Italia21

venerdì 6 dicembre 2013

Bambini maltrattati




Secondo uno studio promosso dalla Bocconi, Terre des Hommes e il Coordinamento Italiano dei servizi contro il maltrattamento all'infanzia (Cismai) e  presentato in questi giorni , i casi di maltrattamento infantile ( solo i nuovi casi)  costano 910 milioni di euro ogni anno.  Tra i costi rivolti alla cura ed all'assistenza dei bambini   le spese sono così suddivise : per la voce ospedalizzazione la stima  è di una spesa annua di 49.665.000 euro, per la cura della salute mentale di 21.048.510 euro, per strutture/prestazioni residenziali 163.818.655 euro, affido familiare 12.648.948 euro e per il servizio sociale professionale 38.052.905 euro.
Lo studio inoltre  opera delle lungimiranti proiezioni considerando i costi che il maltrattamento infantile genera nel giovane e  nell’adulto (assumendo che l’essere stati oggetto di maltrattamento da bambini  provochi  la problematicità nell’adulto), riferendosi  alle seguenti variabili: la cura della salute da adulti,  le spese connesse alla delinquenza giovanile  ed alla criminalità adulta, giungendo a quantificare le perdite di produttività per la società ( stimate in 6.648.577.345 di euro).
Cifre da capogiro che rappresentano stime e proiezioni, ma basate su dati concreti e che dunque devono essere considerate  espressione di quella criticità che il paese attraversa.
Ridisegnare la mappa dei servizi all’infanzia  per operare nell’ottica della prevenzione primaria pare non interessi a chi regge le sorti politiche di questo paese, è infatti dal governo Monti che l’unica operazione necessaria appare la sforbiciata ai fondi destinati al welfare. Alla luce dell’evoluzione delle politiche di welfare dagli anni ‘90 in poi, con l’introduzione del concetto e delle prassi  di prevenzione (primaria, per evitare che accada l’evento temuto, secondaria e terziaria per l’intervento di riduzione del danno a seconda dell’intensità e della gravità della manifestazione ) e con gli interventi di empowerment per educare  alla promozione delle risorse e delle strategie individuali al fine di rafforzare la capacità degli stessi individui di operare una prevenzione direttamente nei propri percorsi di vita, gli anni correnti rappresentano  forse la più grave involuzione sociale, psicologica (quella  economica è l’unica ad essere riconosciuta) mai accaduta nella storia dal secolo scorso , e ciò malgrado si siano attraversate due guerre mondiali con eventi di incredibile annientamento e ferocia.
Mi spiego meglio: il percorso verso la civiltà, il processo di civilizzazione che l’umanità ha iniziato  dalla sua nascita ( i cui albori sono stati segnalati dalla comparsa della specie Sapiens) è stato caratterizzato da un progresso quantomeno ideale, ( quando le contingenze  non lo permettevano ) verso condizioni di vita  migliori. Intendo dire che l’obiettivo etico ed il senso del divenire storico verso la civiltà non veniva mai negato, cioè persisteva, malgrado la realtà negativa, in uomini e donne , gruppi sociali  che ne erano portavoce assidui, costanti e temerari.
Oggi assistiamo purtroppo ad una regressione proprio del senso etico e delle conquiste nel settore umano esistenziale , con una discrepanza mostruosa fra questi aspetti che caratterizzano la società globale e le acquisizioni delle scienze (medica, tecnologica, strumentale etc..).
Ogni situazione viene vivisezionata  e ciascuno di quelli che contano (nella politica, nell’economia, nei saperi, nella sfera sociale) costruisce il proprio territorio di conquista traendo vantaggi per sé o per il gruppo sociale di appartenenza.
E’ andata perduta la tensione morale che dovrebbe caratterizzare gli uomini che si occupano dell’umanità, , forse la ritroviamo solo in quelli spot ( caroselliani )   che trattano di beni da consumare o da produrre, magari a discapito dell’ambiente e dell’ecologia umana (ambiente naturale e psicosociale).
Ecco che  la proposta di  inserire la prevenzione del maltrattamento infantile all'interno del Piano sanitario nazionale e del Piano nazionale di prevenzione sanitaria, e di promuovere un Piano nazionale integrato di prevenzione del maltrattamento sui bambini” , che emerge dallo studio citato, suona  distorto e disarmonico come la melodia di un’arpa in contrapposizione a grancassa e trombone.
In un mondo ove l’infanzia ha perso le caratteristiche di purezza e fragilità, cioè dell’essere oggetto di cura, amore ed attenzione per il bene comune  presente  e futuro dell’umanità , se non regrediamo , in un paradosso evolutivo, verso forme di vita  più consone ad una società civile e progredita, niente sarà più possibile.

