Italia21

giovedì 26 novembre 2020

ALLA RICERCA DELLA FELICITA’

 



Malgrado la situazione di grave precarietà che stiamo attraversando, non dimentichiamo che obiettivo della nostra esistenza è, anche ma fondamentalmente, perseguire la nostra felicità. E’ un punto di arrivo o un cammino con tappe più o meno significative che comprendono un arco temporale ampio quanto la nostra esistenza?

Se sgombriamo il campo dalle facili illusioni e dall’edonismo tipico della nostra cultura, che limita la ricerca della felicità al conseguimento di beni materiali o ad effimere conquiste, notiamo che il significato del termine si arricchisce di contenuti che lo rendono finalmente accessibile  in un percorso di vita e non di delicata e fragile durata, paragonabile al volo di una farfalla o al lume  di una candela.

Ecco che l’ essere felici si unisce al concetto dell’imparare ad esserlo, creando una sinergia fra il percorso reale di vita e quello desiderato, fra mondo reale  e mondo immaginario.

Sarebbe utile chiedersi, al termine di una giornata, quali siano stati gli aspetti piacevoli invece di dare rilievo unicamente a quanto di disdicevole ci sia accaduto, creando una memoria delle  piacevolezze che possa dare un senso di positività non illusoria od artefatta, ma basata su dati reali che il più delle volte siamo  portati ad ignorare.

In questa maniera  la felicità potrebbe divenire un tessuto, una trama da costruire  nelle nostre esistenze per raggiungere senza brama od illusorietà una dimensione di pienezza e soddisfazione stabile e non di  effimera durata.

Non solo, il nostro cammino di vita ha in sé l’obbligo della individuazione, concetto approfondito in particolare da Jung e che considera  la vita come un vero e proprio viaggio per scoprire, mostrare a noi stessi ed agli altri, e quindi affermare il nostro sé, spesso mortificato dalle influenze esterne (ambiente familiare, contesto sociale, esperienze di vita ).

 Contribuisce dunque alla costruzione della trama del nostro essere felici  anche la  scoperta della nostra natura che si esprime all’esterno  con energie positive  e  forza costruttrice, che vengono  impiegate nella  realizzazione di Sé.

Esiste dunque una  maniera per affrontare la vita come una piacevole scoperta ed un cammino in cui la felicità non rappresenti una conquista illusoria, ma un senso profondo dell’essere e dell’esistente.

Ma a questo punto una riflessione pare opportuna: se non possiamo soddisfare i nostri bisogni primari ( quelli  basilari di sussistenza ), possiamo ugualmente costruire la trama della nostra felicità?

La risposta è univoca: CERTO CHE NO.

Quindi la felicità, pur nell’accezione qui condivisa, non ha una diffusione democratica e paritaria e la cosa pare ovvia e scontata, ma non ha  requisiti di ovvietà il fatto che nel 2020 ci siano ancora fasce di popolazione  che vivono nella negazione dei bisogni e dei diritti fondamentali  personali, sociali ed economici .

 

Voci di donne

 


 

Camminando nei corridoi delle nostre esistenze, spesso, ma sarebbe il caso di affermare sempre, incontriamo episodi, eventi, manifestazioni  o semplici intenzioni di abusi e violenze.

Non è che agli uomini non accada, intendiamoci. Violenze, abusi, maltrattamenti fisici o solo psicologici sono all’ordine del giorno, e talmente diffusi nell’oscurantismo dei diritti umani e del senso etico che stiamo attraversando, da turbare oltremodo le coscienze.

Ma quando parliamo di donne è diverso, il confine appare evidente ed inequivocabile : la violenza rivolta alle donne è un’espressione del genere a cui appartengono, tocca profondamente il nucleo dell’essere offendendo la dignità dell’esistente, degradandone i percorsi di vita, turbando e segnando con matite indelebili gli animi ed i vissuti.

Questo senza vittimismo o autocommiserazione, perché le donne imparano a lasciar fluire, ad accogliere con resilienza quanto accade nelle loro esistenze, integrando le esperienze positive , quanto di bello offre la vita, con quegli aspetti che nel loro squallore inducono disagio, traumi e senso di sconfitta.

Come spiegarlo agli uomini?

E’ violenza ed abuso qualsiasi gesto, azione od intenzione che usi e prevarichi la femminilità degradandola, anche se questo è il risultato ma non l’intento. Ecco ad esempio che  anche uno sguardo di troppo rivolto nei confronti di una ragazzina poco  più che bimba verso specifiche parti del suo  corpo ,  può determinare vissuti di abuso e violenza.

Finché continuerà, anche se in maniera subdola o indiretta, l’atteggiamento culturale di possesso, mercificazione e connotazione sessuale delle donne e del loro corpo, dubito che ci si possa liberare da comportamenti maschili inadeguati o inopportuni.

Vivere la sessualità ed il proprio orientamento in serenità, nel rispetto della dignità dell’altrui presenza, senza prevaricare, assoggettare, offendere, è presupposto per la costruzione di rapporti ispirati dall’amore e non dal degrado morale della violenza.

Queste considerazioni alla luce della giornata del 25 novembre, che rappresenta uno spazio di riflessione sul tema della violenza nei confronti delle donne.

Brindisi , 24/11/2020                                      Iacopina Maiolo