Italia21

Visualizzazione post con etichetta Brindisi. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Brindisi. Mostra tutti i post

giovedì 18 febbraio 2021

Il mare d’Inverno

 



Nelle passeggiate brevi e fugaci verso il mare da novembre inoltrato  in poi ( nei nostri luoghi è consuetudine frequentare i lidi oltre l’estate, costume e bagno compresi,  quando altrove già i camini accesi indicano l’arrivo della stagione fredda ), l’obiettivo è non solo colmare il cuore con i ricordi della stagione trascorsa, ma riprendere la certezza che lui c’è e che conserva la bellezza ed il mistero di sempre.

Il contatto è privo di quella sinestesia che lo accompagna d’estate, quando tutti sensi , in un mix piacevole, ci fanno cogliere la sua presenza: odore, calore , la sabbia che massaggia i piedi, le sue acque sempre più fresche rispetto alla gradazione a lui esterna, sapore salmastro sulle labbra e la pelle.

D’inverno il contatto riempie i vuoti della sua assenza , come per un bimbo che  ha lasciato il grembo materno e lo ritrova ad occhi chiusi, annaspando fra sensazioni indelebili , che le distanze ed il tempo non potranno mai cancellare.

Mi piace veder riaffiorare i ricordi, anche quando la tramontana d’inverno spazza via gli odori di memorie estive vicine o lontane nel tempo (  dai falò dei migliori anni ai castelli di sabbia di manine creative, spettacoli di bellezza per amore materno, a quant’altro appartiene a scrigni segreti…)

Per noi marinai di terra, l’assenza del mare per lontananza fisica e geografica determina non solo nostalgia, ma sgomento e bisogno del ritorno. Anche d’inverno, appunto, chi fa rientro se pur breve nella terra nostra ripercorre il sentiero che lo porta verso l’amato per coglierne l’essenza e portarla con sé dovunque vada.

Ha resistito, il mare nostrum, alle invasioni sanguinarie dei Saraceni, al senso del  possesso degli Svevi Angioini, all’arroganza borbonica ed alle vicissitudini legate alla forza bellica mondiale .

Oggi resiste alla plastica, all’inquinamento industriale,  al degrado ambientale delle sue coste, provocato  un po’ per incuria un po’ per disamore  da chi ha la forza del potere ma non delle azioni.

E noi aspettiamo, noi marinai di terra, sperando che non giunga un altro lockdown ad imprigionare le nostre anime in lontananze sofferte  dal nostro amato mare.

 18/02/2021                                Iacopina Maiolo               


venerdì 9 marzo 2018

Alberi patrimonio dell’umanità


 
 

 I cipressi che a Bólgheri alti e schietti
Van da San Guido in duplice filar,
Quasi in corsa giganti giovinetti
Mi balzarono incontro e mi guardâr.

Mi riconobbero, e - Ben torni omai -
Bisbigliaron vèr me co 'l capo chino -
Perché non scendi? perché non ristai?
Fresca è la sera e a te noto il cammino.

Oh sièditi a le nostre ombre odorate
Ove soffia dal mare il maestrale…

( G. Carducci “ Davanti a San Guido”,1874 )

 In questa famosa ode carducciana, l’autore rammenta i cipressi che accompagnavano lungo il percorso, il suo ritorno a casa, immaginando che potessero riconoscerlo come persona nota fin da bambino in quanto abitante del luogo. Segue l’invito a fermarsi per sedersi sotto la loro ombra al soffio del vento maestrale proveniente dal mare.

Il rapporto fra l’essere umano e gli alberi è sempre stato controverso e mosso da incongruenze ed ambiguità: dalla amorevole cura per consentirne l’impianto e la crescita, alla   ricerca della frescura delle fronde ed alla raccolta di frutta, alla devastazione di boschi e foreste a noi ben nota nei percorsi storici che hanno accompagnato fenomeni quali l’urbanizzazione, l’industrializzazione, e l’impiego oltremisura di materie prime per farne mobili o carta….

Nelle città e nei borghi tuttavia, nei parchi e giardini come lungo le strade ed i sentieri, da sempre gli alberi sono stati allevati anch’essi come cittadini, ed hanno acquisito il rispetto e l’amore da parte della cittadinanza.

Ad oggi, per quanto invasive possano divenire le loro radici sollevando marciapiedi, asfalti e pavimentazioni stradali, sono state approntate tecniche altamente innovative volte a conservare il patrimonio arboreo ed a ripristinare la giusta viabilità.