Brindisi,05/12/2013                                  Iacopina  Mariolo

venerdì 20 settembre 2013

Donne in prima linea : Paola ed Eleonora



Non si arresta l’orda dei femminicidi ma era inevitabile che accadesse poiché tutto procede immutato , ovvero enfatizzato da fenomeni di massa quali l’imitazione, la liberazione catartica di istanze represse, la motivazione sociale che trasferisce nella differenza di genere le frustrazioni legate al ruolo maschile  tipiche di un contesto gravemente provato dalla crisi economico /esistenziale

Paola ed Eleonora entrambe medici, l’una psichiatra l’altra ginecologa tragicamente unite da quello che possiamo definire un martirio.

Morte in servizio, nell’atto di esplicare  la propria professione con dedizione , presenti fino all’ultimo respiro , travolte da qualcosa di indicibile, inatteso e  non ricercato con l’inadeguatezza dei comportamenti.

Se esiste una scala del dolore  queste esperienze si collocano all’apice  per l’insensatezza, l’orrore, l’astoricità del gesto aggressivo quasi retaggio medievale dell’orda barbarica che insanguinò i sentieri percorsi dalle donne.


Il senso di impotenza che travolge gli affetti vicini alle due donne, è immane , quale spazio per la rielaborazione di simili tragedie?

Se di Eleonora non ho memoria perché a me sconosciuta fino al giorno della sua perdita, di Paola conservo un ricordo vivo e speciale allo stesso tempo.

Sorelle nel percorso di formazione  post lauream in psicoterapia

(il gruppo di formazione diviene un surrogato della famiglia originaria e su di esso si trasferiscono emozioni, conflitti , gioie e dolori che appartengono al vissuto familiare dei singoli. Non a caso Paola ha anche  il nome della mia sorella reale ) abbiamo condiviso un cammino  lungo cinque anni.
Ciò che di lei conservo, le memorie, rimarranno gelosamente chiuse  ed inaccessibili  come reliquie in una teca solo a me visibile.

Per il resto accettiamo la realtà, cioè che non ci siano spiegazioni valide  e plausibili, né onori , encomi, restituzioni possibili a compensazione  del dolore che la tragedia ha provocato.

Eppure per rielaborare una perdita almeno quel tanto che basti per continuare a vivere una nuova quotidianità, è necessario dare un senso all’accaduto., ed inserirlo in un percorso evolutivo  di sublimazione e superamento.
Non so ancora quale possa essere, per ora mi auguro che si accertino le responsabilità che in termini di superficialità e disinteresse, hanno reso possibile la perdita traumatica della cara Paola, una psichiatra  dotata oltre che di professionalità, di una  grande umiltà devota al dolore psichico degli altri
Un saluto ed un abbraccio eterni…
                                                                    Iacopina Mariolo
Brindisi,19/09/2013

martedì 13 agosto 2013

Morire a 14 anni




Morire a 14 anni per un problema di identità sessuale. . . ed i media che fanno? Optano per un uso strumentale della notizia,  al confine fra il titolo ad effetto ed il suo contenuto politico. Di conseguenza non c’è stato giornale o tg che non abbia riferito l’episodio annoverandolo fra i disagi dei gay che non vedono riconosciuti i propri diritti o lo stand- by delle leggi sull’omofobia.



Ci siamo chiesti chi fosse realmente quel ragazzo appena quattordicenne?

