Italia21

martedì 13 agosto 2013

Morire a 14 anni




Morire a 14 anni per un problema di identità sessuale. . . ed i media che fanno? Optano per un uso strumentale della notizia,  al confine fra il titolo ad effetto ed il suo contenuto politico. Di conseguenza non c’è stato giornale o tg che non abbia riferito l’episodio annoverandolo fra i disagi dei gay che non vedono riconosciuti i propri diritti o lo stand- by delle leggi sull’omofobia.



Ci siamo chiesti chi fosse realmente quel ragazzo appena quattordicenne?

Nel percorso adolescenziale la conquista dell’identità è a volte come la scalata dell’Everest…la si conquista  con la fatica ed il sudore che richiedono le grandi imprese: passo dopo passo superando ostacoli, brusche interruzioni e deviazioni dal sentiero.

Costruiva la sua identità , era alla scoperta del suo orientamento sessuale  in una fase in cui sfido chiunque a non aver avuto almeno un dubbio all’epoca, un pensiero che si insinuava talvolta fra le pieghe della coscienza creando non pochi tormenti: - non sarò omosessuale? Lesbica o gay? -



Tutto è quell’età tranne la fase delle certezze.

Bisognava che qualcuno glielo dicesse, che lo tranquillizzasse, che gli rimboccasse le coperte o gli offrisse un gelato suggerendogli che spesso l’adolescenza genera confusione e che l’ambiguità deve essere tollerata  in attesa di conferme che verranno come  consapevolezze in un momento in cui si riesce a tollerare un’eventuale differenza senza esserne travolti  giungendo all’autodistruzione.



Poveri ragazzi, generazione abbandonata  a genitori multimedia  che rispondono con voci robotiche dal multi caos di una chat o di un social ( si fa così per dire) network, identità iconiche , stereotipi di un niente che affonda le radici nel disagio globale di un' umanità in delirio .



Lui si rivolge al web, giovane eroe all’inizio del suo viaggio, e questi gli risponde da mostro ciclopico  amorale ed acefalo, rendendogli conto della sua non esistenza, disconfermando quanto realmente egli è, ed avviandolo verso il percorso estremo della rinuncia a quell’identità che aveva iniziato a costruire che culmina nella distruzione e nell’annientamento di sé.



Hanno i nostri ragazzi e ragazze un luogo ove potersi rivolgere solo per parlare od esprimere i propri dubbi o paure?

 Forse no, perché deve essere altro dalla parrocchia (oratorio o affini) per le ovvie compromissioni legate all’ideologia religiosa, altro dalla scuola per non confondere  ruoli e compiti degli insegnanti che non potranno mai diffondere una genitorialità a largo spettro ( a tutta la classe), altro dai servizi sanitari (consultori, centri di salute mentale, luoghi di cura della salute psichica quali i centri di psicoterapia) e dai servizi sociali, spesso paladini difensori di una normalità  che giudica e punisce.



Bisogna procedere alla disintossicazione dal  cyber  quasi  fosse  sostanza dopante, creando  per i nostri adolescenti luoghi  ove possano scoprire la normalità  del comunicare, che è fatto di ascolto  e partecipazione, esser emittenti e riceventi  di un dialogo ove i feedback siano rappresentati dal sorriso, la pacca sulla spalla, un abbraccio o perché no uno” spintone” per esprimere il conflitto, al posto di quei deliranti emoticon stereotipi  anaffettivi dell’atarassia   e dell’indifferenza.



Non so se la partita è persa, devo essere realista, ma ho sempre creduto che ad una fine drammatica segua un buon principio  per la legge della compensazione e dell’armonia che in qualche maniera guida i sistemi viventi 
( umani e naturali) e se questa è già la fine , nel ciclo vita morte non può esserci che una nuova vita, alba di un’umanità migliore.



Brindisi, 13/08/2013                                                           
                                                            Iacopina  Mariolo