Conoscere e
riconoscere l’autismo è finalmente ritenuto compito della collettività, di
quella società che per anni ha giudicato, puntato il dito e colpevolizzato
genitori e famiglie, rifiutato ed escluso con la chiusura e l’intolleranza i
bambini ed i ragazzi definiti “ autistici” dalle scuole di ogni ordine e grado
( dall’asilo alla scuola superiore).
E’ vero, spesso non
sono bambini facili ma se così fosse non si parlerebbe di una giornata dedicata alla conoscenza in primis
delle problematiche che sottendono all’autismo e poi alla consapevolezza, che
ha in sé il germe del riconoscimento di quella diversità che solo se nota può essere accolta e
determinare possibilità e regole di convivenza
e relazione.
Speriamo sia
questo l’obiettivo fondamentale, oltre
che della giornata, della campagna in atto che prevede spot, trasmissioni e
special televisivi.
E’ vero, quale
operatore scolastico presente a vario titolo nel mondo della scuola ( insegnanti
di sostegno e non , assistenti, psicologi ) o compagno di classe non ha un ricordo che ha segnato la relazione
con lui - lei ? Dall’impossibilità o difficoltà della relazione che si è espressa nel gesto aggressivo, alla nascente socialità segnata dal
sorriso dell’accoglienza e dalla mano
tesa o dallo sguardo che inaspettatamente si volge, se pur in maniera fugace,
all’interlocutore. Questo è il percorso che in molti possiamo ricordare e
narrare per costruire nuovi spazi di condivisione , sanare ferite e dolori
inflitti per pregiudizio, superficialità o senso di superiorità, quello che
spesso ci riveste quando l’esperienza
non fa parte di noi e del nostro
repertorio di vita.
Lasciamo che nei
luoghi opportuni e con le figure idonee per formazione e ruolo ( questa mattina
ho visto in un noto programma televisivo ospiti che tentavano a vario titolo di fornire
interpretazioni , offrire risposte e proporre
terapie) si continui a studiare
l’autismo per fornire giuste diagnosi e proposte di cura e di intervento.
Oggi faccio mio
l’intento narrativo che si sposa con un ricordo….
Da poco ho scoperto
che hai l’età del mio figlio più grande, da poco ho avuto il privilegio di
essere da te notata tanto da potermi avvicinare mentre mi sbirciavi con l’aria
sorniona da dietro un cespuglio…
Certo mi avevi quasi
colpita con quella scarpa volata via dal tuo piede con quel gesto studiato che
tante volte avevi ripetuto per attirare
attenzione, non volevi farmi del male, questo lo so, ma dirmi che esistevi e che
finalmente, avvicinandomi a tuo padre, vi avevo riconosciuto entrambi.
Tuo padre..che dire? In
quel parco giochi ti ha condotto per la mano, da bimbo indomito ad oggi adulto
nel corpo ma non per testa e cuore.
Ogni pomeriggio al
parco giochi del Casale era segnato dalla tua presenza che ingombrante riempiva l’aria di suoni , dalla figura sollecita di
tuo padre che ti invitava a giocare, ti tranquillizzava ed a suo modo accarezzava te che ti mostravi sfuggente ma a tuo modo sereno per rassicurare quell’uomo
che temeva un gesto inconsulto, ma forse anche il giudizio di noi, genitori di
bambini che venivano definiti normali.
Rivederti oggi mi
dice che è come se il tempo fosse fermo ad allora, nella grandezza di tuo padre
che in questi anni non ha perso un solo appuntamento con il parco giochi
sfidando i rigori invernali e le calure estive, pur di vederti felice.
E’ questo che mi ha
detto qualche mese fa, parlandomi di te, della tua maniera di essere adulto
eternamente bimbo e del suo amore per te che hai invaso la sua vita con la
potenza di un ciclone che ha un nome ma oggi anche una possibilità di
conoscenza ed intervento : autismo.
Brindisi,02/04/2016 Iacopina Maiolo
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