Italia21

mercoledì 20 aprile 2011

FAMIGLIA E WELFARE : I GIUSTI INTERVENTI

 FAMIGLIA E WELFARE : I GIUSTI  INTERVENTI
 Parlare di famiglie, oggi, vuol dire confrontarsi con  qualcosa di sfumato, dai contorni labili , quasi un disegno tracciato da una mano incerta come quella di un bimbo o tremolante come quella di un anziano.

Si ha inoltre la sensazione  che a pronunciarne il nome (famiglia) si abbia quasi il timore di aver usato un termine inappropriato o passato di moda (demodè), contrariamente all’uso altisonante  che veniva fatto  negli anni passati ( fino agli ’80)  -  FAMIGLIA ! –

In un contesto socioeconomico dove il welfare  è stato abbondantementemesso da parteper ciò che concerne l’attenzione alle famiglie ed ai suoi derivati quali madre, donna, padre,  bambino/a, anziano o elementi rappresentativi di situazioni di disagio familiare quali il  malato ed il disabile, e ad ulteriori  fattori di disagio che derivano dalle separazioni e divorzi o dalla eventuale ricostituzione di nuove famiglie ( famiglie allargate), appare quasi ridicolo  che qualcuno possa avanzare delle pretese in tal senso.

 Mi spiego meglio, mai come oggi  la famiglia ha  posto  un bisogno di welfare inteso come assistenza, mai come oggi ha ricevuto dinieghi e risposte  di sottrazione, oltre che di mancata od erronea  risposta.
L’aver tagliato i fondi agli enti pubblici e locali per quanto attiene ai servizi sociosanitari ha sostituito la politica dell’interesse e del riconoscimento con quella  dell’abbandono al proprio destino.

Ma non è solo questo, poiché parliamo di famiglia  in questo contesto di esiguità delle risorse, anche i consolidati diritti delle lavoratrici madri vengono meno,  sono infatti sempre più numerosi i rappresentanti e delegati sindacali   che hanno perso la capacità della conciliazione, della mediazione fra le esigenze degli individui lavoratori e quelle dell’azienda o ente che sia ( che  nella situazione limite di disconferma dei diritti che stiamo vivendo,  è chiaro che miri in primo luogo alla tutela dei propri  interessi ed al mantenimento dei privilegi, ove esistenti ).
In tutto ciò appare evidente la mancanza di un sano corporativismo sindacale che si occupi anche delle singole realtà  nella tutela dei diritti, che faccia dell’attenzione al singolo  ed al rispetto che gli è dovuto in quanto lavoratore e nell’offerta della soluzione delle problematiche,  un proprio modus operandi.
Ci sono, e non ditemi di no,  “padroni del vapore” ed esponenti del sindacato che concordano sul fatto che -  meglio una gallina oggi che un uovo domani-  o meglio -chi troppo vuole nulla stringe - per cui bisogna accontentarsi di un lavoro, se pur  precario o partime o sottopagato, piuttosto che niente!

Ed in questo contesto, quale spazio può trovare  ad esempio l’esigenza materna ( o  paterna)  di orari flessibili in relazione alla gestione delle esigenze dei figli… e quale politica degli asili nido potrà mai suscitare l'interesse ( i nidi aziendali, esperienza possibile fino a qualche anno fa, è stata poco e male sponsorizzata dalle aziende e dagli enti) di governanti, politici od amministratori...

 Se poi tocchiamo il tasto scuola è ancora peggio, si scende talmente in basso che ci si sente disperati, ed giovani,  i disabili, gli anziani, i malati che di fatto  sono anch’essi elementi rappresentativi di quella che chiamiamo famiglia ?

Allora, per non procedere ad un elenco del degrado, che chiaramente è anche un elenco del dolore,  proviamo a chiederci che fare?

Provo ad elencare una serie di proposte/ intervento che potrebbero con il tempo ( e la costanza) alleviare inizialmente e contribuire a risolvere i problemi ove possibile.

