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domenica 20 gennaio 2019

Con tutto l’amore possibile: quali sentieri, oggi, per dare e ricevere amore.



 
 
E ’il caso di chiedersi se l’amore sia una capacità intrinseca all’individuo, incastrato nel DNA come i tratti somatici o le urgenze del temperamento che spesso dirige con impeto le azioni e i comportamenti umani oltre la volontà del singolo.
Oggi ancor più appare necessaria la comprensione e la risposta al quesito, poiché il termometro emozionale della società attuale indica uno stato di apatica partecipazione se non assenza dei sentimenti.
Non solo l’empatia, cioè la capacità di comprendere quanto l’altra persona provi a livello emozionale è diventata tanto rara da essere classificata come debolezza o ingenuità dettata da altruistiche tendenze ormai fuori moda, ma l’amore in sé e le sue manifestazioni sono state relegate a iconiche rappresentazioni di faccine sbaciucchianti o a fiumi di cuoricini, tutti identici nella forma e nel significato.
E’ anche di  tendenza riconsiderare la parola amore come inutile orpello del vocabolario italiano, privilegiando l’uso di termini  quali: io, denaro, sicurezza, forza, vittoria, potere, grandezza…
Non è che il termine amore in assoluto non venga più  usato, ma la sua essenza è venuta meno e l’uso che se ne fa è mirato al consumo in occasione di festività e ricorrenze alla cui base c’è una relazione affettiva ( dalla festa della mamma e del  papà, alla festa degli innamorati ovvero San Valentino..)il tutto con  criteri mirati al consumo ed al profitto.
Inoltre vige una regola sui social, dell’emozionare ed emozionarsi con frasi ad effetto, video ed affini, il cui contenuto è spesso l’amore ed i suoi derivati. Per carità, tutti noi, pena l’esclusione dalla vita civile, ne facciamo uso, ma la consapevolezza dei limiti di queste modalità di comunicazione è essenziale per mantenere un sano e corretto esame di realtà : l’amore qui descritto non è il sentimento che scuote  e muove le nostre anime nella vita reale, rappresenta solo una sterile espressione multimediale dell’idea che abbiamo dell’amore.
Ma torniamo al quesito iniziale: il senso dell’amore è innato nell’essere umano?
Se già per Aristotele ( IV sec. A.C.) l’essere umano è un animale sociale poichè calato in contesti di relazione e pertanto tendente all’aggregazione con altri individui per costruire la società, la domanda, per quanto possa trovare una risposta alla luce di recenti studi e ricerche in ambito  psicobiologico, appare superflua, visto che nessuno di noi nasce e vive in foreste della Papuasia allevato da un branco di scimmie ( sebbene tali episodi siano accaduti ),  pertanto l’amore ed i suoi affini e derivati, in quanto strettamente correlato alle relazioni umane, può far parte di noi fin dalla nascita.
L’ipotesi è legittima, in quanto bisogna chiamare in causa altri fattori, quali la qualità dell’accudimento che ci viene riservato quando siamo neonati, le modalità educative a cui siamo sottoposti negli anni che caratterizzano la nostra crescita.
Quindi, se il processo di attaccamento ( per approfondimenti  è di John Bowlby 1907-1990 la teoria dell' attaccamento, per la quale il  processo di cura che l’individuo riceve dalla nascita e nei primi anni di vita,  ha  un ruolo centrale nell'individuo e nello sviluppo della sua personalità)si snoda lungo percorsi per così dire ortodossi, l’individuo possiede la capacità di dare e ricevere amore.
Se, comprendendo anche le esperienze traumatiche e le gravi carenze educative a cui malauguratamente possiamo essere stati esposti,  camminiamo, viviamo la quotidianità in regime di sufficiente integrazione fra noi ed il resto del mondo, conosciamo il significato della parola amore.
Dunque la maggior parte di noi, grazie a Dio, è in grado di operare scelte e liberi arbitri, fra cui l’adesione a percorsi di vita in cui l’amore abbia un ruolo fondamentale o venga, negletto, relegato in un angolo della propria anima ed espresso solo sotto il pieno controllo della ragione , senza abbandonarsi mai  a  momenti di coinvolgimento e piena adesione al sentimento d’amore.
Un esempio tratto dal vivere quotidiano
-      Un politico dotato di senso amoroso,  può affermare: non abbiamo la forza per sostenere il fenomeno dell’immigrazione, pertanto chiediamo l’intervento di tutti i paesi d’Europa, insieme dobbiamo collaborare e dare aiuto a quanti chiedano accoglienza, ma non intendo usare gli stessi migranti come merce di scambio ledendo il loro diritto all’aiuto umanitario.
Quali sono dunque i sentieri, oggi, per dare e ricevere amore?
Esiste un’unica opzione quando si tratta di faccende umane, ritenere che in ogni intenzione, gesto o azione,  l’amore possa avere il suo ruolo e quando non compare  è d’obbligo ricercarlo.   
 Brindisi, 20/01/2019                                      Iacopina Maiolo
 