E’ un problema di conoscenza, di impegno, ricerca, visto che in molte aree di Italia distanti da noi e più su di un paio di regioni, gli alberi, ritenuti patrimonio dell’umanità, non si distruggono portandoli alla morte, ma al limite dell’impossibilità di un intervento conservativo, si espiantano?

In questi giorni ho preso consapevolezza della distruzione di quel filare di pini che maestosamente svettavano in quel viale dove le auto frettolose vanno verso il semaforo per oltrepassare l’incrocio ed i bimbi con zaini in spalla vengono protetti dal traffico da mani attente e premurose all’ingresso ed all’uscita da scuola.

Per dirla tutta siamo nella città di Brindisi e ci riferiamo ad un viale denominato  San Giovanni Bosco , dove pare si sia tentato l’espianto di alcune radici per evitare l’annientamento degli alberi, intervento purtroppo non riuscito, dicono responsabili ed  addetti ai lavori, tanto da procedere alla loro distruzione. Diventeranno legnane per camini e caldaie, ed al loro posto, prontamente verranno messe a dimora altre piante , come quando si rompe un oggetto o per vecchiaia  lo si getta e lo si sostituisce con il nuovo….

Si fa fatica in questi giorni a percorrere il viale senza percepire il dolore di quelle creature che, se pur definite vegetali, sono esseri viventi a tutti gli effetti: è un crimine commesso contro la natura o è una fine inevitabile malgrado la buona volontà degli addetti ai lavori?

Urge una risposta anche per prevenire altri scempi , ma  oggi ciò che sgorga dal cuore è un senso di lutto e commemorazione, unito al dolore per la perdita di questi nostri compagni di vita ormai  da numerosi decenni.

Brindisi, 09/03/2018                            
                                                   Iacopina Maiolo

    

 

giovedì 21 aprile 2016

Città da amare : le città degli affetti





            Si chiamano corsi e ricorsi della storia, quanto segue è stato da me postato in occasioni delle trascorse elezioni ( in data 20/04/2012), lo ripropongo oggi, sorpresa ( ma era prevedibile) dalle mancate risposte fornite dalle varie amministrazioni comunali e dall' assenza di empatia mostrata nei confronti degli abitanti e delle loro problematiche!  

