Italia21

venerdì 8 gennaio 2016

Mamme per sempre



E’ difficile ( per certi versi impossibile ) entrare nel tema angosciante degli infanticidi rivolti ai propri figli conservando l’oggettività e la lucidità necessarie per tentare un canovaccio interpretativo o anche solo per esprimere un parere, se non si è in un talk-show fra luci , cerone , conduttori patinati e vip. 

L’impatto emozionale è infatti dirompente e suscita in chi lo vive difese di vario tipo , quella più immediata  l’accusa, il giudizio estremo che condanna  senza mai spiegare o conoscere, la distanza totale che annienta qualsiasi forma di empatia o contatto se pur minimo.


Se è il padre a commettere l’atto estremo nei confronti del proprio figlio, l’episodio ha un impatto minore, sebbene anche in questo caso il giudizio sia estremo, ma viene archiviato con più facilità  e spesso le coscienze di noi osservatori  non ne serbano memoria come nel caso materno.
Numerosi i racconti mitologici sul tema, in particolare di origine greca. Il classico caso di Medea, che è stato rappresentato in più versioni nella tragedia greca, seguendo la versione di Euripide (V secolo a.c.), rappresenta la donna madre che uccide i propri figli per vendetta e troppo amore nei confronti di Giasone, colpevole dell’abbandono per convolare a nozze con una principessa greca.

La mitologia non trascura il figlicidio paterno, che sempre nel mito greco compare più volte, ma a differenza di quello materno, il cui denominatore comune come abbiamo visto per Medea è il troppo amore o la vendetta, è legato ai temi dell’errore , della follia , ma anche della punizione ( padri  punitori soprattutto di figlie ) e del sacrificio ( figli  come vittime sacrificali ).

Quest’ultimo aspetto è presente in varie culture e tradizioni mitologiche, ad esempio è il fulcro dell’episodio biblico di Abramo  e Isacco , tramandato dall’esegesi ebraica,

Entrando nel racconto, come ben sappiamo, Dio, per mettere alla prova la fede di Abramo, gli ordina di sacrificare il proprio figlio Isacco. Abramo, pur profondamente addolorato obbedisce senza esitare, ma  mentre sta per compiere il sacrificio, con la mano alzata ed armata di coltello, un angelo del Signore scende a bloccarlo e fa comparire  un ariete da immolare come sacrificio sostitutivo.

L’uccisione qui appare possibile, dunque consentita, giustificata dall’ingiunzione divina e trova un padre consenziente che non ha l’intenzione di opporsi al volere di Dio. Tuttavia, pur non comparendo una posizione divina contraria all’infanticidio del figlio, l’intervento tramite il suo angelo è volto ad interrompere l’azione cruenta"hai fatto questa cosa e non hai trattenuto tuo figlio, il tuo unico, io di sicuro ti benedirò e di sicuro moltiplicherò il tuo seme come le stelle dei cieli e come i granelli di sabbia che sono sulla spiaggia del mare; e il tuo seme prenderà possesso della porta dei suoi nemici. E per mezzo del tuo seme tutte le nazioni della terra certamente si benediranno per il fatto che tu hai ascoltato la mia voce » (Genesi 22:10-18).
Se il risultato è la salvezza di Isacco  e la liberazione dal ruolo di padre uccisore per Abramo, non compare tuttavia un’opposizione morale al delitto, come invece  nel giudizio  che Dio rivolge a Caino dopo l’uccisione di Abele : Allora il Signore disse a Caino: « Dov'è Abele, tuo fratello?». Egli rispose: «Non lo so. Sono forse il guardiano di mio fratello?». Riprese: «Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo! Ora sii maledetto lungi da quel suolo che per opera della tua mano ha bevuto il sangue di tuo fratello”( Genesi,4 ).

L’interpretazione del testo biblico non è sicuramente di facile realizzazione, necessita di una lettura attenta a fattori antropologici, culturali e storico - sociali , tuttavia l’evidenza è che il fratricidio è aspramente condannato, il figlicidio no, anzi viene suscitato per provare devozione e fedeltà al volere divino. E’ come se il figlio fosse proprietà genitoriale da usare quale  ed al posto del capro ( l’agnello sacrificale)  in questo il volere di Dio Padre ( non trascuriamo che Dio è padre di entrambi, Abramo ed Isacco) è determinato e non lascia possibilità di scelta.



L’elemento di raccordo fra i miti citati ( anche negli altri miti relativi all’infanticidio per mano genitoriale è presente univocità ) è il possesso dei figli, il sentirli proprietà esclusiva del genitore, che ha la facoltà di decidere della sua vita , mentre al figlio non è mai dato di opporsi o reagire.



Trasferiamo ad oggi qualche spunto per così dire arcaico, da un’indagine del 2014 ad opera dell’ Associazione Meter Onlus, emerge una drammaticità forse sconosciuta: in Italia una madre o un padre ogni settimana uccidono o tentano di uccidere 3-4 figli con una media di circa 170 bambini vittime in un anno. Le vittime sono bimbi di pochi anni o neonati. Secondo l’indagine “raptus, conflitti tra i genitori per le separazioni, situazioni di disagio, le principali motivazioni “.