Nel percorso adolescenziale la conquista dell’identità è a volte come la scalata dell’Everest…la si conquista  con la fatica ed il sudore che richiedono le grandi imprese: passo dopo passo superando ostacoli, brusche interruzioni e deviazioni dal sentiero.

Costruiva la sua identità , era alla scoperta del suo orientamento sessuale  in una fase in cui sfido chiunque a non aver avuto almeno un dubbio all’epoca, un pensiero che si insinuava talvolta fra le pieghe della coscienza creando non pochi tormenti: - non sarò omosessuale? Lesbica o gay? -



Tutto è quell’età tranne la fase delle certezze.

Bisognava che qualcuno glielo dicesse, che lo tranquillizzasse, che gli rimboccasse le coperte o gli offrisse un gelato suggerendogli che spesso l’adolescenza genera confusione e che l’ambiguità deve essere tollerata  in attesa di conferme che verranno come  consapevolezze in un momento in cui si riesce a tollerare un’eventuale differenza senza esserne travolti  giungendo all’autodistruzione.



Poveri ragazzi, generazione abbandonata  a genitori multimedia  che rispondono con voci robotiche dal multi caos di una chat o di un social ( si fa così per dire) network, identità iconiche , stereotipi di un niente che affonda le radici nel disagio globale di un' umanità in delirio .



Lui si rivolge al web, giovane eroe all’inizio del suo viaggio, e questi gli risponde da mostro ciclopico  amorale ed acefalo, rendendogli conto della sua non esistenza, disconfermando quanto realmente egli è, ed avviandolo verso il percorso estremo della rinuncia a quell’identità che aveva iniziato a costruire che culmina nella distruzione e nell’annientamento di sé.



Hanno i nostri ragazzi e ragazze un luogo ove potersi rivolgere solo per parlare od esprimere i propri dubbi o paure?

 Forse no, perché deve essere altro dalla parrocchia (oratorio o affini) per le ovvie compromissioni legate all’ideologia religiosa, altro dalla scuola per non confondere  ruoli e compiti degli insegnanti che non potranno mai diffondere una genitorialità a largo spettro ( a tutta la classe), altro dai servizi sanitari (consultori, centri di salute mentale, luoghi di cura della salute psichica quali i centri di psicoterapia) e dai servizi sociali, spesso paladini difensori di una normalità  che giudica e punisce.



Bisogna procedere alla disintossicazione dal  cyber  quasi  fosse  sostanza dopante, creando  per i nostri adolescenti luoghi  ove possano scoprire la normalità  del comunicare, che è fatto di ascolto  e partecipazione, esser emittenti e riceventi  di un dialogo ove i feedback siano rappresentati dal sorriso, la pacca sulla spalla, un abbraccio o perché no uno” spintone” per esprimere il conflitto, al posto di quei deliranti emoticon stereotipi  anaffettivi dell’atarassia   e dell’indifferenza.



Non so se la partita è persa, devo essere realista, ma ho sempre creduto che ad una fine drammatica segua un buon principio  per la legge della compensazione e dell’armonia che in qualche maniera guida i sistemi viventi 
( umani e naturali) e se questa è già la fine , nel ciclo vita morte non può esserci che una nuova vita, alba di un’umanità migliore.



Brindisi, 13/08/2013                                                           
                                                            Iacopina  Mariolo


