Italia21

giovedì 31 dicembre 2020

Un anno da ricordare

 



Il 2020 passerà alla memoria come un anno da depennare dall’agenda dei nostri ricordi, c’è chi vorrebbe proporre di cancellarlo dalle pagine della storia.

La Storia dà I brividi /E nessuno la può cambiare/La Storia siamo noi/Siamo noi padri e figli/.. La Storia non ha nascondigli / La Storia non passa la mano/La Storia siamo noi ( testo tratto da “La storia siamo noi “ di F. De Gregori ).

Ecco che quanto accade, nel bene e nel male,  non si può cancellare ma non per costrizione o ineluttabilità. Impariamo presto, noi esseri umani, che ogni evento, per quanto triste e sciagurato interviene  come tessera nella costruzione del puzzle delle nostre esistenze, e se con fantasie compensatorie  immaginiamo la nostra vita priva di qualche triste accadimento che abbiamo patito, dubito che saremmo pronti a sottrarlo al magico incastro, poiché ben sappiamo che il quadro della nostra esistenza perderebbe di significato.

Quanto è accaduto ha una portata storica notevole ed unica, per noi che non abbiamo vissuto  guerre,  eventi e  catastrofi naturali che si sono  consumati lontano  da noi  anche nell’ultimo ventennio.

Certo se al quesito su quale sia stata l’esperienza più difficile da affrontare a causa della pandemia, qualcuno pensasse di rispondere

- la chiusura dei centri commerciali, dei centri estetici, dei bar o ristoranti... perché non sapevo cosa fare e mi annoiavo in lockdown –

farebbe bene a tacere.

La pandemia in pochi mesi  ha intaccato e purtroppo in alcuni casi distrutto ( ciò vale per i più economicamente fragili ) l’assetto economico e sociale che in questi anni era stato costruito, spesso con sacrifici , senso di responsabilità ed anche efficienza e professionalità.

I lutti hanno poi devastato in alcune zone d’Italia un’intera fascia generazionale colpendo spesso in toto alcuni nuclei familiari.

Sono questi gli aspetti che rendono negletto  l’anno trascorso, e che ci portano ad esorcizzare quasi con riti scaramantici la malasorte, affinché non si riproponga nell’anno a venire.

Facciamo tesoro di quanto è accaduto, accettiamo il cambiamento che la pandemia inevitabilmente ha portato con sé e prendiamo gli aspetti positivi che in ogni evento, per quanto spiacevole, esistono.

Stiamo scrivendo  le pagine di un cambiamento che potrebbe essere epocale, usiamo la creatività , l’amore per la vita dell’individuo e della comunità, il senso etico del vivere civile , pensando al 2021 come un anno vestito di nuovo nel vero senso della parola.

E’ questo per me l’augurio migliore.

 

Brindisi, 31/12/2020                                Iacopina Maiolo

giovedì 24 dicembre 2020

Siamo realmente tutti uguali di fronte al Covid-19?

 


Se è vero che la morte è come una livella, anche una pandemia dovrebbe metterci in una condizione di parità e non di diseguaglianza, la solita, alla quale siamo abituati, la differenza fra ricchi e poveri, fra chi possiede  mezzi di sussistenza ( che salendo nella scala del possesso raggiungono per alcuni condizioni di totale, assoluto benessere, da Nirvana o regno del piacere ) e chi no.

Una cosa è certa, il contagio di questa malattia non ha utilizzato come filtro il degrado sociale ed ambientale, anzi, a dir la verità sono stati i VIP, uomini e donne in grado di poter viaggiare all’estero in particolare  (dalla Cina con amore è giunto in primis ), di ritrovarsi in feste e festini, ad esserne colpiti con maggiore evidenza e quasi per primi.

Quando il virus ha continuato ad espandersi per un certo periodo non tutti abbiamo avuto in uso  mascherine, disinfettanti e guanti. Il mercato nero di tali prodotti li ha resi fruibili solo da chi li comprava a peso d’oro o  che grazie alle proprie conoscenze aveva dei canali privilegiati, fra cui i furtarelli nei reparti sanitari . Chi non ha visto il vicino che lavora alla ASL  scaricare dall’auto pacconi di presidi sanitari destinati alla protezione dal covid?. Superata però l’emergenza, con la disponibilità di tali prodotti ci siamo sentiti, finalmente ed almeno una volta nella vita, tutti nelle medesime condizioni  esistenziali.

