Italia21

venerdì 3 giugno 2022

C’è tempo e Tempo

 


Tempo da perdere, tempo per giocare, tempo per amare, tempo di studio, tempo di lavoro, tempo di ricerca, tempo di incontro, tempo di riflessione, tempo di analisi, tempo per sognare, tempo di gioia, tempo di attesa, tempo di vita…

Il Tempo ci accompagna fin dalla vita prenatale, nove mesi la durata della gestazione in compagnia della scansione del tempo data da colei che ci contiene: i suoi sonni, i risvegli, le attività quotidiane, ogni passo è dettato dal senso del tempo che accompagna la sua esistenza.

Sebbene il vissuto del tempo non nasca al momento del nostro ingresso al mondo, il tempo vissuto ha una scansione legata al cambio dei pannolini, alle poppate, ai momenti di cura, di gioco e di coccole, dal cambio dei pannolini alle poppate ed alle ninnenanne.

 Seguendo gli schemi educativi, le regole poste dai nostri caregiveers (coloro che si prendono cura dei neonati) nasce in noi il primigenio senso del Tempo, che andrà poi a costituirne il vissuto (la modalità soggettiva secondo la quale andiamo a percepire il flusso temporale) e gli eventuali disagi e problematiche che possono derivarne.

Se il tempo Assoluto non esiste ed è una mera costruzione teorica o una regola per dotare di ordine condiviso gli eventi, è sicuramente il tempo vissuto e la sua rappresentazione che entra nelle nostre vite e determina i nostri comportamenti.

Ecco che il ritardatario cronico da un lato e colui che anticipa ogni appuntamento con eccessivo zelo dall’altro, rappresentano due casistiche, se pur agli estremi, simili nel loro significato intrinseco: tentativi mal riusciti di controllare l’ansia legata al senso del tempo e a ciò che per noi rappresenta, sulla base delle esperienze ed i vissuti che si sono consolidati in noi.

In natura, nel mondo vegetale il senso del Tempo scorre attraverso le stagioni ed i cicli (es. aratura -semina-crescita -raccolta), nel mondo animale (del quale siamo parte in causa) le stagioni ed il clima intervengono nel determinare il flusso temporale da destinare ad azioni e comportamenti quali la ricerca del cibo, gli accoppiamenti, le nascite, l’eventuale letargo ed il risveglio, il volo, la costruzione di nidi e tane…

Ma poiché l’essere umano ha presto preso le distanze da quell’ordine naturale ritenendosi il deus ex machina, ha ben pensato di utilizzare il flusso temporale a suo uso e consumo.

Ne consegue che innumerevoli sono le attività in cui viene impiegato un tempo vacuo, inerte, nato per riempire il vuoto dei significati che spesso circonda le nostre esistenze.

Ciò malgrado l’obiettivo primo di ognuno dovrebbe essere dotare di senso e significati la nostra esistenza, che ha, come ben sappiamo, un limite temporale certo ed inevitabile.

Ed in questo contesto purtroppo spesso il tempo diviene tempo di distruzione: del mondo naturale, del vivere civile, dei diritti umani …

 

Ecco perché oggi è TEMPO DI PACE..

 

Brindisi, 31.05.2022                       Iacopina Maiolo

 

 

 

 

lunedì 11 aprile 2022

In tema di narcisismo (usi ed abusi del termine )


   


Nel linguaggio corrente, la parola "narcisismo" indica

«La tendenza e l’atteggiamento psicologico di chi fa di sé stesso, della propria persona, delle proprie qualità fisiche e intellettuali, il centro esclusivo e preminente del proprio interesse e l’oggetto di una compiaciuta ammirazione, mentre resta più o meno indifferente agli altri, di cui ignora o disprezza il valore e le opere»

(Treccani, v. narcisismo)

Assistiamo oggi ad un’implementazione del termine narcisismo, che viene usato per indicare ed indicizzare comportamenti diffusi in particolare nel sesso maschile, con l’obiettivo di delineare un tipo di personalità patologica con precipue caratteristiche ed atteggiamenti rivolti in particolare nei confronti delle donne.

Senza entrare nel merito di specifiche teorie o spiegazioni scientifiche che esulano da questo contesto, forniamo alcuni cennisull’interpretazione freudiana (Freud,1914“Introduzione al narcisismo”).