martedì 25 giugno 2013

Il principio di sussidiarietà



Viviamo in un contesto ove la sussidiarietà ed il principio relativo (principio di  sussidiarietà.) non hanno trovato la piena  applicazione a cui era lecito auspicare prevedendo per la nostra società il giusto cammino evolutivo .
Frutto della sintesi ottimale fra welfare, economia ed approccio umano/ esistenziale, il principio di sussidiarietà compare ed è regolato dall’articolo 118 della Costituzione italiana e trova spazio in una legge di intervento sociale, la   legge quadro 328/2000.
Proposta di approccio integrato che al suo interno prevede i cosiddetti “piani di zona”, ha nell’obiettivo del legislatore la possibilità di coniugare l’intervento con la promozione delle risorse  sociali, umane ed  in un certo verso  anche economiche, prevedendo al suo interno un motus proprio per i vari interventi , non più universali ( vedi le leggi precedenti di intervento sociale) ma calati in un contesto di riferimento specifico ( fattori sociali, economici , disagio e richiesta  di interventi di sostegno ).
 L'articolo 118  citato della Costituzione , prevede  che "Stato, Regioni, Province, Città Metropolitane e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio della sussidiarietà".
Il  principio implica che le istituzioni  realizzino le condizioni necessarie per permettere alla persona e alle aggregazioni sociali di agire liberamente nello svolgimento della loro attività per il bene comune : qualora l’istituzione debba intervenire per una necessità o problema emergente, , tale apporto deve essere  temporaneo e volto non appena possibile  a restituire l'autonomia e la responsabilità dell’azione al segmento sociale a cui è rivolto.
In sintesi il principio di sussidiarietà dovrebbe essere volto alla promozione    delle risorse individuali, sociali ed economiche grazie all’aiuto ed all’intervento     congiunto delle parti che entrano in causa in una particolare problematica  emergente.
Le esperienze ormai ampiamente collaudate di cittadinanza attiva, di cittadini che applicano il principio di sussidiarietà  prendendosi cura dei beni comuni, motivati non dall’interesse privato ma da quello generale, in maniera solidale e responsabile, hanno segnato il passo  nella evoluzione dell’ultimo decennio. 
Oggi, sopraffatti dalle ombre  e dai fantasmi della crisi socioeconomica, con il taglio dei fondi destinati al welfare , assistiamo purtroppo ad una chiusura involutiva in favore dell’individualismo proprietario e ad un abbandono del percorso di solidarietà   fin qui intrapreso.
 Sarebbe da chiedersi che fine abbia fatto non solo il principio, ma la morale ispiratrice , il senso etico che racchiude in sé, in una società sempre più individualista , privatistica  ed egocentrica come la nostra.
Se i nostri condomìni , gli ambienti di lavoro, la società in genere pullulano  di conflitti esacerbati all’insegna della distruzione dell’altro al solo fine del conseguimento del proprio interesse; se viviamo in un clima di sospetto e di reciprocità di odi ed aggressioni, la conclusione è una sola : se alcuni nostri comportamenti sono ancora  improntati a manifestazioni di vero e proprio cannibalismo , abbiamo imboccato un sentiero regressivo che fa di noi l’opposto degli esseri civilizzati e dotati di quelle caratteristiche legate all’appartenenza alla specie degli homo  Sapiens  alla luce di una evoluzione durata 200.000 anni circa     ( in tale epoca fa la comparsa la specie sapiens) .
A coloro che professano le varie religioni, ricordo che  ad esempio il Padre nostro ha come versetto primario e significativo il “ rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori ” che indica come la strada della reciprocità e della conciliazione fra il dare e l’avere sia un importante passo verso la possibilità di ottenere il pane quotidiano e la liberazione dai peccati ( dagli errori ).
Quali soluzioni? Non perdiamo l’autocritica , quel senso di valutazione dei nostri comportamenti che segue la logica umanistica dell’esistenza (e dell’esistente), insegniamo ai piccoli il giusto senso della reciprocità delle azioni e della misura umana.
 E non pensiamo per un solo istante che non ne valga la pena!
Per superare l’oscurantismo dobbiamo credere che possa tornare la luce e ciò malgrado le apparenze o quanto affermano i molti .
Nessuno di noi (speriamo) vorrebbe regredire ai comportamenti   
dell’australopiteco !