Tuttavia presto abbiamo preso coscienza della differenza del trattamento fra gli anziani delle RSA, gli anziani in generale, i comuni cittadini di ogni età e sesso da un lato, ed i VIP citati fra cui non solo nel nostro paese, politici di grido che hanno vissuto il periodo dell’intera malattia in suite  da sogno con annesso il reparto privato di terapia intensiva.

Non sappiamo poi se la roulette russa dei respiratori, quella che se hai più di 60 anni hai diritto a morire, si sia  estesa anche a chi ha un peso maggiore, in termini di conoscenze denaro e raccomandazioni, dando loro maggiori diritti e possibilità, appunto, di vivere.

Forse no, vedendo l’abnegazione e la coscienza dei nostri sanitari, ma di truffe relative a camici, mascherine e tamponi  che hanno gettato su insospettabili l’ombra della corruzione, si è parlato e forse nei mesi a venire, quando il gigante Covid sarà retrocesso, se ne  parlerà.

Mentre siamo ancora nel pieno della pandemia e delle misure di contenimento, compare  prima del previsto lo strumento da tanti atteso, chiesto quasi per intercessione divina, IL VACCINO.

E’ presto per dire se ci saranno dei  privilegiati e, soprattutto, se sarà realmente la panacea  contro il covid-19. Di fatto colpisce che in Inghilterra la prima ad essere stata vaccinata sia stata una ultranovantenne e a seguire gli altri ottantenni: rispetto per la veneranda età o prova generale su chi a ragion veduta ha già tanto vissuto?

Consigli? Siamo già tanto disorientati  dagli eloqui di esperti, task force e politici informati, usiamo la razionalità  e decodifichiamo i messaggi che si pongono in maniera rigida ed unilaterale, dai negazionisti a chi pretende di guidare le nostre esistenze senza la nostra vigile partecipazione.

Tornando al quesito iniziale: siamo realmente tutti uguali di fronte al Covid-19? In onore della vicina festività, forse quest’anno ritroveremo un senso meno consumistico del Santo Natale, rivalutando affetti e congiunti non conviventi, dei quali la sola possibile presenza rappresenterà un dono. E che il pensiero non fugga a coloro che già da qualche giorno hanno raggiunto i loro rifugi invernali ( magari in quel di Cortina ) con palestra e centro estetico privati , a noi gente comune, negati da mesi…

Auguri a noi tutti per un Natale povero forse meno ricco  di beni ma denso di emozioni di affetto nei ricongiungimenti possibili.

 

Brindisi , 24/12/2020                        



Iacopina  Maiolo

 

 

 

giovedì 26 novembre 2020

ALLA RICERCA DELLA FELICITA’

 



Malgrado la situazione di grave precarietà che stiamo attraversando, non dimentichiamo che obiettivo della nostra esistenza è, anche ma fondamentalmente, perseguire la nostra felicità. E’ un punto di arrivo o un cammino con tappe più o meno significative che comprendono un arco temporale ampio quanto la nostra esistenza?

Se sgombriamo il campo dalle facili illusioni e dall’edonismo tipico della nostra cultura, che limita la ricerca della felicità al conseguimento di beni materiali o ad effimere conquiste, notiamo che il significato del termine si arricchisce di contenuti che lo rendono finalmente accessibile  in un percorso di vita e non di delicata e fragile durata, paragonabile al volo di una farfalla o al lume  di una candela.

Ecco che l’ essere felici si unisce al concetto dell’imparare ad esserlo, creando una sinergia fra il percorso reale di vita e quello desiderato, fra mondo reale  e mondo immaginario.

Sarebbe utile chiedersi, al termine di una giornata, quali siano stati gli aspetti piacevoli invece di dare rilievo unicamente a quanto di disdicevole ci sia accaduto, creando una memoria delle  piacevolezze che possa dare un senso di positività non illusoria od artefatta, ma basata su dati reali che il più delle volte siamo  portati ad ignorare.