Freud pone la distinzione fra un narcisismo primario ed un narcisismo secondario (o protratto) ed elabora la seguente definizione: “Il narcisismo non sarebbe una perversione, bensì il complemento libidico dell’egoismo della pulsione di autoconservazione, una componente del quale è legittimamente attribuita ad ogni essere vivente.

La “Teoria duale dell’istinto o delle pulsioni” è basilare per il concetto freudiano di narcisismo. La teoria descrive   due tipi di pulsioni: le pulsioni sessuali, volte alla conservazione della specie e le pulsioni dell’Io rivolte a conservare ed a preservare l’individuo.

Nell’evoluzione dell’individuo, sempre nell’ottica della psicoanalisi freudiana, viene individuato un primo stadio definito narcisismo primario in cui il bambino non riconosce ancora un oggetto esterno che soddisfi le sue pulsioni (semplificando, i suoi bisogni) ma assume sé stesso (pur senza averne consapevolezza) come oggetto d’amore. E’ la fase in cui esistono in maniera amplificata le sensazioni corporee (piacevoli e spiacevoli).

Il narcisismo primario è una fase fondamentale per l’individuo, poiché   favorisce la formazione della fiducia di base, di soddisfazione di sé.

In una fase successiva dello sviluppo, prosegue Freud, le pulsioni investiranno in un oggetto esterno il loro soddisfacimento: si parla dunque di scelta oggettuale. Il bambino è pronto per riconoscere che le risposte ai suoi bisogni giungono da un oggetto esterno, cioè da chi si prende cura di lui.

Nella vita adulta, quando la realtà è frustrante o in situazioni di disagio psicologico, la libido può essere reintroiettata e tornare all’investimento originario sull’Io. Si parla in questo caso di narcisismo secondario, espressione delle nevrosi narcisistiche (termine in disuso)  in cui la libido non si dispone più agli investimenti oggettuali, e che Freud classifica come psicosi, differenziandole dalle altre nevrosi. Fra queste Freud identifica la schizofrenia, la psicosi maniaco depressiva (di uso comune oggi il termine sindrome bipolare), la paranoia.

Spostando l’ottica e considerando studi più recenti, prima di riferirci all’abuso in termini patologici che oggi si fa della presunta personalità narcisistica, è importante rilevare come si consideri “sano” il narcisismo con determinate caratteristiche. Fu anche lo stesso Freud a rilevare che: Amare se stessi è il complemento della libido all'egoismo dell'istinto di conservazione. Abbiamo tutti l'impulso di nutrirci e di proteggerci dal male…

L’idea che potesse esistere un tipo di narcisismo “sano” è stata sviluppata negli anni '70 da una ricerca di Heinz Kohut e Otto Kernberg.

 Kohut ritiene che alcune caratteristiche del narcisismo sano siano:

·         Forte senso di autostima.

·         Empatia e riconoscimento dei bisogni degli altri

·         Rispetto e amore di sé

·         Capacità di tollerare le critiche in costanza di un'autostima positiva.

·         Costanza e fiducia nel perseguimento dei propri obiettivi

·         Resilienza

·         La capacità di provare ammirazione nei riguardi degli altri e di essere ammirati.

Oggi assistiamo ad un uso forse eccessivo del termine soprattutto in relazione a gravi eventi quali i femminicidi. Il web, il mondo multimediale in genere trattano il tema del narcisismo maschile in maniera estrema considerandolo spesso causa della violenza che viene riversata oggi nei confronti delle donne, violenza che si traduce purtroppo spesso in atti estremi.

Lo psicologo americano David Thomas ha indicato una serie di tratti considerati distintivi della personalità di tipo narcisistico, ne indichiamo alcuni

·         evidente concentrazione su sé stessi negli scambi interpersonali

·         mancanza di consapevolezza psicologica (cioè conoscenza

·         introspettiva di sé)

·         scarsa o assente empatia che si traduce in incapacità di assumere il punto di vista degli altri;

·         sfruttamento degli altri per i propri obiettivi

·         negazione del rimorso e della gratitudine

·         irritazione verso le persone che non li ammirano o che tendono a sminuirne la grandiosità

·         adulazione verso le persone che li ammirano;

·         ostentazione dei propri successi

·         invenzione di successi inesistenti

Con questa breve esposizione si è inteso contribuire, cercando di non tediare chi legge, a far chiarezza su alcuni aspetti della personalità narcisistica della quale oggi tanto si parla, quasi fosse di tendenza. E’ opportuno dunque recuperare la giusta misura anche alla luce della delle ricerche e delle teorie in ambito psicologico, non lasciandosi suggestionare dalle facili interpretazioni di fenomeni complessi, quali appunto, i citati femminicidi.

