Li chiamiamo comunemente femminicidi, ma il termine corretto sarebbe oltraggio alla natura umana.
E’
non solo un’offesa alla vita ma a ciò che una donna rappresenta, nel bene e nel
male, nella buona e nella cattiva sorte: madre, moglie, compagna, amante,
amica, sorella, compagna di banco, compagna di cammino, collega, consolatrice,
confidente ….
Non
siamo qui ad indicare le cause, le motivazioni, le spiegazioni sociali,
psicologiche che potrebbero sottendere a tali gesti, che se ne parli altrove ma
con senso della misura, senza ricerca di audience come accade purtroppo nei
talk show e nelle varie trasmissioni che si occupano di cronaca nera. Che si abbandoni quella
disposizione che tratta la tragica notizia con l’atteggiamento di chi intende
lucrare sul dolore incommensurabile dell’evento, nel rispetto della dignità
delle donne offese.
Siamo
qui pertanto a considerare un aspetto troppo spesso trascurato se non mai
considerato: in questo gesto estremo l’uomo non uccide solo la donna, ma sé
stesso. Uomo e donna infatti rappresentano una natura bifronte, unità
imprescindibile se pur distinta in caratteristiche precipue, cioè il senso
dell’esistere di una parte è dato dall’esistenza dell’altra.
Nella teoria junghiana il maschile ed il femminile sono parti che abitano nella psiche di ognuno non da ospiti ma da residenti. Jung introdusse gli archetipi di Animus e Anima, che rappresentano le energie del maschile e del femminile presenti nella psiche di entrambi i sessi. Per Jung in ogni persona, per un corretto funzionamento psichico, deve avvenire un’integrazione fra questi due aspetti: l’uomo deve aprirsi all’accoglienza dei propri aspetti più femminili, emotivi e sensibili, ed alla stessa maniera la donna deve essere pronta ad accogliere quelli aspetti maschili di sé legati all’assertività, alla curiosità ed alla penetrazione nei confronti del mondo.
Nel percorso di vita, e quando la personalità è sufficientemente matura, cioè ha interiorizzato nel proprio funzionamento psichico gli archetipi dell’Anima e dell’Animus, entrambi, nella loro azione individuale o nell’integrazione, rappresentano una guida nell’esplorazione di sé e del mondo.
Qualora questo processo di coabitazione non si realizzi, per scarsa consapevolezza della doppiezza della nostra natura, oltre che per carenze legate allo sviluppo, verrà ostacolato il benessere psichico individuale. e sorgeranno dei meccanismi disfunzionali con espressione di disagio e di patologie psichiche.
E questo non è poco: perché ne deriva che il gesto dell’offesa distruttiva nei confronti della donna non può non rappresentare per l’uomo la distruzione di una parte di sé.
Brindisi,31/03/2022
Iacopina Maiolo
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