In questa maniera  la felicità potrebbe divenire un tessuto, una trama da costruire  nelle nostre esistenze per raggiungere senza brama od illusorietà una dimensione di pienezza e soddisfazione stabile e non di  effimera durata.

Non solo, il nostro cammino di vita ha in sé l’obbligo della individuazione, concetto approfondito in particolare da Jung e che considera  la vita come un vero e proprio viaggio per scoprire, mostrare a noi stessi ed agli altri, e quindi affermare il nostro sé, spesso mortificato dalle influenze esterne (ambiente familiare, contesto sociale, esperienze di vita ).

 Contribuisce dunque alla costruzione della trama del nostro essere felici  anche la  scoperta della nostra natura che si esprime all’esterno  con energie positive  e  forza costruttrice, che vengono  impiegate nella  realizzazione di Sé.

Esiste dunque una  maniera per affrontare la vita come una piacevole scoperta ed un cammino in cui la felicità non rappresenti una conquista illusoria, ma un senso profondo dell’essere e dell’esistente.

Ma a questo punto una riflessione pare opportuna: se non possiamo soddisfare i nostri bisogni primari ( quelli  basilari di sussistenza ), possiamo ugualmente costruire la trama della nostra felicità?

La risposta è univoca: CERTO CHE NO.

Quindi la felicità, pur nell’accezione qui condivisa, non ha una diffusione democratica e paritaria e la cosa pare ovvia e scontata, ma non ha  requisiti di ovvietà il fatto che nel 2020 ci siano ancora fasce di popolazione  che vivono nella negazione dei bisogni e dei diritti fondamentali  personali, sociali ed economici .

 

Voci di donne

 


 

Camminando nei corridoi delle nostre esistenze, spesso, ma sarebbe il caso di affermare sempre, incontriamo episodi, eventi, manifestazioni  o semplici intenzioni di abusi e violenze.

Non è che agli uomini non accada, intendiamoci. Violenze, abusi, maltrattamenti fisici o solo psicologici sono all’ordine del giorno, e talmente diffusi nell’oscurantismo dei diritti umani e del senso etico che stiamo attraversando, da turbare oltremodo le coscienze.

Ma quando parliamo di donne è diverso, il confine appare evidente ed inequivocabile : la violenza rivolta alle donne è un’espressione del genere a cui appartengono, tocca profondamente il nucleo dell’essere offendendo la dignità dell’esistente, degradandone i percorsi di vita, turbando e segnando con matite indelebili gli animi ed i vissuti.

Questo senza vittimismo o autocommiserazione, perché le donne imparano a lasciar fluire, ad accogliere con resilienza quanto accade nelle loro esistenze, integrando le esperienze positive , quanto di bello offre la vita, con quegli aspetti che nel loro squallore inducono disagio, traumi e senso di sconfitta.

Come spiegarlo agli uomini?

E’ violenza ed abuso qualsiasi gesto, azione od intenzione che usi e prevarichi la femminilità degradandola, anche se questo è il risultato ma non l’intento. Ecco ad esempio che  anche uno sguardo di troppo rivolto nei confronti di una ragazzina poco  più che bimba verso specifiche parti del suo  corpo ,  può determinare vissuti di abuso e violenza.

Finché continuerà, anche se in maniera subdola o indiretta, l’atteggiamento culturale di possesso, mercificazione e connotazione sessuale delle donne e del loro corpo, dubito che ci si possa liberare da comportamenti maschili inadeguati o inopportuni.

Vivere la sessualità ed il proprio orientamento in serenità, nel rispetto della dignità dell’altrui presenza, senza prevaricare, assoggettare, offendere, è presupposto per la costruzione di rapporti ispirati dall’amore e non dal degrado morale della violenza.

Queste considerazioni alla luce della giornata del 25 novembre, che rappresenta uno spazio di riflessione sul tema della violenza nei confronti delle donne.