In conclusione un aspetto fondamentale da rilevare è che anche in questo caso, come per le altre caratteristiche di personalità, esiste un continuum ai cui due opposti si collocano da un lato il Narcisismo caratterizzato da un senso del Sé onnipotente, atteggiamenti di  superiorità e di espansione e dall’altro, quello che possiamo definire deficit narcisistico il quale si esprime con  sentimenti di  inferiorità, impotenza e scarsa stima di sé.

E come sempre, in medio stat virtus…

 

Brindisi,07/04/2022                        Iacopina Maiolo

 


venerdì 1 aprile 2022

Uomini e donne

Assistiamo purtroppo quotidianamente ormai, all’irreparabile, al gesto estremo che conduce una donna alla morte, per mano di un uomo.

Li chiamiamo comunemente femminicidi, ma il termine corretto sarebbe oltraggio alla natura umana.

E’ non solo un’offesa alla vita ma a ciò che una donna rappresenta, nel bene e nel male, nella buona e nella cattiva sorte: madre, moglie, compagna, amante, amica, sorella, compagna di banco, compagna di cammino, collega, consolatrice, confidente ….

Non siamo qui ad indicare le cause, le motivazioni, le spiegazioni sociali, psicologiche che potrebbero sottendere a tali gesti, che se ne parli altrove ma con senso della misura, senza ricerca di audience come accade purtroppo nei talk show e nelle varie trasmissioni che si occupano di  cronaca nera. Che si abbandoni quella disposizione che tratta la tragica notizia con l’atteggiamento di chi intende lucrare sul dolore incommensurabile dell’evento, nel rispetto della dignità delle donne offese.

Siamo qui pertanto a considerare un aspetto troppo spesso trascurato se non mai considerato: in questo gesto estremo l’uomo non uccide solo la donna, ma sé stesso. Uomo e donna infatti rappresentano una natura bifronte, unità imprescindibile se pur distinta in caratteristiche precipue, cioè il senso dell’esistere di una parte è dato dall’esistenza dell’altra.

Nella teoria junghiana il maschile ed il femminile sono parti che abitano nella psiche di ognuno non da ospiti ma da residenti. Jung introdusse gli archetipi di Animus e Anima, che rappresentano le energie del maschile e del femminile presenti nella psiche di entrambi i sessi. Per Jung in ogni persona, per un corretto funzionamento psichico, deve avvenire un’integrazione fra questi due aspetti: l’uomo deve aprirsi all’accoglienza dei propri aspetti più femminili, emotivi e sensibili, ed alla stessa maniera la donna deve essere pronta ad  accogliere quelli aspetti maschili di sé legati all’assertività, alla curiosità ed alla penetrazione nei confronti del mondo.

Nel percorso di vita, e quando la personalità è sufficientemente matura, cioè ha interiorizzato nel proprio funzionamento psichico gli archetipi dell’Anima e dell’Animus, entrambi, nella loro azione individuale o nell’integrazione, rappresentano una guida nell’esplorazione di sé e del mondo.

Qualora questo processo di coabitazione non si realizzi, per scarsa consapevolezza della doppiezza della nostra natura, oltre che per carenze legate allo sviluppo, verrà ostacolato il benessere psichico individuale. e sorgeranno dei meccanismi disfunzionali con espressione di disagio e di patologie psichiche. 

E questo non è poco: perché ne deriva che il gesto dell’offesa distruttiva nei confronti della donna non può non rappresentare per l’uomo la distruzione di una parte di sé.

Brindisi,31/03/2022                    



  Iacopina Maiolo

 

 

 

venerdì 4 marzo 2022

OLTRE IL SENTIERO – pensieri ed emozioni sulla guerra –

 

Quando giunge, il conflitto bellico crea, in chi non lo vive direttamente, sbigottimento, una sorta di profondo stupore e turbamento. In chi lo deve affrontare quotidianamente nel territorio di appartenenza, emerge il terrore seguito da sconforto e disperazione.

Ho amato la pace grazie ai racconti di mio nonno, reduce dalla prima guerra mondiale, e da lui ho appreso quel disincanto che consente di andare oltre il patriottismo de “Il Piave mormorò” (canzone che esalta il  sacrificio nel nome della patria ).