Ad un passo dalle elezioni amministrative, in un momento in cui la battaglia fra gli schieramenti diventa infuocata, voglio offrire un piccolo contributo: alcune riflessioni che possono essere utili a noi elettori per giungere ad un voto consapevole e guidato da buone intenzioni. Partiamo dall’etimologia della parola città.
Il termine città deriva dall'analogo latino civitas, ed ha la stessa etimologia di civiltà. Possiamo dunque affermare che città e civiltà si equivalgono almeno da un punto di vista etimologico.Ma cosa rappresenta una città?
Ogni città ha un feeling unico, dato dai ritmi cittadini, un orologio interno, una dimensione spazio-temporale specifica.
Le città, infatti, non sono tutte uguali. Diversi sono anche gli ambienti naturali in cui si collocano: una città sul mare - come Brindisi - con uno splendido porto e splendide oasi marine circostanti, ha caratteristiche proprie, specifiche del contesto in cui si colloca. Logico pensare che ogni intervento ad essa rivolto, deve essere modulato in base a tali caratteristiche con attenzione e specificità.
Diversi sono anche i bisogni delle cittadinanze, definiti ed espressi localmente, dai contesti sociali, culturali, economici di riferimento.Uguali tuttavia sono le premesse, le basi che guidano e motivano l’origine, la nascita, la costituzione delle città: le città rappresentano i luoghi dello stare e del fare insieme.Le città sono nate per fornire sostegno e risposta ai bisogni affettivi, sociali ed economici degli individui. Alla base ci sono le relazioni fra coloro che le abitano.Oggi questi luoghi colmi di valori affettivi, acquistano sempre più le caratteristiche di “non luoghi”, definiti dall’antropologo Marc Augé come quei luoghi creati dalla globalizzazione: i luoghi della perdita dell’identità, quegli spazi definiti iper, dilatati per accogliere migliaia di persone ma non per riconoscerle, ove il significato dello stare insieme e dello scambio affettivo è stato sostituito dal compiere azioni e tenere comportamenti volti al consumo o alla fruizione di servizi di massa, fra cui il divertimento.Ci deve essere una possibile mediazione, un necessario punto di incontro fra le esigenze della modernità e della globalizzazione, e quelle del singolo, dell’individuo inserito in una comunità nella quale si identifica e dalla quale ottiene sostegno e riconoscimento: la città degli affetti. Ancora, oggi è necessario ripensare le frontiere superando muri e barriere che fungono da divieto e comportano esclusione, non dimentichiamo a tal proposito che la frontiera è il luogo dell’incontro fra due esseri umani che non si conoscono.
In questo breve riferimento ai popoli migranti, vorrei dire che tale incontro alla frontiera non è mai noto, è sempre ignoto e non è scevro da rischi, pertanto deve essere affrontato e costruito. Tornando alle città - le città degli affetti - usiamo la prospettiva di ambito di una scienza umana, la psicologia, scienza per l’uomo ed al servizio dell’uomo, nello specifico della Psicologia di Comunità.
Per la Psicologia di Comunità, la città è la comunità locale intesa come quel contesto concreto, visibile, ove le relazioni interpersonali ed il legami sociali assumono specifiche forme di convivenza e partecipazione caratterizzate da solidarietà, fiducia, tolleranza.
Nasce e si sviluppa il senso di attaccamento e di appartenenza; l’identità del singolo passa attraverso l’identità nella e della comunità in cui vive.
Ma è necessario che la propria città sia un luogo dove si vive bene; tale infatti è la città che previene i disagi dei singoli e della collettività, attraverso un welfare inteso come risposta ai bisogni che niente imponga o conceda ma sia in grado di attivare risorse e produrre cambiamenti volti alla crescita della comunità.
Una città dove si vive male è invece una città che antepone "altro" agli interessi della collettività, che non riesce a sviluppare, in chi la abita, il senso di appartenenza, diciamo di amore. Inoltre è una città che si ammala, non solo in senso affettivo, ma anche fisico. E’ necessario dunque costruire un’ identità personale che in senso biunivoco si riconosca nell’identità della comunità.
A tal fine devono essere costruiti o riconsiderati gli spazi, i luoghi, le strutture fisiche della città, ma anche i modi di vivere.Questi si esprimono nelle cerimonie, nelle feste tradizionali, nei rituali e nelle produzioni artistico-culturali locali, si riferiscono a luoghi (pensiamo alla tradizionale processione brindisina del cavallo parato privata del suo luogo di svolgimento: i corsi cittadini / o alla canzone mannaggia allu rimu che ha perso la sua Santa Apollinare di “vieni bedda mia ca’ sciamu a Santa Apullinare”….)
I luoghi che più esprimono tale identità sono il centro della città (che è il suo cuore antico, storia ed anima dei cittadini) ed il contesto naturale che le fa da cornice (monti, fiumi, mari, coste, boschi e radure…).Una politica delle cose comuni che non consideri in primo piano tali aspetti, è una politica che non fa gli interessi della città e dunque della collettività.
Questo è un aspetto diciamo così “scontato”, ma urge una riflessione su quanto realmente viene realizzato in funzione di questo amore della città e per la città.Per concludere, riprendendo le concezioni storico filosofiche sulla natura e la funzione delle comunità cittadine, dobbiamo interrogarci sul perché le nostre città, i luoghi in cui viviamo, già da tempo abbiano perso la caratteristica di città degli affetti.

Durkheim, padre della sociologia moderna, già all’inizio del XX° sec. indicava nell’assenza di relazioni sociali una delle principali cause di suicidio.
Da Platone, per il quale la città, costruire la vera città, significa seguire le ragioni del cuore e conoscere l’Uomo ed il suo posto nell’universo;
ad Aristotele, per cui la città rappresenta la realizzazione più profonda dell’essere umano in quanto l’uomo è un animale politico;
ad Agostino il quale ritiene che gli individui all’interno delle città perdano la loro individualità per orientarsi su esigenze comuni;
alla Città del Sole di Campanella ed all’Utopia di Tommaso Moro, passando per le Città Invisibili del contemporaneo Calvino, interroghiamoci sul presente e sul futuro della nostra città. 

Brindisi, 21/04/2016                                                                          Iacopina Maiolo                                

giovedì 14 giugno 2012

UN' ALTRA ESTATE DA RACCONTARE


Tutto scorre, è giunta un’altra estate 
( un’altra estate da ricordare…) o da raccontare? Non ricordo bene il pezzo dei primi anni ’70 .

Il tempo passa inesorabilmente perché oltre la convinzione che sia uno strumento relativo e legato al mondo della soggettività, segna e continuerà a segnare oggettivamente i passi del nostro percorso di vita.