Brindisi , 24/11/2020                                      Iacopina Maiolo

lunedì 31 agosto 2020

Fiat lux

 

Nella Bibbia (Genesi I, 3) si riferisce del primo atto compiuto da Dio dopo aver creato il cielo e la terra, quando, resosi conto che regnavano le tenebre,  ordinò che fosse fatta la luce : dixitque Deus fiat lux et lux facta est «e disse Dio: sia fatta la luce, e la luce fu fatta».

Senza quel gesto, che prevedeva un’intenzione, quella di illuminare l’abisso, non si poteva procedere alla creazione del mondo, con il suo presupposto fondamentale : la vita.

Indipendentemente dall’appartenenza alla religione cattolica, la  citazione biblica riferisce di una verità universale, il ruolo primario della luce per l’esistenza della vita.

La luce è per noi ( pianeta terra e sistema solare ) prodotta dal sole.

Le previsioni degli astronomi parlano di un Sole  che diverrà in un primo momento “iperattivo”, potenziando le reazioni interne, aumentando il suo volume  e la sua temperatura, fino a distruggere con il suo  fuoco il sistema planetario a cui dà origine e terminando con il suo spegnimento, dopo aver dato corpo a tutto il suo combustibile. Se la vita verrà distrutta dall’esplosione solare , non rinascerà e resterà spenta   se non interverrà la presenza di un altro astro a sostituire il ruolo del sole.

Fin qui niente da eccepire, ma proviamo a trasferire, usando una metafora, gli accadimenti su esposti alla nostra condizione umana da un punto di vista biologico, psicologico, sociale e culturale.

L’essere umano ha bisogno della luce quanto dell’aria. Il nostro bioritmo, che regola le funzioni fisiologiche, segue l’energia solare, il ciclico alternarsi delle stagioni, ma anche le ore della giornata.

La luce solare è inoltre collegata  alla produzione di neurotrasmettitori che, a livello cerebrale, aumentano la produzione di serotonina, ormone definito “ del buonumore” un antidepressivo  naturale  che  migliora il  tono dell’umore e che interviene sui livelli di stress. I farmaci antidepressivi infatti  quasi sempre fungono da stimolo per la  produzione di serotonina.

La luce e l’espressione fiat lux ( sia fatta luce), svolgono  anche un ruolo importante nelle nostre consapevolezze, quando siamo chiamati a fare un percorso introspettivo di conoscenza di sé, di autovalutazione e di crescita personale; il far luce dentro indica appunto la nostra volontà  o necessità (dipende dalla situazione che stiamo vivendo) di illuminare le nostre parti nascoste o ignote a noi medesimi.

Il fiat lux legato ad aspetti sociali e culturali appare inevitabilmente connesso all’etica, al senso morale, ai valori umani di relazione e di rispetto delle norme condivise  poste a tutela dell’individuo e della collettività.

Ecco che un’amministrazione viene definita trasparente , cioè capace di farsi vedere al proprio interno mostrando percorsi di leggi e provvedimenti  fruibili dal cittadino.

In riferimento ad aree quali quella politica, il fiat lux non dovrebbe essere richiesto dalla necessità di far chiarezza e quindi in un momento successivo, ma sarebbe auspicabile che fosse alla base di ogni programma politico..

Utopia o possibilità? .... 

Aggiungerei necessità  del vivere e del costruire una società  a misura umana!

«L'uomo è misura (mètron) di tutte le cose, di quelle che sono per ciò che sono, e di quelle che non sono per ciò che non sono.» ( Protagora ) 

 

                                                 Iacopina Maiolo

 

 

 

 

venerdì 21 agosto 2020

Laboratorio delle consapevolezze : “La ricottina di Matilde” 1


Laboratorio delle consapevolezze


“La ricottina di Matilde”