martedì 28 marzo 2017

La cura : Il care-giver

Fornire supporto a chi si occupa della cura e della assistenza fisica e psichica dei propri cari  colpiti da malattie invalidanti, progressive o in fase terminale , dovrebbe essere uno dei compiti a cui dovrebbe rispondere uno stato civile ed attento alle esigenze della popolazione.
Chi di noi da una certa età in poi ( non ci riferiamo ai giovani,  essi stessi oggetto di tutela anche se in via non esclusiva, ma a coloro che si trovano ad assistere  genitori o familiari  o altri ) non è incorso in una situazione  che ha turbato l’equilibrio fisico e mentale lasciando., se è avvenuta la perdita del caro assistito, un vuoto incolmabile denso di stanchezza, paura,  dolore, confusione ?
Il termine care giver ha il significato di colui che cura , che si prende cura, assiste una persona in stato di particolare vulnerabilità, incapace di  autonomia e gestione autonoma delle proprie funzioni di vita.
Oggi assistiamo è vero al proliferare di badanti ed assistenti remunerati che a volte, oltre alla piena disponibilità offrono spesso una gestione professionale del malato, anche sulla base di percorsi formativi specifici ( la formazione in Operatore Socio Sanitario, denominata OSS è oggi fra le più richieste ) ma è giusto chiedersi se anch’essi , in quanto care giver se pur per mestiere, abbiano bisogno di sostegno psicologico, o meglio, morale.

Vivere quotidianamente accanto a chi dipende da noi per la sopravvivenza, cioè per lo svolgimento delle funzioni vitali, è compito arduo e sfibrante, che tocca  gli aspetti dell’integrità psichica ed anche fisica, essendo  in termini di dispendio di energie spesso un’attività fra le più pesanti da svolgere.

A questo punto sarebbe anche  opportuno chiedersi se tutti siamo in grado di svolgere tale compito, anche quando ci tocca da vicino poiché siamo costretti a prendere in cura un nostro caro in condizioni di fragilità fisica – psichica. Ancor più tale aspetto è da considerare qualora optassimo per la scelta lavorativa di assistente care giver, infatti non è sufficiente considerarla una possibilità occupazionale, senza tenere nella giusta considerazione la scelta motivazionale, che si accompagna a predisposizioni, talenti e capacità intrinseche alla persona .
Sono in molti nel presente così povero di opportunità lavorative  ad immaginarsi nei panni dell’assistente improvvisato magari nelle lunghe notti del malato degente ospedaliero, o dell’OSS con qualifica professionale che finalmente può ottenere il tanto sospirato contratto a tempo indeterminato presso una struttura per anziani, disabili fisici e psichici etc..
E’ superfluo ribadire che se non si possiede empatia ( capacità di entrare in contatto con il mondo di sofferenza del malato senza esserne travolti e dunque offrendo amorevole sostegno ) è opportuno seguire altri percorsi ed essere onesti con se stessi ma in particolare con quanti dovremmo prendere in cura.

Per dirla con poesia e spiegare quanto amore  debba accompagnare questo tipo di relazione di aiuto, possiamo riferirci ai testi di due canzoni d’autore scusandoci con eventuali  coautori  di cui non è diffusa la paternità : “La cura” ( Battiato ) che sebbene si rivolga in particolare al rapporto di coppia, ha un contenuto estendibile all’amorevole rapporto che deve guidare il sostegno nei confronti dell’individuo bisognoso di assistenza; “Il conforto” ( T.Ferro ).