Da proletaria del mare senza fissa dimora, anche quest’anno ho scoperto che niente è cambiato, ogni piccolo spazio libero della litoranea Punta Penne -  Apani è invasa  da questa povera cittadinanza brindisina  che finalmente ha scoperto che il mare cura  (o meglio riduce) gli effetti del carico inquinante che sopporta tutto l’anno e non appena può corre a respirare quel po’ di aria libera dal carbone  e dallo smog cittadino.

Eppure è bella  la costa brindisina: il mare… “ aroma suspendido,coro de sal sonora “ ( da Ode alla speranza di P. Neruda ), noi non potremmo fare a meno del mare, sul bagnasciuga le nostre orme, da piccoli a grandi. Penso che i luoghi del mare abbiano catturato le nostre risate, i nostri scherzi, i pianti, i giochi, gli amori….
Tutto questo   rappresenta il mare per noi, brindisini  per patria e/ o  per amore.. per questo accettiamo di percorrere falesie sbriciolate dall’incuria degli amministratori, di stendere i teli, aprire sdraio ed ombrelloni  nel  cimitero della plastica, del vetro , dei contenitori di dubbia provenienza , sistemando nella discarica prescelta anche il gazebo ed il frigo portatile unitamente al tavolino con la tovaglia e le stoviglie  pulite, perché le donne brindisine  amano pulire, rassettare, stirare e ti immagini che brutta figura se in mezzo al porcile la nostra tovaglia avesse una macchia?
I giovani, i ragazzi e le ragazze ogni anno si ricordano di avere un progetto, un’idea per mettere su un lido, uno spazio attrezzato lungo la costa.. “ma come fai? Non ti danno la concessione neanche se vuoi pulire e sistemare.. aspettiamo tempi migliori! “
Poi tocca agli adulti, a quelli che hanno memoria della Sciaia, dell’Estoril e di…”come si chiamava quel parco ora abbandonato e per fortuna casa dei barboni e dei cani? Che bello che era, speriamo che il nuovo sindaco lo faccia ricostruire più bello di come lo ricordo…”

A questo punto una domanda mi sorge dal cuore e non so a chi rivolgerla:
“Ma le macerie di contrada Sbitri, che fine hanno fatto?”

Brindisi, 14/06/2012                                   Iacopina Mariolo

mercoledì 23 maggio 2012

Il giorno dopo ieri (la tragedia di Brindisi)


Da oggi niente sarà più come ieri, è così che accade con le catastrofi, le immani tragedie che sconvolgono l’ordine quotidiano delle cose. La sensazione è di un prima e di un dopo , è come  aver oltrepassato un confine dal quale non si potrà tornare indietro. Il confine che  è stato superato è quello dell’orrore legato alla tragicità, unica, dell’evento.

Travolti dal trauma, tutti noi, cittadini di Brindisi e del mondo, ci interroghiamo sulle sorti  di questa umanità ferita  ed offesa dai  numerosi vilipendi che da tempo si susseguono : sciagure ecoambientali che potevano essere previste  con adeguati piani di prevenzione  e di tutela; crisi economiche e sociali che trovano la loro origine in comportamenti politici  e di economia globale scorretti ed incuranti dei bisogni delle genti, ( dei popoli e dei paesi ); coartazione delle libertà individuali e collettive ; attacchi diretti alla vita, alla serenità degli individui e della comunità con atti di indicibile atrocità e sadismo.