1



          Premessa

Il laboratorio nasce come idea sperimentale nell’ambito di un servizio per il lavoro ( Centro per l’Occupabilità Femminile ) con sede in Mesagne 
( BR ).
Fra gli obiettivi  del laboratorio delle consapevolezze il conseguimento di una “consapevolezza di genere” che ancora oggi è difficile da raggiungere, a causa di una  serie di fattori che di fatto  operano una distorsione della realtà. Fra  questi fattori :
·    l’accessibilità e l’uso degli strumenti culturali da parte della popolazione femminile ( istruzione, formazione , ricorso alla multimedialità );
·      il raggiungimento di posizioni di prestigio  da parte di alcune donne e l’equiparazione uomo – donna rispetto a ruoli un tempo solo maschili.
Partendo dall’idea che lo stereotipo femminile della  donna moglie / madre o dedita ad attività gregarie rispetto ai ruoli maschili in  ambito lavorativo ( attività  poste in una scala che dal punto di vista retributivo e/o  di attribuzione delle competenze vede le donne agli ultimi posti ) sia ancora  radicata nella società attuale come stereotipo culturale, si è presa in analisi una favola : “ La ricottina di  Matilde”.
Con il gruppo, nel contesto del laboratorio, sono stati utilizzati i criteri  e le modalità di analisi di seguito indicate.
2. La favola
La versione originaria della favola in oggetto, si colloca fra la fine del XIX sec. e gli inizi del XX° ( è stata scritta da Giuseppe Pitrè,1841 – 1916 ) , ne sono seguite ulteriori versioni, alcune legate alla specificità culturale delle diverse regioni d’Italia, e viene ancora divulgata nella letteratura per l’infanzia ( i testi ai quali si farà riferimento sono accessibili online ).
E’ frutto di una ricerca condotta a livello personale, sulla base di una memoria  scolastica ( era presente nel testo di lettura delle scuole elementari) che ha lasciato un segno indelebile nella personalità di una bambina che , come sempre accade, interiorizza i contenuti didattici per farne uso nella vita ( schola magistra vitae ).

2.1 Il contenuto della favola, il motivo  della scelta
La favola , per la quale usiamo il titolo La ricottina di Matilde, sia per   memoria personale che per la necessità di unificare le diverse versioni, è stata scelta perché indicativa di alcuni stereotipi culturali ancora oggi vivi e diffusi, che hanno in essere i seguenti obiettivi:
·      limitare nelle donne la capacità imprenditoriale ed in generale di azione nei contesti extrafamiliari
·      bloccarne l’evoluzione e la crescita sia economica che personale
·      impedire il ricorso all’immaginazione ( strumento posseduto dalle donne in maggior misura rispetto agli uomini) che trae energia psichica dal desiderio
·      preservare il ruolo femminile di donna/madre e di custode del focolare familiare.

2.2 Seguono le diverse versioni della favola. Ciascuna, oltre ad avere un titolo differente, trasmette un invito morale ( a volte indicato come monito alla fine del testo ) che dà spazio ad interpretazioni che, se pur simili, possiedono letture specifiche .

Matilde e la ricotta  (versione originaria)

C'era una volta una donna  chiamata Matilde, che non aveva da mangiare. Dice così — È meglio ch'io vada da quel contadinaccio per vedere se mi da una ricottina; quando me l'ha data, io vado alla città e la vendo.
Va da questo contadino, e lui le dà una ricottina. Quando ha preso la ricottina, fa una corollina di felce e se la mette in capo. Quando è per la strada, pensa: — Ora vado alla città, vendo la ricotta e piglio due soldi. Con questi soldi comprerò due ova; queste ova le metterò sotto la chioccia, e nascerà du' pulcini: poi di questi pulcini farò due bei pollastri, due polli grossi grossi. Quando li avrò fatti grossi, li venderò, e comprerò una agnellina. Dopo, l'agnellina mi figlierà, e mi farà due agnellini; li farò belli grossi grossi: comprerò una vitellina; questa vitellina, quando sarà fatta grossa, la venderò e comprerò due vitelli. Quando questi due vitelli saranno fatti grossi, li venderò e mi farò una bella casina; in questa casina ci sarà un bel terrazzino, mi ci metterò a sedere, e la gente che passerà mi di­rà: «Signora Matilde... - E qui lei fece una riverenza... e la ri­cotta schizzò in mezzo alla strada.
Giuseppe Pitrè (1841 - 1916)
La favola di Donna Matilde
C’era una volta una signora che si chiamava Matilde ed aveva una pecora che faceva tanto latte. Un giorno fece un bel cesto di ricotta, se lo mise in testa e si avviò per andare a venderla al mercato.
Strada facendo pensava:
<<Dopo aver venduto questa ricotta, comprerò tanti pulcini, li crescerò e, quando saranno dei bei polli, li venderò e comprerò altre pecore che faranno tanto latte, allora potrò vendere ancora molta altra ricotta e formaggio e così piano, piano diventerò ricca, e comprerò un palazzo grande, mi chiameranno “Donna Matilde” e la gente quando mi vedrà mi saluterà con un inchino.>>
Così pensando si chinò, la ricotta cadde per terra ed il suo sogno finì con un pianto.
Passò una sua amica che le domandò perché stesse piangendo e lei rispose:<<Volevo comprarmi tante cose vendendo questa ricotta ed è caduta tutta per terra.>>
<<Non si possono fare progetti se non si hanno i soldi in tasca.>> Rispose l’amica.

