. Questa posizione ovviamente è legata ad aspetti culturali, sociali ed economici che inevitabilmente condizionano l’individuo determinandone i percorsi di vita e, in questo caso, di realizzazione.

A farla breve le opportunità che l’ambiente mi offre in termini di possibilità da vivere e sperimentare fin dalla nascita ed in tutta la fase di formazione e crescita individuale, vanno a costituire le mie possibilità di espressione ai fini dell’autorealizzazione.

-      Viene inoltre da chiedersi se la conoscenza che un individuo ha di sé, cioè la consapevolezza delle proprie inclinazioni, (che possiamo anche indicare con il termine attitudini), non sia un presupposto fondamentale che purtroppo non appartiene a tutti gli individui.

La vita può scorrere infatti senza che una persona abbia consapevolezza dei sentieri da percorrere per realizzare quella parte di sé che Aristotele ritiene fondamentale per il conseguimento almeno di una parte di quella felicità che ogni essere umano merita.

-      E qualora le condizioni descritte fossero presenti anche se parzialmente ma in maniera tale da consentire la realizzazione di sé ma non ci fosse quella essenziale, cioè il luogo della realizzazione, fra cui in primis il LAVORO , luogo di elezione per l’autorealizzazione? E se il lavoro fosse gravato da situazioni che non consentono il conseguimento dell’eudaimonia aristotelica? Il risultato sarebbe la mortificazione dell’individuo, in altri termini l’INFELICITA’…

I          Iacopina Maiolo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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