Ancora in stato di shock l’intera città, ed in tutti noi trova spazio un'unica domanda: Perché proprio a Brindisi?
E’ una storia antica per questa comunità, non appena nasce  la speranza e la positività che porta a credere in futuro migliore, da costruire insieme, accade qualche evento che annulla la possibilità di cambiamento producendo un meccanismo regressivo  che involve la comunità che era in una fase evolutiva..
Le amministrative per tutti noi rappresentavano la possibilità di emergere da quella fase di stagnazione  e di preclusione del nuovo in cui da anni ci si trovava a vivere. Un attacco del tutto inatteso per le caratteristiche di atrocità e di indicibile crudeltà , senza precedenti in questa cittadina che pur non è mai state esente da altri eventi che ne hanno provocato il degrado ambientale, sociale ed economico.
Occore riflettere  su questi aspetti, anche per la ricerca di possibili moventi o esecutori.. Le indagini devono tener conto di una serie di fattori  legati al gesto criminale e che  possono essere sottese alle intenzioni di chi lo ha compiuto. E’ come dire che bisogna chiedersi il motivo per cui sia stata scelta Brindisi, magari anche per giungere alla conclusione  che qualcuno ha tirato a sorte con i bigliettini fra tutte le città d’Italia o del mondo.
Per il resto non ci sono parole che possano confortare chi ha subito l’irreparabile perdita , solo l’amore e la vicinanza della comunità degli affetti e delle relazioni può sostenere il  loro dolore affinché  possano nell’immediato non precipitare nel baratro della disperazione totale e successivamente trovare un equilibrio almeno sufficiente  per continuare la quotidianità dell’esistenza.
Ma tutti noi brindisini abbiamo subito una perdita, i ragazzi e le ragazze , i bimbi di questa città, i nonni, i genitori, gli zii e le zie , tutti noi nei nostri ruoli  parentali ed affettivi siamo vicini a Melissa; abbiamo perso non solo un’amica, sorella e figlia,  abbiamo perso l’orgoglio di una comunità che è passata all’onore delle cronache per i gesti immensi di solidarietà nei confronti del popolo albanese;  abbiamo perso quel senso di sicurezza che malgrado qualche evento di piccola criminalità ci portava a camminare sereni, nelle strade di una cittadina dove i nostri figli vanno a scuola, passeggiano, fanno sport e si ritrovano all’ingresso delle scuole per parlottare, scherzare,esprimere la propria voglia di vivere e l’entusiasmo  che comunque guarda al futuro, malgrado i problemi economici e sociali.
 I giovani hanno questo di bello : sanno costruire la speranza e credono sempre in un futuro possibile e migliore. Questo anche nei momenti difficili come quello che sta attraversando il nostro paese.
E’ innegabile, abbiamo bisogno di aiuto e sostegno da parte del resto d’ Italia e del mondo.
È vero, si susseguono  gesti di solidarietà  e partecipazione, ma invitiamo chi oggi è colpito dall’evento e solidarizza con il nostro dolore, a non dimenticarsi di noi quando le telecamere saranno spente  ed ognuno tornerà a  casa  propria .
Ciò vale per i cittadini del resto d’Italia ma soprattutto per i politici e gli addetti alla gestione socio economica….BRINDISI  reclama attenzione e sostegno  da sempre e per sempre.

Brindisi, 23/05/2012                                                                       Iacopina Mariolo