Brindisi, 25/06/2013                                  Iacopina  Mariolo

venerdì 3 maggio 2013

Un tragico destino in una mattina di sole




Due uomini si sono incontrati sulla scia di un disagio che li ha resi  partecipi di un destino tragico per entrambi, nell’estremo significato che i termini di vittima e carnefice  assumono  nel contesto dell’evento.
Un matrimonio finito li unisce  se pur l’uno nella tragica fine non voluta o cercata come invece per il secondo, separazione avvenuta nei confini del normale e possibile  ciclo vitale  di una  coppia.
Entrambi avranno rivolto, quella mattina, un pensiero alla propria moglie assente anche  se con diversa inclinazione e profondità di pensiero, dovendo l’uno, il carabiniere, superare le distanze fra la materia e lo spirito, e l’altro, l’attentatore, graffiare la coscienza per torti esternati nei confronti dell’ex moglie o subiti.
Pensarli, entrambi intenti  nei riti quotidiani di pulizia, l’uno che indossa l’uniforme con cura  ed attenzione ai particolari e l’altro non meno attento ai dettagli di un abito elegante e di buon taglio, ha un che di grottesco  e di struggente insieme. Così vicini eppure tanto distanti da essere l’uno un tutore dell’ordine  e l’altro un attentatore alla vita altrui, cioè un omicida potenziale per scelta.
Come in un rewind il cuore vorrebbe riscrivere quella giornata nata all’insegna del sole , una possibile giornata di incontro per i due uomini, tanto lontani eppur così potenzialmente vicini.

Un saluto, una possibile chiacchiera, uno sfogo per l’uomo armato ma ancora nella possibilità di retrocedere dal gesto estremo:

- Ciao, da dove vieni? Io da Rosarno, ho viaggiato in macchina ed ora sono qui  ma  non so perché. Spesso mi sento confuso e molto triste ..è per via del fallimento del mio secondo matrimonio, ho perso il lavoro ed ho l’ossessione del gioco. Che razza di esempio per i miei figli!
-        Ciao io vengo da Prato  ed è stata una levataccia questa mattina nella caserma, ma il sole mi ha dato allegria, nel sole ho trovato un po’ di lei, mia moglie, sai non è più con me da circa tre mesi…cioè è morta. Era ancora  giovane per morire . Anche io a volte mi sento triste e confuso e poi economicamente non me la passo strabene, forse non lo sai ma la crisi ha travolto anche il mio settore. Se mi aspetti più tardi andiamo a bere qualcosa, abbiamo delle affinità e potrebbe, perché no,  nascere un’amicizia.


La cronaca riferisce che intorno  alle ore 11.40 in quella mattina di sole del 28 aprile del 2013   l’attentatore ha sparato : il carabiniere ferito gravemente al collo ad oggi è in prognosi riservata    e non si sa se riprenderà l’uso  degli arti .

E’ in questi momenti che vorremmo poter invocare la misericordia di Dio per poter curare le ferite ed il dolore per quell’amicizia mai nata e mai pensata.
Auguri di pronta e totale guarigione ai feriti, il nostro affetto giunga in particolare a Giuseppe che necessita di particolari attenzioni.
 L’attentatore come è giusto che sia affronterà , da uomo adulto, le responsabilità del suo gesto scellerato.

Brindisi, 02/05/2013                                     Iacopina Mariolo


giovedì 14 febbraio 2013

Vite negate



 Accade, ancora, nel 2013.
Per una sorta di regressione storica, un involuzione del cammino verso la civiltà.
A.     è  stata allontanata dalla mamma, ha solo sei anni ed è vissuta con la mamma dalla nascita. L. non ha commesso reati, ha cresciuto la sua bambina che  risulta essere intelligente e normodotata in tutte le manifestazioni comportamentali ed affettive. L. è stata istituzionalizzata a lungo e mai avrebbe voluto che la sua bambina potesse vivere tale sofferenza di distacco  dagli affetti.
A. non vede la mamma da più di un mese, di colpo, è stata  prelevata a scuola ed accompagnata in un luogo di confino, senza preparazione od annunci, né per lei né per la mamma.