…supererò le correnti gravitazionali / lo spazio e la luce per non farti invecchiare/E guarirai da tutte le malattie/perché sei un essere speciale ….ti porterò soprattutto il silenzio e la pazienza /percorreremo  assieme le vie che portano all’essenza…/ti salverò da ogni malinconia perché sei un essere speciale ed io avrò cura di te/io si ,che avrò cura di te ( da “ La cura” di  F. Battiato)

...Sarà che piove da luglio /Il mondo che esplode in pianto /Sarà che non esci da mesi/ Sei stanco e hai finito i sorrisi soltanto/Per pesare il cuore con entrambe le mani ci vuole coraggio/ E occhi bendati, su un cielo girato di spalle /La pazienza, casa nostra, il contatto, il tuo conforto /Ha a che fare con me/ È qualcosa che ha a che fare con me…/ Per pesare il cuore con entrambe le mani ci vuole coraggio/ E tanto tanto troppo troppo troppo amore ( da “ Il conforto” di T.Ferro).

Un abbraccio empatico  ed un caro saluto che sia di sostegno  a quanti sono oggi coinvolti in relazioni di aiuto e di assistenza con la consapevolezza dei propri limiti e delle difficoltà in itinere, ma soprattutto con la certezza che la loro vita è e sarà unica, densa e piena di feedback positivi e di ricchezza umana e morale.

Brindisi 28/03/2017                                                                                                  Iacopina Maiolo


giovedì 18 agosto 2016

Chiedimi se sono felice



Parafrasando il titolo di un noto film del 2000 del trio Aldo - Giovanni e Giacomo e riferendo l’ingiunzione ( il taglio diretto dell’espressione la rende tale , infatti non si afferma - potresti chiedermi se sono felice – ma si pone in maniera secca una condizione che più che un invito pare un comando ) alla  richiesta di comprensione che un essere umano altro da noi potrebbe richiedere, seguono alcune considerazioni sull’empatia  che si spera possano divenire spunti di riflessione in un momento storico in cui i comportamenti umani appaiono dettati da spinte emozionali volte alla distruzione più che  all’accettazione ed alla comprensione.

Il punto focale della questione è che forse ( lasciamo il dubbio ) abbiamo perso il senso umano dell’esistente e dell’esistere, trasformati in soggetti che consumano e disperdono energie psichiche in investimenti illusori  perché effimeri ( in relazione alla durata ed al significato essenziale ).

In tal maniera l’altro da noi perde la  caratteristica di soggetto , di  co-attore di uno spazio condiviso ( la relazione) e diviene per noi egli stesso oggetto : dall’identità di persona al genere di cosa ed in quanto tale da usare come oggetto di consumo per i propri bisogni ed interessi.

In questo contesto di sfruttamento e di uso della relazione umana e dei sentimenti ad essa collegati  oltre a non trovare spazio l’empatia ( dal greco ev pathos = sentire dentro , condividere uno stato d’animo od un sentimento che  prova un‘altra persona ), è bene chiedersi quale possibilità di ascolto ed accoglienza esista  per chi lancia una richiesta di aiuto…

Umanamente corretto , oltre che opportuno per il superamento del degrado e della barbarie che rendono le relazioni fra le persone improntate a comportamenti distruttivi, sarebbe , tornando alla frase  citata , chiedersi se l’altro sia felice  aprendo in questo modo  uno spazio di dialogo volto all’accoglienza di un disagio ove esistente o all’espressione di un bisogno, di un desiderio mai comunicato che di sicuro andrebbe ad arricchire la relazione .


Un altro aspetto fondamentale riguarda la fiducia che riponiamo nell’altro, e la forza (resilienza) che possediamo nell’affrontare la frustrazione  che può derivare da un rifiuto.

Chiedimi se sono felice” è quella richiesta che posso fare  in modo diretto , senza rimanere in attesa che l’altro comprenda il mio stato  emotivo e psichico ed agisca di conseguenza.



Vale la pena di provare e di non desistere , così come dice la canzone di Baglioni :

        

strada facendo vedrai
che non sei più da solo
strada facendo troverai
un gancio in mezzo al cielo….