C’è una contadina che si chiama Marietta. La contadina aiuta sempre un suo vicino pastore e un giorno, il pastore, le regala una ricotta. Marietta è molto contenta, prende la ricotta, la chiude in un cestino e mette il cestino sulla sua testa.
Mentre cammina per tornare a casa, Marietta pensa: «Ora vendo la ricotta e con i soldi compro una gallina. Poi faccio fare molte uova alla gallina, le vendo e con i soldi compro un coniglio. Faccio fare molti cuccioli, al coniglio, li vendo e con i soldi compro un maiale, lo faccio ingrassare e lo vendo, con i soldi compro una mucca. E così guadagnerò tanti soldi per comprarmi una bella casa, abiti eleganti e tutti mi saluteranno con un inchino! Così!»
Marietta si dimentica di avere la ricotta sulla testa, si inchina e la ricotta le cade e si rompe.

 E con lei si rompono tutti i suoi sogni.

Donna Matilda e la ricotta
Questa è la storia di "Donna Matilda" una poveretta che viveva di elemosina.
Un giorno le venne regalata una ricotta, e lei tornando a casa  portava, come si usava fare tra le donne calabresi, questa ricotta in equilibrio sulla testa.
Mentre si incamminava felice verso casa, pensava a cosa potesse ricavare "dall' investimento" di questa ricotta.
 Venduta la ricotta poteva ricavare dei soldi con i quali  comprare un uovo da cui sarebbe schiuso un pulcino. Divenuto gallina avrebbe fatto delle uova ed altri pulcini ,  così vendendo pulcini e uova si sarebbe potuta comprare un vitellino, che divenuto mucca avrebbe fatto del latte ed altri vitelli.
Dal ricavato della vendita del latte e dei vitelli, Donna Matilde sarebbe diventata ricca, ricca al punto che quando le persone la vedevano per strada  l'avrebbero salutata con l'inchino dicendo, "buongiorno Donna Matilde".
Immedesimatasi troppo nel suo pensiero la poveretta si inchinò anch'essa facendo cadere a terra la ricotta. :scrocco:
Morale della storiella, non fare mai progetti per un futuro lontano se non si hanno delle certezze, altrimenti si rischia soltanto di soffrire.

La  ricottina della Sig.ra Matilde
Come spesso era solita fare, anche quella mattina la sijora Matilde uscì dalla sua casa di campagna per recarsi al mercato in città dove vendere qualche prodotto da lei stessa preparato; portava infatti sulla testa un cestello in cui era avvolta ben bene una bianca, fresca, ricotta.
Durante il  cammino pensava tra sé: venderò la mia  ricotta e con quello che guadagnerò potrò comprarmi una bella gallina.
Venderò tante uova ogni settimana finché potrò comprarmi un vitellino.
Quando sarà  cresciuto e ingrassato ben bene, lo venderò al mercato; così potrò comprarmi una bella casetta.
Io starò alla finestra a guardare la  gente passare. Le signore che mi riconosceranno mi diranno con un piccolo inchino: "Buongiorno Signora Matilde".
Ma nell'immaginare questo gesto di ossequio, la signora Matilde chinò il capo e la ricottina scivolò per terra spiaccicandosi e sporcandosi sulla strada.  
Fine della storia.