Si nasce  ricchi per predestinazione, figli di genitori dotati del giusto corredo della genitorialità sana  e capace, promettenti virgulti pronti a svettare  come giovani querce, in un futuro che promette successi e conquiste. Qualche incidente di percorso può capitare, ma rientra nella casualità della quale nella vita bisogna tener conto.
Dall’altro lato si nasce poveri, figli di famiglie con genitorialità disagiate ed incapaci, arbusti distorti per il poco nutrimento e calore.
Le vite negate dunque appartengono a questa seconda categoria, che genera bimbi e bimbe infelici, se son fortunati sufficientemente sani fisicamente , ma con tare ( qualcuno le definisce ancora in questa maniera ) di vario tipo a seconda dell’area compromessa da quella cognitiva all’affettiva , alla relazionale etc..
Questo approccio segue la logica dell’intervento sociale che vigeva fino agli anni ’50, per cui appariva un gran bene riuscire a bloccare l’inevitabile catastrofe sottraendo i minori, ritenuti figli di genitori indegni perché non dotati di quella genitorialità che si riteneva fosse esclusiva di quel ceto che possedeva abbondantemente i mezzi di sussistenza  sia fisici che psichici.
Assistenti sociali come  battagliere crocerossine  e medici ( la categoria degli psichiatri e degli psicologi allora non esisteva come strumento nelle cause di sospensione della potestà genitoriale) all’unisono combattevano la lotta contro le cattive famiglie, i brutti genitori e quella che veniva definita la  bestialità di tali nuclei familiari, allontanando ( termine ancora in vigore) i figli (bimbi e bimbe) per istituzionalizzarli o renderli hic et nunc adottabili.
Dagli anni 70 in poi, la società civile ha iniziato ad interrogarsi sui principi dell’assistenza e dell’intervento sociale, costruendo nuovi approcci , che tenessero nella giusta considerazione aspetti quali la promozione sociale , l’empowerment ed il cambiamento possibile , fornendo mezzi adeguati materiali e spirituali (fisici e psichici) agli individui .
Con l’apertura dei consultori familiari (strutture sanitarie al servizio delle famiglie), che nascono  formalmente nel 1975 con la legge 405, ma  che sono stati  istituiti con tempi e modalità diverse nelle varie regioni e che in Puglia, hanno circa 30 anni, sorgono istituti quale  ad es. l’affido temporaneo, che rappresenta l’alternativa terapeutica all’allontanamento definitivo dal nucleo originario con la messa in adozione, infatti i genitori affidatari funzionano da stimolo, confronto e crescita per  i genitori naturali. Obiettivo dell’affido è la restituzione dei figli al nucleo originario, posto il superamento, anche se parziale, delle problematiche iniziali  della genitorialità.
Con la chiusura delle strutture definite un tempo istituti per l’infanzia ( o orfanatrofi) e la sostituzione(avvenuta progressivamente nell’ultimo decennio ) con case-famiglia e di accoglienza anche per le madri ed i figli, si è focalizzata l’attenzione sul bisogno del minore di avere intorno a sé famiglia, con la possibilità di vivere relazioni sostitutive del nucleo familiare  ove questo venisse  a mancare.
Parallelamente , le strategie del welfare si sono occupate dei nuclei familiari definiti multiproblematici, che racchiudono un disagio multi generazionale, che sembra non avere mai possibilità di terapia e recupero.
Interventi quali l’allontanamento dei figli dal nucleo originario/ il controllo invasivo  da parte dei servizi posti a tutela dei minori/ l’incapacità di contestualizzare ogni intervento ponendolo in una gradualità di obiettivi dal breve al lungo termine e la difficoltà ad empatizzare con il nucleo familiare ritenuto sempre attore del disagio e mai  vittima, sono stati messi da parte in favore di politiche sociali volte alla promozione, al recupero delle parti sane e delle risorse che le genitorialità possono essere messe in grado di esprimere.
Solo così si può interrompere la multiproblematicità di tali famiglie, che possono dunque liberarsi da quello stigma che pare agire di generazione in generazione come una maledizione.

L.è disperata perché sa che A. sta soffrendo ma più persone si stanno adoprando affinchè la figlia sia restituita alla madre, anche se qualcuno ha posto in giudizio  il suo  presunto grado di maturità.
Oggi il mio San Valentino lo dedico a loro.



Brindisi, 14/02/2013                                          Iacopina Mariolo