Riprendendo il tema iniziale della madre coinvolta nel fenomeno, i dati si intrecciano con quelli relativi alle  sindromi tipicamente femminili legate al parto ed al postpartum a breve e a lungo termine.

·       Il baby blues ( stato fortemente emotivo caratterizzato da crisi di pianto, senso di inadeguatezza, affaticamento…)si manifesta nell’immediatezza del parto ed ha la durata di poche settimane;

·       la depressione post partum ha il suo esordio a poche settimane dal parto  fino ad un anno di vita del neonato ed ha un’evoluzione più lunga ;

·       altre manifestazioni fra cui disturbi dissociativi e manifestazioni di tipo delirante e dissociativo (la psicosi denominata puerperale,) e disturbi dissociativi.



Ma il dato che più colpisce è che circa il 49% delle forme di disagio psichico legate al parto, non vengono diagnosticate e rimangono come un fenomeno sommerso  e quindi non soggetto ad alcun tipo di intervento.

Chiedendoci perché una madre giunga ad uccidere il proprio bambino  non troveremo mai una risposta univoca ed esaustiva, i fattori si intrecciano in una trama che non sempre consente la prevedibilità del fenomeno, ma di prevenzione si, è possibile parlare e costruire interventi che delineino percorsi di sostegno e di aiuto alla madre, alla coppia , alla comunità…



Tornando al senso di proprietà di cui parlavamo in relazione ai figlicidi mitologici, un’ipotesi da porre e sottoporre ad indagine è la stretta relazione che intercorre fra la madre ed il bambino: intrecci  ed unioni che a livello fisico, psichico ed immaginario, si traducono in quella simbiosi che appare  fisiologica durante la gravidanza e nel corso dei primi mesi di vita, ma che gradualmente deve lasciare spazio all’individuo che si differenziandosi si rende autonomo. Ciò inizia  dal momento della nascita in poi , quando il piccolo respira e  svolge funzioni autonome a livello fisico e percettivo.

Ripensando al cammino evolutivo che attende dalla nascita in poi ogni essere umano, notiamo che ogni passo rappresenta  un movimento verso la differenziazione ed il riconoscimento di sé; ciò ( e per fortuna)  avviene anche quando si è più avanti negli anni, quando si scoprono parti di sé prima ignote, quando si vivono nuove esperienze e si costruiscono nuovi obiettivi ( anche se a differenza dell’età giovanile sono limitati nel tempo ).

Per una mamma questa rappresenta una delle difficoltà maggiori da affrontare nell’accompagnamento alla vita del proprio figlio /a .

A tal proposito qualche riferimento al testo di una  canzone “ A modo tuo”  scritta da Ligabue e diffusa dalla la voce di Elisa che esprime in maniera esemplare la difficoltà, il senso di frustrazione e di abbandono che accompagna la crescita di un figlio:

…sarà difficile dire tanti auguri a te a ogni compleanno vai un po' più via da me..

sarà  difficile mentre piano ti allontanerai a cercar da sola quella che sarai…

sarà difficile  lasciarti al mondo e tenere un pezzetto per me
e nel bel mezzo del tuo girotondo non poterti proteggere…



Le mamme alla ribalta della cronaca come protagoniste dell’interruzione della vita del piccolo essere da loro stesse generato, le mamme che sono in carcere per il gesto compiuto, le mamme  ospiti di strutture per il recupero, le mamme che ricordano e quelle che hanno dimenticato  l’accaduto distogliendo la memoria dall’atrocità compiuta…alla fine altro non sono che mamme  che non vivranno mai la crescita e l’allontanamento dei propri figli, in un certo senso,  paradossale e patologico PER  SEMPRE …



Concludendo, un brano tratto  da "il Profeta" di Kahlil Gibran “Sui  figli ”:

E una donna che reggeva un bambino al seno disse: / Parlaci dei figli / Ed egli disse:/I vostri figli non sono i vostri figli. /Sono i figli e le figlie dell’ardore che la Vita ha per sé stessa./ Essi non vengono da voi, ma attraverso di voi,/ e non vi appartengono benché viviate insieme./ Potete dar loro il vostro amore, ma non i vostri pensieri, poiché essi hanno i propri pensieri./ Potete custodire i loro corpi, ma non le loro anime, /poiché abitano case future, che neppure in sogno potreste visitare./ Potete sforzarvi di essere simili a loro,/ ma non cercate di rendere essi simili a voi, / poiché la vita procede e non si attarda su ieri./ Voi siete gli archi da cui i vostri figli come frecce vive, /sono scoccati lontano.

L’Arciere vede il bersaglio sul sentiero infinito/ e con la forza vi tende,/
affinché le sue frecce vadano rapide e lontane./ Fate che sia gioioso e lieto questo vostro essere piegati dalla mano dell’Arciere, / poiché, come ama il volo della freccia, / così Egli ama anche l’arco che è saldo.



Questo l’approccio vero, sano  e rivolto alla vita del figlio/a che ciascun genitore dovrebbe assumere nel suo difficile ma  unico ed insostituibile ruolo!



 Brindisi, 08/01/2016                                     Iacopina Maiolo