3. Analisi della favola
Con il gruppo è stata utilizzata la figura stimolo a seguire. Si sono raccolti i vissuti delle donne partecipanti, le esperienze di vita che le medesime intendevano condividere, le analisi individuali e quelle emerse nel percorso di gruppo rispetto ai temi del pregiudizio, dello stereotipo socio culturale e delle limitazioni imposte alle donne ( rif. “ La teoria dei ruoli sociali” ,Eagly, 1987).


La striscia  animata da disegni colorati, è stata scelta poichè  pone in evidenza i quattro ambiti ed i relativi  messaggi che la favola, che si rivolge in maniera  diretta alle donne ( sicuramente la platea preferenziale è quella delle bambine, poiché è ad esse che ci si rivolge con il linguaggio delle favole ) intende veicolare*:
·      il presente
·      il progetto
·      il desiderio ( il futuro desiderato attraverso il sogno)
·      la realtà

*quanto segue è frutto delle analisi e delle riflessioni del gruppo

Il presente
Il presente mostra una realtà semplice, un paesaggio naturale che si riferisce  ad una società rurale. Nel disegno  è raffigurata una ragazzina, non ancora donna ma in età puberale, fase in cui si accendono i desideri  e si inizia ad elaborare una progettualità  individuale che riguarda il proprio futuro.
In questa maniera il messaggio viene indirizzato in maniera specifica al target  evidenziato.
Il progetto
Quasi come in un business plan vengono rappresentati gli elementi e le varie fasi del progetto: il capitale da investire, le attività in previsione , la produzione, il piano di realizzazione.

Il desiderio e il sogno
La nuvoletta, in cui sono inseriti gli elementi del progetto, ne indica la caratteristica: il sogno. Nel percorso progettuale /onirico, il desiderio è il punto di arrivo : la bella casa che rappresenta il conseguimento del prestigio oltre che economico, sociale.

La realtà
La ragazzina viene raffigurata mentre compie il gesto dell’inchino , che porta inesorabilmente alla distruzione,crudele ed irrecuperabile, del progetto - sogno - desiderio.

4. Conclusioni

Prima di esporre una breve sintesi delle conclusioni alle quali è giunto il gruppo,intendo aprire una parentesi personale.
“La ricottina di Matilde”, della quale ho conservato un ricordo perenne perché fin dalla prima lettura, in quarta elementare,sono stata colpita dal messaggio, per me negativo, che veicolava, ha per lungo tempo bloccato i miei sogni - desideri di espansione e di crescita. Per lungo tempo nel mio immaginario anche da adulta,  ritornava la ricottina e la sua fine miserrima  quando intraprendevo nuove iniziative o davo spazio alla creatività. Tuttavia ad un certo punto ha prevalso l’energia positiva  e la forza delle realizzazioni che hanno origine nello spazio privilegiato del sogno-desiderio, come in una sorta di reazione  liberatoria.

Il gruppo ha rilevato:

  • ·      che la favola veicola messaggi di tipo “bloccante” per le donne ed ha origine in un’epoca in cui le donne iniziavano a far valere i propri diritti in favore di nuovi  ruoli da vivere  oltre la madre/moglie
  • ·      i moniti alla fine del racconto non danno  spazio a possibilità di recupero o cambiamento, e lasciano la malcapitata da sola con le sue angosce, colpevole di aver sognato e desiderato
  • ·       il messaggio poteva essere ridefinito in maniera positiva, dando alle donne la possibilità di essere più accorte e di non lasciarsi trasportare dal sogno tanto da annullare totalmente la ragione.
  • ·      il punto di incontro fra la razionalità maschile e la capacità immaginativa femminile, è una terza via, dove entrambi si possano appropriare degli strumenti idonei a realizzare una sintesi, che apre alla vera  parità ed alla condivisione dei ruoli.  




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Bibliografia
-       Mead G.H., Mente, sé e società, Giunti, 1934
-       Gianini Belotti E, Dalla parte delle bambine, Feltrinelli,1973
-       Biemmi I.,Educazione sessista. Stereotipi di genere nei libri delle elementari, Ed. Rosenberg & Sellier, Torino 2010



Brindisi 21/08/2020                            Iacopina Maiolo