venerdì 20 aprile 2012

Città da amare : le città degli affetti


Ad un passo dalle elezioni amministrative, in un momento in cui la battaglia fra gli schieramenti diventa infuocata, voglio offrire un piccolo contributo: alcune riflessioni che possono essere utili a noi elettori per giungere ad un voto consapevole e guidato da buone intenzioni. Partiamo dall’etimologia della parola città.
Il termine città deriva dall'analogo latino civitas, ed ha la stessa etimologia di civiltà. Possiamo dunque affermare che città e civiltà si equivalgono almeno da un punto di vista etimologico.
Ma cosa rappresenta una città?
Ogni città ha un feeling unico, dato dai ritmi cittadini, un orologio interno, una dimensione spazio-temporale specifica.
Le città, infatti, non sono tutte uguali. Diversi sono anche gli ambienti naturali in cui si collocano: una città sul mare - come Brindisi - con uno splendido porto e splendide oasi marine circostanti, ha caratteristiche proprie, specifiche del contesto in cui si colloca. Logico pensare che ogni intervento ad essa rivolto, deve essere modulato in base a tali caratteristiche con attenzione e specificità.
Diversi sono anche i bisogni delle cittadinanze, definiti ed espressi localmente, dai contesti sociali, culturali, economici di riferimento.
Uguali tuttavia sono le premesse, le basi che guidano e motivano l’origine, la nascita, la costituzione delle città: le città rappresentano i luoghi dello stare e del fare insieme.Le città sono nate per fornire sostegno e risposta ai bisogni affettivi, sociali ed economici degli individui. Alla base ci sono le relazioni fra coloro che le abitano.Oggi questi luoghi colmi di valori affettivi, acquistano sempre più le caratteristiche di “non luoghi”, definiti dall’antropologo Marc Augé come quei luoghi creati dalla globalizzazione: i luoghi della perdita dell’identità, quegli spazi definiti iper, dilatati per accogliere migliaia di persone ma non per riconoscerle, ove il significato dello stare insieme e dello scambio affettivo è stato sostituito dal compiere azioni e tenere comportamenti volti al consumo o alla fruizione di servizi di massa, fra cui il divertimento.Ci deve essere una possibile mediazione, un necessario punto di incontro fra le esigenze della modernità e della globalizzazione, e quelle del singolo, dell’individuo inserito in una comunità nella quale si identifica e dalla quale ottiene sostegno e riconoscimento: la città degli affetti. Ancora, oggi è necessario ripensare le frontiere superando muri e barriere che fungono da divieto e comportano esclusione, non dimentichiamo a tal proposito che la frontiera è il luogo dell’incontro fra due esseri umani che non si conoscono.
In questo breve riferimento ai popoli migranti, vorrei dire che tale incontro alla frontiera non è mai noto, è sempre ignoto e non è scevro da rischi, pertanto deve essere affrontato e costruito.
Tornando alle città - le città degli affetti - usiamo la prospettiva di ambito di una scienza umana, la psicologia, scienza per l’uomo ed al servizio dell’uomo, nello specifico della Psicologia di Comunità.
Per la Psicologia di Comunità, la città è la comunità locale intesa come quel contesto concreto, visibile, ove le relazioni interpersonali ed il legami sociali assumono specifiche forme di convivenza e partecipazione caratterizzate da solidarietà, fiducia, tolleranza.
Nasce e si sviluppa il senso di attaccamento e di appartenenza; l’identità del singolo passa attraverso l’identità nella e della comunità in cui vive.
Ma è necessario che la propria città sia un luogo dove si vive bene; tale infatti è la città che previene i disagi dei singoli e della collettività, attraverso un welfare inteso come risposta ai bisogni che niente imponga o conceda ma sia in grado di attivare risorse e produrre cambiamenti volti alla crescita della comunità.
Una città dove si vive male è invece una città che antepone "altro" agli interessi della collettività, che non riesce a sviluppare, in chi la abita, il senso di appartenenza, diciamo di amore. Inoltre è una città che si ammala, non solo in senso affettivo, ma anche fisico.
E’ necessario dunque costruire un’ identità personale che in senso biunivoco si riconosca nell’identità della comunità.
A tal fine devono essere costruiti o riconsiderati gli spazi, i luoghi, le strutture fisiche della città, ma anche i modi di vivere.
Questi si esprimono nelle cerimonie, nelle feste tradizionali, nei rituali e nelle produzioni artistico-culturali locali, si riferiscono a luoghi (pensiamo alla tradizionale processione brindisina del cavallo parato privata del suo luogo di svolgimento: i corsi cittadini / o alla canzone mannaggia allu rimu che ha perso la sua Santa Apollinare di “vieni bedda mia ca’ sciamu a Santa Apullinare”….)
I luoghi che più esprimono tale identità sono il centro della città (che è il suo cuore antico, storia ed anima dei cittadini) ed il contesto naturale che le fa da cornice (monti, fiumi, mari, coste, boschi e radure…).
Una politica delle cose comuni che non consideri in primo piano tali aspetti, è una politica che non fa gli interessi della città e dunque della collettività.
Questo è un aspetto diciamo così “scontato”, ma urge una riflessione su quanto realmente viene realizzato in funzione di questo amore della città e per la città.
Per concludere, riprendendo le concezioni storico filosofiche sulla natura e la funzione delle comunità cittadine, dobbiamo interrogarci sul perché le nostre città, i luoghi in cui viviamo, già da tempo abbiano perso la caratteristica di città degli affetti.

Durkheim, padre della sociologia moderna, già all’inizio del XX° sec. indicava nell’assenza di relazioni sociali una delle principali cause di suicidio.
Da Platone, per il quale la città, costruire la vera città, significa seguire le ragioni del cuore e conoscere l’Uomo ed il suo posto nell’universo;
ad Aristotele, per cui la città rappresenta la realizzazione più profonda dell’essere umano in quanto l’uomo è un animale politico;
ad Agostino il quale ritiene che gli individui all’interno delle città perdano la loro individualità per orientarsi su esigenze comuni;
alla Città del Sole di Campanella ed all’Utopia di Tommaso Moro, passando per le Città Invisibili del contemporaneo Calvino, interroghiamoci sul presente e sul futuro della nostra città.
                                                        Iacopina Mariolo  

Alcune immagini presenti in questo blog sono state reperite
 in internet: chi ritenesse danneggiati i suoi diritti d'autore può chiederne la rimozione. Grazie.