Da qui la sua nevrosi post traumatica: le trincee, le granate, i compagni morti al grido di “Savoia” avevano per sempre segnato la psiche di un adolescente non ancora diciassettenne. Dai suoi racconti emergevano i vissuti di grande dolore per quanto il suo giovane animo aveva dovuto attraversare, il senso patriottico che l’aveva spinto ad intraprendere quel sentiero di guerra, un senso etico rivolto alla patria intesa come comunità di appartenenza da proteggere e tutelare, era stato offeso dal disincanto di ciò che una guerra sanguinaria come il primo conflitto mondiale ha rappresentato.  

Ecco che nel secondo conflitto mondiale non fu più in grado di sostenere l’onere dei sentieri di guerra, ma ebbe la fortuna di “servire la patria” in una remota isola dell’Albania presso un insediamento militare che aveva progettato.

Diversa la situazione di mio padre, che nella seconda guerra mondiale seguiva percorsi di guerra aerei, come marconista.

I suoi racconti narravano di una disperazione somma, dall’alto dei cieli la bellezza del deserto libico e dei suoi colori, rosati del primo mattino, aranciati dei tramonti, appariva incommensurabile, come repentina e totalmente distruttiva la fine conseguente alla battaglia aerea.

Frastuono, scoppi, lacerazioni dell’aere e dei suoi silenzi...

E’ grazie ai loro insegnamenti che ho imparato a coltivare la pace, è nella loro memoria che oggi spero che l’orda distruttiva di thanatos (il concetto freudiano di guerra inteso come impulso distruttivo che appartiene ciclicamente all’umanità) non solo abbia fine, ma che, oltre i sentieri di guerra, finalmente l’umanità intera possa costruire il sentiero della PACE. Ciò è quanto nonno Ludovico e babbo Enzo vorrebbero per tutti noi.

Tuttavia vivo nel disincanto ed oggi ho molti dubbi che ciò si possa mai realizzare.

Brindisi, 04/03/2022                  Iacopina Maiolo

 

 

martedì 15 febbraio 2022

Travolti da un insolito destino….

 


Può accadere che uno tsunami, un ciclone o qualcos’altro di simile travolga le nostre esistenze tanto da spazzare via certezze, stabilità e schemi di vita. Ciò in senso metaforico, in quanto non intendo fare riferimento a degli eventi atmosferici, ma ad alterazioni brusche vissute nel cammino delle nostre vite per eventi che riguardano aree e spazi di nostra appartenenza.

La perturbazione delle nostre esistenze può essere di diversa entità, durata e consistenza e la percezione che ne deriva è chiaramente legata a vari fattori fra cui la reale consistenza del fenomeno-evento e la nostra modalità di azione -reazione con la possibilità di mettere in atto difese note o di trovarne di nuove per il meccanismo dell’empowerment (attivazione di risorse).

Il momento storico che stiamo attraversando è da annoverare fra quelli che hanno spazzato via numerose certezze che si trovano nella nostra comfort zone,

La comfort zone viene definita dalla Psicologia cognitivo comportamentale come un’area in cui l’individuo vive una condizione di assenza di ansietà, con vissuti di benessere legati alla percezione di stabilità e di assenza di rischio e minacce. Condizione che genera il “sentirsi a proprio agio “in un’area che genera sensazioni di sicurezza e di stabilità.

Se è giusto ritrovarsi nella propria comfort zone in situazioni di stress derivanti da traumi o frustrazioni per “allentare” le tensioni ed alleviare i sintomi, soggiornare troppo a lungo in questo spazio psicologico, può  essere deleterio ed allontanarci dalle possibili rielaborazioni o guarigioni. Dunque un evento che ci trascini fuori da quest’area dell’illusione, per quanto funesto ci possa apparire offre opportunità di cambiamento e di costruzione del nuovo.

Abbandonando i sentieri noti infatti si ha la possibilità di conoscere parti di sé del tutto inesplorate, mettersi alla prova, scoprire punti di forza (o di debolezza), attivare e potenziare le capacità di problem solving.

Dovremmo partire dalla riflessione che le nostre esistenze si esplicano in un percorso che ha un inizio ed una fine, malgrado la volontà di renderci alienati e robotizzati delle multinazionali del consumo, che nell’obiettivo di tenerci al giogo per aumentare i profitti, distruggono la nostra capacità di autodeterminazione.

 

Brindisi,04/02/2022                                          Iacopina Maiolo