Accade,
ancora, nel 2013.
Per una sorta di regressione storica, un
involuzione del cammino verso la civiltà.
A.
è stata allontanata dalla mamma, ha solo sei
anni ed è vissuta con la mamma dalla nascita. L. non ha commesso reati, ha
cresciuto la sua bambina che risulta
essere intelligente e normodotata in tutte le manifestazioni comportamentali ed
affettive. L. è stata istituzionalizzata a lungo e mai avrebbe voluto che la
sua bambina potesse vivere tale sofferenza di distacco dagli affetti.
A. non vede la mamma
da più di un mese, di colpo, è stata
prelevata a scuola ed accompagnata in un luogo di confino, senza preparazione od annunci, né per lei né per la mamma.
Si nasce
ricchi per predestinazione,
figli di genitori dotati del giusto corredo della genitorialità sana e capace, promettenti virgulti pronti a
svettare come giovani querce, in un
futuro che promette successi e conquiste. Qualche incidente di percorso può capitare, ma rientra nella casualità
della quale nella vita bisogna tener conto.
Dall’altro lato si nasce poveri, figli di
famiglie con genitorialità disagiate ed incapaci, arbusti distorti per il poco
nutrimento e calore.
Le vite negate dunque appartengono a questa
seconda categoria, che genera bimbi e bimbe infelici, se son fortunati sufficientemente sani
fisicamente , ma con tare ( qualcuno
le definisce ancora in questa maniera ) di vario tipo a seconda dell’area compromessa da quella cognitiva
all’affettiva , alla relazionale etc..
Questo approccio segue la logica dell’intervento
sociale che vigeva fino agli anni ’50, per cui appariva un gran bene riuscire a
bloccare l’inevitabile catastrofe sottraendo i minori, ritenuti figli di
genitori indegni perché non dotati di quella genitorialità che si riteneva
fosse esclusiva di quel ceto che possedeva abbondantemente i mezzi di
sussistenza sia fisici che psichici.
Assistenti sociali come battagliere crocerossine e medici ( la categoria degli psichiatri e
degli psicologi allora non esisteva come strumento nelle cause di sospensione
della potestà genitoriale) all’unisono combattevano la lotta contro le cattive famiglie, i brutti genitori e quella che veniva definita la bestialità di tali nuclei familiari,
allontanando ( termine ancora in vigore) i figli (bimbi e bimbe) per istituzionalizzarli
o renderli hic et nunc adottabili.
Dagli anni 70 in poi, la società civile
ha iniziato ad interrogarsi sui principi dell’assistenza e dell’intervento
sociale, costruendo nuovi approcci , che tenessero nella giusta considerazione
aspetti quali la promozione sociale , l’empowerment ed il cambiamento possibile
, fornendo mezzi adeguati materiali e spirituali (fisici e psichici) agli
individui .
Con l’apertura dei consultori familiari (strutture
sanitarie al servizio delle famiglie), che
nascono formalmente nel 1975 con la legge
405, ma che sono stati istituiti con tempi e modalità diverse nelle
varie regioni e che in Puglia, hanno circa 30 anni, sorgono istituti quale ad es. l’affido temporaneo, che rappresenta
l’alternativa terapeutica all’allontanamento definitivo dal nucleo originario
con la messa in adozione, infatti i genitori affidatari funzionano da stimolo,
confronto e crescita per i genitori
naturali. Obiettivo dell’affido è la restituzione dei figli al nucleo
originario, posto il superamento, anche se parziale, delle problematiche
iniziali della genitorialità.
Con la chiusura delle strutture definite un
tempo istituti per l’infanzia ( o
orfanatrofi) e la
sostituzione(avvenuta progressivamente nell’ultimo decennio ) con case-famiglia
e di accoglienza anche per le madri ed i figli, si è focalizzata l’attenzione
sul bisogno del minore di avere intorno a sé
famiglia, con la possibilità di vivere relazioni sostitutive del nucleo
familiare ove questo venisse a mancare.
Parallelamente , le strategie del welfare si
sono occupate dei nuclei familiari definiti multiproblematici,
che racchiudono un disagio multi generazionale, che sembra non avere mai
possibilità di terapia e recupero.
Interventi quali l’allontanamento dei figli
dal nucleo originario/ il controllo invasivo
da parte dei servizi posti a tutela
dei minori/ l’incapacità di contestualizzare ogni intervento ponendolo in una
gradualità di obiettivi dal breve al lungo termine e la difficoltà ad empatizzare con il nucleo familiare
ritenuto sempre attore del disagio e mai
vittima, sono stati messi da parte in favore di politiche sociali volte
alla promozione, al recupero delle parti sane e delle risorse che le
genitorialità possono essere messe in grado di esprimere.
Solo così si può interrompere la
multiproblematicità di tali famiglie, che possono dunque liberarsi da quello
stigma che pare agire di generazione in generazione come una maledizione.
L.è disperata perché sa che A. sta soffrendo
ma più persone si stanno adoprando affinchè la figlia sia restituita alla
madre, anche se qualcuno ha posto in giudizio
il suo presunto grado di maturità.
Oggi il mio San Valentino lo dedico a loro.
Brindisi,
14/02/2013 Iacopina
Mariolo
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