Al primo posto metterei  l’eliminazione di servizi poco produttivi, nati malamente  da un mancato lavoro di screening dei bisogni della popolazione,  solo per  far incetta ( consentitemi il termine ) di fondi ed attivare procedure di  riconoscimenti  personalistici rivolti ad  amici, conoscenti o altri come spesso accade nelle amministrazioni pubbliche.

Ogni struttura ( o centro o intervento che sia) deve prima trovare un riscontro oggettivo nei bisogni effettivi della popolazione a cui è destinata e per far ciò occorre uno studio a monte, di raccolta di dati anche sul campo mediante  interviste, questionari con alla base un campionamento serio ( scelta della popolazione).
Questo procedimento, di prassi in molte realtà ( non serve andare  a parare necessariamente al nord, anche qui, in Puglia abbiamo comuni e province virtuose che mettono in atto queste buone prassi in maniera professionalmente e tecnicamente corretta ed elevata ) è la conditio sine qua non di ogni intervento.

Al secondo posto ( chiaramente ogni punto è collegato) porrei l’onestà politica che antepone alla demagogica realizzazione che tiene contenti coloro che hanno accesso ai tanto beneamati fondi ( i vertici delle amministrazioni pubbliche)  e le loro corporazioni, oltre che la parte ingenua e più sprovveduta della popolazione, L’AZIONE REALMENTE POSITIVA ED EFFICACE IN FAVORE DELLA COMUNITÀ.
 Tale azione forse non rende nell’immediato ( anche se non sono d’accordo poiché penso che alla lunga in una visione sistemica  le azioni realmente positive producono arricchimento per tutti) ma nobilita le coscienze dei politici, e dà un senso di giustizia alle loro azioni.
E non è poco, chi non desidera la serenità d’animo  e la pace interiore  come frutto delle proprie azioni?
 Se ci riferiamo ad azioni politiche, solo quelle dettate  da  una considerazione reale e genuina dei bisogni della comunità a cui si rivolgono raggiungono lo scopo, il resto, anche se non sono atti illeciti, rimangono come pesi  di realizzazioni  vacue  e fumose….

Al terzo posto la proposta di una raccolta di risorse attiva con l’istituzione di un fondo od un’apposita banca etica in  cui  i politici in primis, gli amministratoti tutti i cittadini che contano, possano versare e destinare fondi in favore delle iniziative  per cui è giusta una messa in opera, dopo gli screening a cui facevo riferimento.

Privilegiare gruppi od associazioni  ( i contributi che  spesso vengono destinati a privati) non incide sui problemi, ma va a risolvere una situazione privatistica di quell’associazione od ente.

Al quarto posto quanto segue.
I programmi del welfare, oltre ad essere  tecnicamente valutati con gli adeguati screening, devono trovare la giusta collocazione  in un progetto globale, sistemico, rivolto alla comunità.  Per esempio  che senso ha proporre interventi  in favore della lavoratrice madre o  della  coppia o sul nucleo familiare se non c’è un potenziamento  delle strutture per l’nfanzia sulla base dei bisogni della neo famiglia? Questo è solo uno degli innumerevoli esempi…la lista può essere lunghissima.

Mi fermo qui  certa di non avere attualmente niente su cui costruire possibili interventi se non la base, quella del bisogno della comunità.

Auspico ( e questo appare inevitabilmente come il quinto punto) che finalmente gli operatori del welfare e della salute globale  ( psichica, sociale, biologica ed economica ) si riapproprino dei loro ambiti di intervento costruendo insieme alla gente i luoghi ed i tempi dei giusti interventi, delle azioni opportune,  e che possano dire, ove gli amministratori od i gestori delle risorse economiche  del welfare  propongano servizi ed attività : <  grazie ma non serve…elaboriamo insieme la giusta proposta e non  < grazie per questa opportunità di guadagno che mi viene offerta  riservandomi quel posto di lavoro o la gestione di quella struttura….

A buon intenditor poche parole !

Brindisi 20 aprile 2011                             

            Iacopina Mariolo
   (psicologa e psicoterapeuta)






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