Brindisi, 18/06/2016                                      Iacopina Maiolo

martedì 18 marzo 2014

La scuola che (s)valuta



 
Ripensando alla maieutica socratica per cui l’insegnante ha come scopo quello di sostenere il discepolo nel processo formativo che altro non è se non l’espressione di sé, l’acting out di quanto viene interiorizzato e dunque espresso in un movimento che va dall’interno all’esterno, la figura del maestro per Socrate assomiglia più ad un ostetrico che ad un dispensatore di conoscenze al fine di  valutare i meriti dell’allievo.

Quest'ultima figura, dalla  Gelmini in poi, rappresenta l’odierna classe docente e, diciamo così, la postmoderna concezione della scuola italiana e dei suoi obiettivi.

Il povero Socrate resterebbe fulminato questa volta, non tanto dalla cicuta, quanto dalla miserevole condizione in cui versa l’attuale sistema scolastico italiano; tuttavia, per onestà di conoscenza, trovo opportuno riferirmi nello specifico al contesto socioculturale di vicinanza, , quello della cittadina del Sud e del Salento ove vivo e lavoro,  Brindisi.

Dopo anni di battaglie di manziana ( il maestro Manzi di “Non è mai troppo tardi”) memoria per rendere il sapere fruibile dai molti e di battaglie condotte da illustri  pedagogisti quali Bloom e non ultimo Turner ( sulla dimensione pedagogico sociale della differenza ) che hanno  introdotto a fronte dell’uguaglianza di risultati scolastici l’uguaglianza di opportunità, che equivale a dire -  chi meno ha in partenza ha diritto ad avere di più lungo il percorso scolastico affinché possa conseguire  in modo equo i risultati raggiunti da chi ha  dei requisiti di base superiori - oggi si  sente parlare di meritocrazia  basata ahimè su degli assunti più vicini alla predestinazione  per mezzi  e strumenti  posseduti che non per meriti acquisiti con la fatica e la determinazione individuale.

Ma i meriti si acquisiscono se un insegnante cessa di essere un dispensatore di conoscenze dall’alto della sua cattedra (reale o metaforica) ed un valutatore svalutante per molti ed accondiscendente per pochi: in questa maniera  i meriti altro non sono che i privilegi di pochi.

Occorrono insegnanti al fianco dei nostri bambini e ragazzi , capaci di elaborare transfert e controtransfert che inevitabilmente entrano in gioco nella relazione insegnante allievo, che non a caso viene indicata (almeno un tempo lo era) come relazione educativa; dotati di ascolto ed empatia; in grado di usare il cuore nel rapporto con l’alunno e con la disciplina che trasmettono.

Se alla base non c’è amore per i propri discepoli , per l’attività dell’insegnamento e per le modalità con cui si esplica, è meglio cambiar rotta, trovare il coraggio di fare outplacement ( ricerca di nuove opportunità professionali ) lasciando il passo alle tantissime giovani figure  di insegnanti dilaniate da quell’amore che non possono esprimere in quanto inoccupate o precarie ( se mai ciò accade ).



Tre i punti sostanziali prima di qualsiasi riforma  del sistema scolastico

-        una preghiera al neoministro del lavoro : rivediamo  almeno il sistema pensionistico degli  insegnanti, strumento indispensabile ed opportuno per consentire il ricambio  energetico e motivazionale;

-        l’istituzione  per i docenti almeno fino alla scuola secondaria inferiore,  dell’obbligo inderogabile alla frequenza curricolare annuale a percorsi formativi   rivolti al sé dell’insegnante e non solo alla lettura dei comportamenti dell’ alunno, in  tema di ampliamento della conoscenza di sé, educazione all’ascolto, intelligenza emotiva ;

-        l’introduzione di un sistema di valutazione dell’integrità e dell’adeguatezza oltre che pedagogica, psicoaffettiva e relazionale dell’insegnante.



Anche quest’ultimo punto inderogabile  e posto a tutela dell’integrità e del benessere psicologico degli alunni e, credetemi, urgente ed indispensabile.



Brindisi, 18/03/2014                                          Iacopina  Mariolo